giovedì 30 settembre 2021
Ha fatto bene al Milan e al Napoli, ma adesso è fermo. Non ha bisogno di procuratori e non si è piegato al potente Mendes. Ora, viaggia studia e aspetta la chiamata di una grande
Il tecnico Rino Gattuso, 43 anni

Il tecnico Rino Gattuso, 43 anni - Ansa

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Manca un Ringhio vitale al nostro campionato, manca un Gattuso come spettro schietto e verace che si aggiri per i campi d’Europa. È lui il grande assente, l’incompreso del calcio italiano. L’ex ragazzo di Calabria, il 43enne Gennaro Ivan Gattuso, è clamorosamente rimasto senza panchina. Peccato, perché ha tanto da insegnare l’uomo che non era nato campione, ma che ha dimostrato a tutti che con la forza della volontà, il lavoro e il sacrificio quotidiano si può arrivare in cima al tetto del mondo (Germania 2006 docet). Quest’estate Rino l’ha portato un bacione a Firenze, ma la Viola del patron calabroamericano Rocco Commisso bacia davvero tutti. E così Gattuso ha fatto le valigie anticipatamente (in precampionato) lasciando il suo posto a Italiano. Ma partiamo dai precedenti, dal Gattuso napoletano. Ingenerosità del cinepallonaro Aurelio De Laurentiis ha voluto che dopo una prima stagione esaltante, a tratti ancelottiana (a dicembre 2019 sostituiva in corsa proprio il suo maestro Carlo Ancelotti) e una seconda quasi sarriana con 5° posto finale gli arrivasse il benservito. Cronaca di un divorzio annunciato. Per qualcuno, De Laurentiis in primis, Gattuso non sarebbe un mister da grande club. Una diceria dell’untore che si è propagata, specie quando Rino è stato colpito nuovamente da miastemia oculare. Una malattia autoimmune che per i corvi appollaiati sotto il Vesuvio era sinonimo di «tumore letale». Gattuso per smentire i suoi detrattori prezzolati tornò immediatamente in panchina, spazzando via ogni fake ma restando ferito nell’orgoglio. La mancata qualificazione in Champions, complice un fatal Verona all’ultima gior- nata di campionato, ha sancito l’addio a Napoli e il proliferare di quelle maldicenze che adesso lo dipingono come un’ultrà stanco dalla tribuna che per inerzia seguirebbe tutte le partite del Milan di Pioli. È vero, Rino è stato avvistato spesso a San Siro e anche nelle trasferte dei rossoneri, ma è andato anche in altri stadi. E quello che per la stampa disinformata è un vagabondare da allenatore disoccupato si chiama «aggiornamento professionale».

Gattuso è un maniaco dello studio tattico di tutte le squadre, dalla A alla C, straniere comprese, e si sta solo preparando per la prossima chiamata (ha detto no al Newcastle), che sarà per forza quella di una grande. Come potrebbe essere altrimenti dopo Milan e Napoli? Coerenza gattusiana vuole che chi «nasce tondo non può morire quadrato» e quindi da tecnico ha seguito lo stesso iter fatto da calciatore: tanta gavetta. Giocatore-allenatore al Sion nel 2013 per poi rispondere alle sirene di Palermo del “mangiallenatori” Zamparini che non poteva non inserirlo nella sua collezione di esonerati speciali. Come un Ugo Foscolo del pallone, poeticamente Rino si era autoesiliato nelle acque greche, all’Ofi Creta, da cui si dimetterà presto ma a furor di popolo poi tornò, salvo risalpare verso un’altra repubblica marinara, Pisa. Qui i pisani non dimenticheranno mai il Ringhio mondiale che li ha riportati in B e che come in Grecia provvedeva personalmente a saldare gli stipendi arretrati dei giocatori. Resiste ed insiste, ma il crac pisano non gli evita la retrocessione in C. Il Milan si ricorda del suo figliol mai prodigo e lo chiama per allenare la Primavera. Ma con la cacciata di Vincenzo Montella, inizia la sua seconda grande stagione rossonera. Con una squadra lontanissima parente di quella attuale di Pioli, il Milan, stagione 2017-2018, con lui arriva 6°: 39 punti nel girone di ritorno, solo la Juve campione d’Italia e il Napoli fecero meglio.

Al secondo tentativo, guida i rossoneri, ancora in assestamento tecnico-societario, al 5° posto. Ma non bastò a salvare il suo di posto. Dunque, ritorno gradito al Sud con il Napoli che con lui in panchina in Champions bloccò sull’1-1 il Barcellona di Messi e vinse una Coppa Italia battendo la Juve in finale – con dedica a un angelo che lo guida da lassù, la sorella Francesca – . Settimo posto e poi il 5° con il Napoli la stagione seguente, senza potere mai utilizzare il pupillo Osimhen infortunato. Alibi? No perché Rino non fa mai giri di parole e le sue conferenze stampa sono delle lezioni di trasparenza e fairplay stile anglosassone di chi, non a caso, il primo contratto da professionista, a 18 anni, lo firmò con i Rangers Glasgow. Un uomo libero Gattuso, capace di ringhiare anche a Matteo Salvini che si “occupava” del suo Milan: «A Salvini dico di pensare alla politica, perché abbiamo problemi molto grandi in Italia». Rino è uno dei rarissimi tecnici che non ha procuratori e quando si è avvicinato, per pura consulenza, al potentissimo lusitano Jorge Mendes si è scottato. Come a Napoli, anche a Firenze hanno iniziato a straparlare alle sue spalle. Gattuso non ha mai fatto rimettere un euro ai suoi presidenti, eppure a Firenze è stato accusato di agevolare gli interessi di Mendes in fase di mercato. Ennesima falsità su un uomo verticale quanto scomodo La verità è che nessun giocatore richiesto al tandem Barone-Pradè sarebbe mai arrivato in viola, perciò Ringhio ha ritenuto opportuno non illudersi per non illudere una piazza ambiziosa, ma mai quanto lui. Insomma, ridateci Gattuso.

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