mercoledì 7 maggio 2014
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Ti guardi in giro, nel senso di attor­no, e non vedi italiani, anche perché siamo in Irlanda, a Belfast per la pre­cisione, dove venerdì partirà il Giro d’Italia, edizione numero 97.   Un Giro forestiero che rischia di es­sere terreno di conquista dei corri­dori stranieri. Lo spagnolo - meglio il catalano - Joaquin Rodriguez, l’australiano Cadel Evans, i colombiani Nairo Quintana e Rigoberto Uran, poi l’irlandese Daniel Martin e via elencando, sono i nomi più accreditati. Le nostre esigue speranze sono riposte in Michele Scarponi, Ivan Basso, Do­menico Pozzovivo, i giovani Fabio Aru e compa­gnia pedalante. Per loro sarà impresa titanica sov­vertire il pronostico che li vede già irrimediabil­mente battuti. Allora non resta che aggrapparsi alla statistica: dieci volte il Giro d’Italia è partito fuori dai confini nazionali e ben sei maglie rosa, alla fine, sono finite sulle spalle dei corridori ita­liani. Il primo via dall’estero viene dato da San Marino, nel 1965: vittoria di Adorni. La novità pia­ce e l’anno seguente la partenza avviene da Mon­tecarlo, ma è nel 1973 il primo vero trasferimen­to: si parte dal Belgio, poi ci sono le partenze da Città del Vaticano (’74), Atene (’96), fino a Nizza per la corsa che celebra Pantani. Nel 2002 il via vie­ne dato dall’Olanda) e 4 anni dopo dal Belgio, per la prima maglia rosa conquistata da Basso che concede il bis nel 2010 quando si parte da Am­sterdam. Infine, la Danimarca, nel 2012.  Partiamo da una Belfast in festa e a tinte rosa. E se parliamo di impresa titanica lo facciamo per­ché qui il Titanic è stato varato e da queste latitu­dini è partito per un viaggio senza ritorno prima di entrare nell’immaginario collettivo. È chiaro che si spera che il transatlantico rosa non faccia acqua e abbia ben altre fortune. Le prime tre tappe si disputeranno in questo pa­radiso naturale, terreno ideale per chi ha voglia di vivere la natura in bicicletta a pieni polmoni.  Passando alla corsa è vero, quest’anno manca un vero favorito. Nibali, Froome e Contador hanno preferito puntare tutto sul Tour. Ma in ogni caso, come abbiamo già detto, ci sono Uran e Evans, secondo e terzo al Giro 2013, e pure Quintana e Rodriguez, secondo e terzo al Tour dello scorso an­no. Sono loro a comporre la prima fi­la dei pretendenti alla maglia rosa fi­nale. Ultima chiamata invece per Basso e Scarponi, i nostri “vecchietti”: il vare­sino la corsa rosa l’ha vinta nel 2006 e nel 2010 e il marchigiano l’ha conqui­stata a tavolino, dopo la squalifica di Contador, nel 2011. Al via ci sarà anche il vincitore del 2004, Cunego, e con lui anche Pozzovivo, scalatore eccellente, arrivato a sfiorare la Liegi, ma a cui manca sempre qual­cosa per fare il definitivo salto di qualità. Per en­trambi un podio sarebbe già da considerare una vittoria. Gli outsider? Presto detto: il francese Pierre Rolland, l’irlandese Nicolas Roche e il po­lacco  Rafa Majka. Tutto da decifrare Rya­der Hesjedal, vincitore del Giro due an­ni fa e il compagno di squadra Daniel Martin, il nipote d’arte (di Stephen Roche). Ma interessante può esse­re anche l’olandesino Wilco Kel­derman.  Ci sarà anche spazio per i velocisti. Sulla carta, in assenza di Mark Ca­vendish e André Greipel, tutti con­tro il tedesco Marcel Kittel, astro na­scente del velocismo mondiale. Se  Kittel sarà quello visto al Tour lo scor­so anno, mettetevi in cuore in pace: non ce ne sarà per nessuno. Diversa­mente noi potremo divertirci con Elia Vi­viani, il veronese che in questo inizio di sta­gione e soprattutto al recente Giro di Turchia, ha mostrato con due belle vittorie segnali impor­tanti di risveglio. Occhio al britannico Swift e al nostro Petacchi: non sono qui per fare del turismo. Ci sono 3.450 chilometri da percorrere in tre set­timane, da Belfast a Trieste. Un Giro apparente­mente più “umano”, con tre giorni di riposo e u­na prima settimana, non proibitiva. Il primo ve­ro esame è atteso all’ottava frazione, che com­prende il Carpegna (la montagna di Marco Pan­tani, del quale ricorre quest’anno il decennale della morte) e l’arrivo ai 1.235 metri di Monteco­piolo. Poi la crono individuale ad alta gradazione alcolica da Barbaresco a Barolo, a fare da prelu­dio alle grandi montagne: Oropa, Plan di Monte­campione, Gavia, Stelvio e Val Martello. La cro­noscalata da Bassano a Cima del Grappa, e poi lo Zoncolan, prima della passerella finale in piazza dell’Unità d’Italia a Trieste. Mai scenario poteva essere più azzeccato per festeggiare un “Giro stra­niero” che si spera possa tornare agli italiani.
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