venerdì 4 febbraio 2011
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Sorbona studia il ruolo geopolitico della Chiesa cattolica nel mondo, e ne affida l’analisi ad un giovane storico italiano, Manlio Graziano, che insegna in quella università una materia insolita, almeno per noi italiani (Geopolitica delle religioni). La ricerca merita di essere presa in considerazione, non tanto e non solo perché è stata tradotta e diffusa recentemente in Italia da Laterza (Il secolo cattolico. La strategia geopolitica della Chiesa). Quanto piuttosto per lo sforzo compiuto, nell’analizzare i caratteri più significativi della istituzione Chiesa cattolica dal punto di vista del suo ruolo in ambito internazionale, secondo un approccio interdisciplinare – che non tralascia né i dati né le riflessioni di stampo sociologico –, e distanziandosi sia dai toni della cronaca giornalistica che da quelli delle posizioni ideologicamente determinate (le due modalità in cui solitamente ci si imbatte nella comunicazione pubblica sul tema). L’approccio di Graziano è infatti sereno ed approfondito, tutto teso ad illustrare, attraverso una letteratura di riferimento ampia ed un approccio laico e rispettoso, i punti di forza di quella che egli definisce la strategia storica della Chiesa cattolica, volta da sempre a «conformare le nostre società al Vangelo, e non il Vangelo alle società». Il quadro che ne emerge risulta, anche a chi è «cresciuto all’ombra della cupola di San Pietro», ricco di spunti innovativi, tutti animati da una visione di sfondo di lunga gittata, che guarda alla storia del passato come alle derive future, spaziando da Cartesio alla Shoah, dalla Grande guerra alla modernità. Quattro punti di condensazione della analisi vale la pena citare in modo particolare. Innanzitutto quelle che Graziano chiama la libertà dal contingente e la continuità. Secondo l’autore, uno dei punti di forza principali della Chiesa cattolica sta nel non sentirsi obbligata a tenere conto della cosiddetta opinione pubblica, che costituisce in realtà la rappresentazione delle opinioni e dei sentimenti fornita dai mezzi di comunicazione. Una libertà enorme e rara ai nostri giorni, che permette di valorizzare piuttosto la continuità, l’aderenza a principi solidi – anche laddove risultino impopolari –, l’esperienza e la solidità organizzativa, senza concessioni né a mode né a tendenze di breve periodo. La Chiesa può anche commettere degli errori, ma ciò che la contraddistingue nel lungo periodo è la costante aderenza a valori e strategie che trascendono gli effetti variabili della opinione pubblica contingente, particolarmente accentuati nel periodo recente. In secondo luogo la capacità di intercettare la domanda spontanea di religione, specie in una epoca di crisi – sociale ed ideale – come quella attuale. Il processo di secolarizzazione dei nostri giorni, studiato da molti, dipende secondo l’autore in buona parte proprio dalla crisi dello sviluppo in occidente. E la Chiesa cattolica è uno dei pochi soggetti, forse l’unico, in grado di rispondere a quella crisi, ed ai sentimenti di incertezza che ne derivano, con una proposta forte di spiritualità e trascendenza. Più in generale la potenza della Chiesa cattolica, nell’intera storia dell’umanità, è sempre consistita proprio nella capacità di «intercettare, incanalare e organizzare le crescente religiosità dal basso» e di essere «l’unico organismo mondiale capace di una visone lungimirante dei problemi connessi allo sviluppo», dalla crisi demografica all’immigrazione. Terzo: una Chiesa agente di coesione sociale e sostenitrice dell’etica dei doveri contro la deriva individualistica. Anche dopo la caduta dell’Impero romano, ci ricorda Graziano, la Chiesa cattolica ha assunto il ruolo di «agente di coesione sociale», dando vita ad un processo di radicamento in tutti gli strati della società. Oggi, poi, in un periodo di «grande stress sociale» di un «mondo senza cuore», si ha la sensazione che buona parte di ciò che resta della organizzazione e della solidarietà sociale sia appannaggio della Chiesa cattolica. Dove recuperare altrimenti coscienza collettiva? Dove trovare indicazioni sensate rispetto ai valori non negoziabili, della famiglia come della vita? Dove trovare altre voci positive rispetto ai temi dell’accoglienza, degli immigrati come dei malati? Quale altro laboratorio esiste per la sussidiarietà e la reciprocità sociale? Infine: il senso della collaborazione transnazionale e della dialettica degli opposti. Il tema principale trattato dal libro è proprio quello del ruolo geopolitico della Chiesa, rispetto al quale Graziano individua due aspetti principali. Il primo quello della cooperazione europea, a partire dalla Grande guerra e dal ruolo svolto dai cappellani nel supporto alle truppe e nello sforzo svolto a livello diplomatico per un accordo tra Germania e Francia, per arrivare alla proclamazione di Benedetto da Norcia "padre dell’Europa" nel 1948, da parte di papa Pacelli. Il secondo quello dello spirito internazionale e terzomondista, che anima buona parte delle azioni odierne della Chiesa, nella certezza che «fin dai tempi delle prime missioni degli apostoli, la meta del veliero della Chiesa è nota, ed è eminentemente geopolitica (o georeligiosa se si preferisce) "fino agli estremi confini della terra"». Perché, al di là della centralità dell’Occidente, ciò che conta per una potenza spirituale che si pone come «mediatore etico primario» è tutta l’umanità, quella dei milioni di cinesi ed indiani che intendono cristianizzarsi, come quella dei fratelli ortodossi o dei rappresentanti delle altre religioni monoteistiche, benché lontane ed a volte nemiche.
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