domenica 13 luglio 2014
Ci sono voluti i tempi supplementari per assegnare la Coppa del Mondo di Brasile 2014. Al minuto 113 decide il gol del subentrato Gotze. Per i tedeschi si tratta del quarto titolo iridato, raggiunta l'Italia. M. Castellani
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Una lunga partita a scacchi più che una sfida finale di calcio e dopo 12O minuti la corona di re del football se la mettono in testa i tedeschi. Finale tra geni ed eroi dei due mondi. “Derby dei Papi” (l'argentino Bergoglio e il tedesco Ratzinger). Sfida tra first lady: la kaiser Merkel contro la pasionaria Kirchner, che non si presenta e al suo posto tocca alla presidentessa brasiliana Dilma Rousseff salvare il record delle quote rosa al Maracanà. Questo e tanto altro, a corredo della finalissima mondiale Germania-Argentina. Per la storia del calcio semplicemente gara-tre, terza finale tra le due selezioni che partivano dall'1-1: Coppa del Mondo agli argentini di Maradona a Messico '86, rivincita alla Germania a Italia '90 nella finale di Roma. La terza volta da non fallire, “come sta fallendo l'economia del nostro Paese”, urla disperato il popolo di Baires che devoto prega il primo tifoso della Seleccion, papa Francesco, perché interceda. La “partita del secolo” l'hanno definita i più laici tedeschi, anche se quella era stata Italia-Germania 4-3, Mondiale di Messico '70. Ma si trattava di una semifinale all'Azteca e poi era un match del secolo scorso. Germania-Argentina al Maracanà di Rio de Janeiro (abitato per l'occasione da maggioranza di lingua argentina che in 100mila ha invaso Rio) è una sfida del football del terzo millennio. Un calcio in cui le sudamericane ormai giocano all'europea (tranne la Seleçao che dalla semifinale del “Mineirazo” , 7-1 subito contro la Germania, non sì sa più cosa sia), muscolari e difensive, mentre invece la Mannschaft veste i panni della selezione tutta fosforo, fantasia e multirazzialità. In fase di riscaldamento perde uno dei suoi migliori pezzi della collezione multietnica di Joachim Loew: l'uomo “Real” Khedira. Fuori per un infortunio al polpaccio. Al suo posto dentro Kramer che fatica a trovare la posizione e viene spesso inghiottito nel mucchio selvaggio di centrocampo ammassato dallo “psicologo” Alejandro Sabella. Come da copione lo spettacolo latita. Il possesso palla è teutonico, ma il primo pericolo lo creano gli argentini, sornioni e attendisti dopo 20 minuti di non-gioco. Pasticcio involontario di Kroos al limite dell'area protetta da Neuer e palla-dono per Higuain che calcia dai sedici metri, rigore in movimento ma a differenza di quello insaccato con il Belgio questo lo cicca clamorosamente. Al 30' Higuain invece non sbaglia, ma è doppio fuorigioco e l'arbitro Nicola Rizzoli, bolognese, unico connazionale sopravvissuto alla sciagurata missione di Brasile 2014, annulla il gol. Il sostituto Kramer si infortuna e lascia il posto a Schuerrle. Si giochicchia fino al 40' con Messi che accelera e arriva fino all'area piccola di Neuer, ma il pallone danza lì e poi viene allontanato dall'attenta difesa crucca. Non passa l'argentino, ma neanche il tedesco che fatica ad affacciarsi dalle parti di Romero. Il portiere doriano allo scadere del 45' salva la sua imbattibilità quando Howedes di testa centra in pieno il palo. Si va al riposo con la sensazione che sarà, come per la semifinale Olanda-Argentina, un'altra serata a tirare per le lunghe: tempi supplementari e ipotetica coda con lotteria dei rigori per assegnare la Coppa. Per scongiurare tutto questo c'è un secondo tempo da giocare. Per sfatare l'epilogo da sfida infinita ci vorrebbe una magia di Messi, ma la “Pulce” è ancora vittima dei suoi misteriosi mal di pancia e marca visita pur restando in scena. Il “10” atteso messia dopo la fine dell'era Maradona, deambula per il campo, triste, solitario e smarrito come un “pulcino bagnato”. La Germania è un blocco di granito senza dei né profeti, ma con un tasso di creatività globale mai avuto prima e che avrebbe il suo valore aggiunto nel “turco” Ozil, il quale però in questo Mondiale è vissuto di luce riflessa grazie all'estrema produttività dei suoi compagni. Nella ripresa il divino Leo parte bene, ma poi si riperde tra la selva delle maglie bianche tedesche. Higuain prova a disturbare Neuer che di pugno in uscita lo abbatte. Il “Pepita” si rialza stordito e da quel momento gravita a distanza dal portierone tedesco. La Germania non è sciolta e lucida, come nel quarto vinto con autorevolezza con la Francia e la sgambata d'allenamento nella semifinale settebellezze di Belo Horizonte con il piccolo Brasile. L'Argentina al 75' rinuncia ad Higuain e butta nella mischia Palacio a supportare un Messi che agisce a folate estemporanee e un Aguero impalpabile. Perez stremato viene rilevato da Gago e alla mossa di Sabella Loew risponde con Gotze che regala al 36enne Klose la standing ovation di tutto il Maracanà che omaggia e saluta il professionista esemplare e il bomber dei record, 16 gol segnati in quattro edizioni mondiali disputate. Esce stremato “Mito” Klose, specchio di una Germania che al triplice fischio dei tempi regolamentari pare avere meno benzina da spendere rispetto all'Argentina nella mezz'ora supplementare. Ma è solo un'impressione. Schuerrle scalda subito le mani di Romero che incita i suoi messi alle corde da una Germania arrembante. Un istante di sbandamento e Palacio al 96' prova ad entrare nella storia: entra in area e con un pallonetto supera il gigante Neuer, ma la palla finisce fuori. E' la grande occasione argentina. Dopo 100 minuti di garra e di trincea i 22 in campo cominciano a camminare, sfiniti. Resistono solo i moti perpetui, il capitano tedesco Lahm e quello in pectore argentino (la fascia la porta Messi) Mascherano, vero leader della Seleccion. Nessuno ci sta ad essere fatto prigioniero e meno che mai il combattente Schuerrle che al minuto 113 serve in area per Gotze che da fuoriclasse stoppa e infila al volo l'incolpevole Romero. E' il gol che spedisce la Germania sul tetto del mondo per la quarta volta nella storia mondiale per la gioia della sua capo-ultrà Frau Merkel. E' la doccia gelata nella calorosa Rio per l'Argentina e soprattutto per Leo Messi che perde l'ennesima occasione per emulare Maradona e prendersi quella Coppa che invece alza al cielo la Germania di Loew che ha cresciuto una generazione di vincenti.
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