giovedì 22 ottobre 2015
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«Mai come in questo caso contano i fatti più che le parole». Non ha dubbi il presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Franco Lucchesi, nel presentare il nuovo Museo del Duomo di Firenze. E i fatti parlano davvero da soli nell’attraversare il corridoio d’ingresso con i nomi di tutti i protagonisti (Arnolfo, Ghiberti, Donatello, Michelangelo e tanti altri) e nel vedere apparire, quasi all’improvviso, il grande spazio del “Paradiso”. In quel momento capisci di essere nel film giusto. Capisci che oltre agli attori dai nomi altisonanti, c’è una produzione, ci sono degli sceneggiatori, c’è un regista e ci sono le maestranze senza le quali la pellicola non arriverebbe mai al pubblico. Tanto di cappello a questo nuovo grande museo europeo che dopo tre anni di lavori sta per essere inaugurato (il taglio del nastro è fissato per il 29 ottobre) diventando la maggiore struttura espositiva di Firenze dopo gli Uffizi e Palazzo Pitti, la prima al mondo per concentrazione di scultura monumentale fiorentina (statue e rilievi in marmo, bronzo, legno e argento).Chi ha in mente la vecchia logica espositiva e i vecchi spazi, rimarrà stupefatto: la superficie è stata più che raddoppiata, soltanto la prima sala permette la ricostruzione a grandezza naturale dell’antica facciata di Santa Maria del Fiore, con le statue nelle posizioni indicate nel disegno cinquecentesco. Mentre di rimpetto a questo enorme e particolare proscenio sono state collocate le celeberrime porte bronzee del Battistero di San Giovanni (per il momento due, la terza arriverà dopo il restauro) con sopra i gruppi statuari cinquecenteschi realizzati apposta per quella collocazione. Lo spazio cosiddetto del “Paradiso”, come quello reale davanti al Duomo, è ammirabile anche dall’alto, da un “Belvedere”. Ma prima di salire, il visitatore è piacevolmente “costretto” a passare dalla Pietà michelangiolesca, un’opera travagliata, incompiuta, menomata dal suo stesso autore, ma dal fascino incredibile. Verrebbe da dire che la sua “imperfezione” parla molto più della perfezione della Pietà in San Pietro. Nella sua nuova collocazione la grande scultura del Buonarroti, ritrattosi nel possente Nicodemo, acquista una forza drammatica eccezionale, posizionata in una sorta di santuario in pietra serena con la luce che le arriva dall’alto. Salendo al primo piano, una stupenda galleria di 36 metri ospita le sculture realizzate per il Campanile di Giotto (sedici statue a grandezza naturale di Andrea Pisano, Donatello e i loro collaboratori) nonché una sessantina di formelle tra cui alcune di Luca della Robbia. Una seconda galleria spiega, con l’ausilio anche di attrezzi e marchingegni, l’ardita opera architettonica del Brunelleschi per la sua Cupola (visibile poi materialmente salendo nella terrazza esterna). Da segnalare ancora, tra le tantissime altre opere, la sala che evoca l’interno del Duomo con le cantorie di Luca della Robbia e Donatello.«Queste inusuali dimensioni non sono un lusso, ma una necessità», spiega monsignor Timothy Verdon nella sua qualità di direttore del Museo, autore del nuovo progetto di allestimento e quindi per molti versi di regista di un film sceneggiato con l’indispensabile collaborazione degli architetti Adolfo Natalini, Piero Guicciardini e Marco Magni. «Questa ricontestualizzazione delle sculture e dei dipinti, con testi storici a parete, musiche d’epoca nelle sale e filmati didattici lungo il percorso, fa scoprire – aggiunge Verdon – l’emozione che questi capolavori volevano suscitare. Qui c’è il sacro che diventa umano, di fatto l’origine dell’umanesimo rinascimentale. E la novità più importante del Museo, ragione d’essere del suo stile spettacolare e mistico, è infatti l’attenzione ai messaggi veicolati dalle opere, al cui senso il visitatore è invitato ad aprire il cuore». Un concetto che il direttore riassume in una battuta: «Visite intelligenti contro l’estetismo balneare». Mentre il presidente gli fa eco con lo slogan che ha caratterizzato questi anni di lavori e che vuole caratterizzare la fruizione del nuovo allestimento: «Innovare, valorizzare, educare».Il Papa, nella sua venuta a Firenze il 10 novembre, non visiterà il Museo. Lo vedrà dall’esterno, dalla “papamobile”, una volta che uscito dal Duomo si dirigerà alla Santissima Annunziata. Ma passandoci davanti, quasi certamente, il cardinale Giuseppe Betori gli dirà dei capolavori che stanno lì dentro e che sono un tutt’uno con il meraviglioso complesso della Cattedrale.
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