mercoledì 26 novembre 2008
I ricordi del prelato De Magistris riaprono una vicenda già emersa nel 1977: il fondatore del Pci, ricoverato in clinica a Roma, prima di morire avrebbe baciato una statuetta di Gesù Bambino. Storici ed esperti si dividono sulla questione.
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Comunista «eretico» sì; ma fino al punto di passare al cristianesimo? Questo è la domanda che insorge alla notizia, riaffiorata ieri in un contesto estemporaneo, di una presunta «conversione» sul letto di morte di Antonio Gramsci.La vicenda era già comparsa nel 1977, a 40 anni dalla morte dell’autore dei Quaderni dal carcere; ieri è stato monsignorLuigi De Magistris, pro-penitenziere maggiore emerito, a ricordarla in una sala della Radio Vaticana a Roma nel corso della presentazione del primo «Catalogo internazionale dei santini»: «Il mio conterraneo Gramsci – ha detto l’anziano sacerdote – aveva nella sua stanza l’immagine di santa Teresa del Bambino Gesù. Durante la sua ultima malattia, le suore della clinica dove era ricoverato portavano ai malati l’immagine di Gesù Bambino da baciare. Non la portarono a Gramsci. Lui disse: "Perché non me l’avete portato?". Gli portarono allora l’immagine di Gesù Bambino e Gramsci la baciò. Gramsci è morto con i sacramenti, è tornato alla fede della sua infanzia».A parte qualche imprecisione – il bacio di un’immagine o forse di una statua non significa aver ricevuto i sacramenti –, la dichiarazione riprende quanto rivelato 30 anni or sono sulla rivista Studi sociali da padre Giuseppe Della Vedova, come conferma oggi Giulio Andreotti per il quale la vicenda «non è una novità». Don Della Vedova raccoglieva la testimonianza della zia suor Piera Collino, che prestava servizio nella clinica «Quisisana» di Roma dove il fondatore del Partito comunista trascorse l’ultimo anno di vita. Secondo quel testo il bacio alla statuetta avvenne però su pressione della superiora, anche se poi il ricoverato «quando lo ebbe tra le mani lo baciò con effusione». Secondo altre testimonianze, Gramsci si sarebbe poi raccomandato varie volte alle preghiere delle suore e avrebbe mostrato una «simpatia umana» verso una piccola statua di santa Teresa del Bambino Gesù, che «non volle che fosse tolta e nemmeno spostata» (e proprio questa circostanza non appare oggi casuale a don Gianni Baget Bozzo: «Santa Teresina era pronta a scambiare la sua fede per la conversione degli atei e sicuramente anche Gramsci ne conosceva la vita. La sua conversione quindi potrebbe essere inquadrata in quel forte desiderio di conversione dei non credenti espresso dalla santa»).Anche un’altra religiosa, la sarda suor Pinna – così scrive Luigi Nieddu in un volume sull’«altro Gramsci», – avrebbe poi raccontato in diversa occasione a un gruppo di sacerdoti amici (tra cui monsignor De Magistris) una storia simile: durante le festività natalizie del 1937 le religiose della clinica portarono di stanza in stanza, «offrendola al bacio di quelli che vi si trovavano», una statua di Gesù Bambino. Tutti i ricoverati ricevettero la visita eccetto l’esponente comunista che però, saputo dell’esclusione, prima ne chiese i motivi, quindi «il signor Gramsci disse di voler vedere quella statuetta e quando l’ebbe di fronte la baciò con evidenti segni di commozione». Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci e profondo conoscitore del filosofo marxista, accoglie la notizia con tranquillità: «La questione è molto semplice: esiste una documentazione precisa sulle ultime ore di Gramsci, la sua fine è narrata pochi giorni dopo l’evento in una lettera della cognata Tatiana Schucht, che assisteva il degente. Esistono inoltre documenti di polizia, anch’essi pubblicati, nonché tra gli inediti altre due lettere di Tatiana: in nessuno di questi scritti esiste un accenno alla vicenda. Ed è difficile anche capire come potrebbe essere accaduto: Gramsci fu infatti colpito da ictus il 25 aprile, giorno in cui scadeva la sua condanna da parte del regime fascista, e non riprese conoscenza fino al 27, giorno della morte».Tuttavia, sembra evidente che il fatto – se avvenne – accadde non in limine mortis, bensì qualche mese prima, durante la degenza dell’esponente politico; la cui stanza pare fosse proprio di fronte alla cappella. «Se ci sono nuovi documenti – riprende Vacca – ben vengano; ma queste voci da sole non costituiscono una prova sufficiente. Avendo pubblicato tutto il possibile di e su Gramsci, non mi sono mai imbattuto in testi che suffraghino un’eventuale conversione. Di fatto Gramsci non era credente e, dopo la cremazione, fu traslato al cimitero acattolico degli inglesi».D’altra parte, è presumibile che un’eventuale «conversione» sarebbe stata tenuta nascosta dall’entourage del politico, del quale faceva parte anche l’economista Piero Sraffa che nel 1977 smentì la notizia di un Gramsci «col capo cosparso di olio santo»: «Fui una delle ultimissime persone che lo videro vivo e non disse certamente nulla che facesse pensare a un’iniziativa del genere». Nella lettera alla sorella, moglie di Antonio rimasta a Mosca, Tatiana scrisse infatti: «Il medico fece capire alla suora che le condizione del malato erano disperate. Venne il prete, altre suore, ho dovuto protestare nel modo più veemente perché lasciassero tranquillo Antonio, mentre questi hanno voluto proseguire nel rivolgersi a lui per chiedergli se voleva questo, quell’altro…». Peraltro don Della Vedova si spinse fino a ipotizzare che il cappellano della clinica, don Paolo Bornin, abbia amministrato l’olio degli infermi al moribondo approfittando di un’assenza della cognata, forse rispondendo a precedenti segnali «religiosi» di Gramsci.Non è l’unico mistero che circonda quelle ore, visto che in passato si ipotizzò persino il suicidio del politico sardo o la sua eliminazione da parte di agenti sovietici. Salvatore Mannuzzu, già deputato comunista e sardo come Gramsci, sembra stupito dalla nuova rivelazione: «Non mi risulta nulla e francamente, se l’episodio fosse vero (e la notizia è da vagliare con molto rigore), mi sorprenderebbe un poco; sarebbe infatti piuttosto imprevedibile rispetto alla conoscenza del personaggio e dei suoi scritti: la sua ideologia era profondamente materialista, fin nelle fibre. È anche strano che un fatto così eclatante su un personaggio come Gramsci sia rimasto nascosto». All’opposto su questo punto la pensa lo storico Daniele Veneruso: «Col cordone ideologico che aveva intorno, non deve stupire che nulla sia trapelato sinora. Tuttavia, se Gramsci ha sempre mostrato interesse per la religione e per il cattolicesimo, lo ha fatto soltanto dal punto di vista della secolarizzazione e della prassi, non della fede».Il rimbalzo delle opinioni prosegue. Per Giorgio Baratta, presidente della International Gramsci Society Italia e tra i massimi esperti sul fondatore del Pci, «la conversione è una vecchia storia mai provata». Lo slavista Vittorio Strada afferma invece che la notizia potrebbe aggiungere «un nuovo elemento alla sua immagine e, rispetto a quella costruita nei decenni passati dal Pci, ne accresce l’umanità. Certamente nell’opera di Gramsci vi era una religiosità laica mentre era assente qualsiasi freddezza ateistica». Anche per Giancarlo Lehner, autore di un recente libro su La famiglia Gramsci in Russia, pur se non esiste «alcuna prova scientificamente inconfutabile, tuttavia sul piano induttivo per me non sarebbe una grande sorpresa se Gramsci avesse abbracciato, non dico in punto di morte ma nell’ultima fase della sua vita, la fede cattolica. Come testimoniano le fonti, infatti, Antonio recupera via via tutti i grandi valori della tradizione cristiana e cattolica, in primo luogo la famiglia, poi l’amicizia, il valore della verità, la solidarietà».
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