martedì 21 maggio 2013
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Inizia la fatidica terza settimana. Quella velenosa per le gambe dei corridori che hanno già accumulato acido lattico a volontà. E anche per la testa: non tutti riescono a mantenere la concentrazione per così tanto tempo. Dalla Francia si torna in Italia transitando ancora sul Telegraphe e sul Moncenisio, a ritroso. Si arriva a Ivrea al termine della classica frazione in cui il gruppo lascia andare via chi ha ancora voglia e forza di starsene al vento per tutto il giorno, soprattutto dopo 24 ore di riposo. Le squadre dei velocisti non proveranno nemmeno a tenere bloccata la corsa ed è un peccato, perché l’arrivo posto al termine di un rettilineo lungo più di un chilometro sarebbe il palcoscenico ideale per una volata mozzafiato. Anche a Ivrea si ripropone la soluzione del circuito già adottata in altre tappe: i corridori passeranno sul traguardo due volte per dare agli spettatori la possibilità di godersi la corsa e ai corridori di studiare la strada prima della volata. Si evitano incognite e rischi. E raddoppia lo spettacolo per chi decide di andare a vedere la gara dal vivo. Una soluzione semplice che può ridisegnare il futuro di questo sport senza snaturarlo. Il ciclismo è fortemente radicato alle sue tradizioni, come nessun altro sport. Gli appassionati amano i campioni del passato con la stessa intensità di quelli attuali. Forse è per questo motivo che si continua a pensare che sia uno sport “frequentato” da vecchi, nostalgici delle loro emozioni giovanili. Dicono che il ciclismo abbia un seguito dall’età media assai elevata. Evidentemente chi si avventura in simili affermazioni non è mai andato a vedere una tappa del Giro e se la guarda in televisione lo fa distrattamente, altrimenti si sarebbe accorto di quanti giovani se ne stanno tranquilli in attesa della corsa sul bordo della strada o dietro le transenne all’arrivo. E di quanti ragazzi ci arrivano in sella allo loro bici. Il ciclismo si sta modernizzando velocemente, soprattutto dal punto di vista tecnico - le bici sono ormai diventate degli oggetti di altissima tecnologia – ma, deve fare attenzione a non perdere il filo rosso con la sua storia, con i riti e i simboli che lo hanno fatto amare. Svecchiarsi va bene, ma non snaturarsi. Così, non si capisce come mai i corridori salendo sul podio tolgano il classico berrettino in stoffa – diventato un cult fra i ragazzi di mezzo mondo - per calzare quello rigido da pilota, mutuato dal mondo dei motori. Cedere alle ragioni dei sacerdoti del marketing, soprattutto se estranei a questo mondo, non sempre dà risultati soddisfacenti. I simboli sono importanti, rappresentano la storia, le radici. Si possono comprendere le ragioni economiche ma resta ingiustificabile la scelta di cambiare il colore della maglia del miglior scalatore: lo scorso anno da verde è diventata azzurra per soddisfare la volontà dello sponsor. Del resto già da qualche anno anche la maglia della classifica a punti si era tramutata in rosso dal tradizionale ciclamino. Un passo indietro è stato fatto, per fortuna, con la maglia rosa che nella passata edizione si faceva fatica a individuare in gruppo, piena com’era di inserti colorati e scritte. Ora è tornata uniforme anche se il colore è diventato acido. Diventa inevitabile il confronto con la grandeur del Tour de France: da quelle parti nessuno si sognerebbe di ritoccare il giallo della maglia di leader – che deve svettare in mezzo al gruppo – e tantomeno scolorire i pois dell’eccentrica maglia del Gran premio della montagna, una maglia nata con la grafica del primo sponsor ma rimasta immutata nonostante i numerosi cambi di finanziatori, Coca Cola compresa. Il Giro d’Italia si rimette in moto con Vincenzo Nibali sempre più sicuro di sé e saldamente al comando. Le Alpi non hanno mostrato un vero rivale capace di attaccarlo. Restano ancora tre tappe (da giovedì a sabato) per riscrivere la classifica, tre frazioni massacranti ma la sensazione è che questo Giro lo possa perdere solo Nibali e agli altri non resti che lottare per un posto sul podio.
La classifica:1. Vincenzo Nibali 2. Cadel Evans a 1’26”3. Rigoberto Uran Uran a 2’46”4. Mauro Santambrogio a 2’47”5. Michele Scarponi a 3’53”6. Przemyslaw Niemiec a 4’35”7. Carlos Betancur a 5’15”8. Rafal Majka a 5’20”9. Domenico Pozzovivo a 5’57”10. Elorriaga Intxausti a 6’21”​​​
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