giovedì 16 giugno 2016
Gomorra, l'analisi di Fumagalli: «Lo stereotipo fa vendere all'estero»
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«Un prodotto ricco e complesso come quello televisivo ha molte possibilità di lettura, dipende sia dai contesti sia da chi la vede». Armando Fumagalli, direttore del master internazionale in sceneggiatura e produzione dell’Università Cattolica di Milano, ne è convinto. D’altronde all’argomento ha appena dedicato il libro The dark side (Dino Audino Editore), scritto con Paolo Braga e Giulia Cavazza, che analizza le figure dei cattivi nelle fiction.Dunque una serie come Gomorra può influenzare il pubblico?«Un conto è se a vederla è un laureato o un padre di famiglia, un altro se sono ragazzi suggestionabili, che magari vivono in contesti difficili e possono subire la tentazione della violenza. Quando si dice: “Ma no, questa è finzione, la gente lo sa”, non si tiene conto che questo tipo di prodotto agisce a livello inconscio ed emozionale sulla percezione della realtà. Può infondere speranza o rassegnazione».C’è chi sostiene che mostrare il male è già un atto di denuncia.«Far vedere il male semplicemente per causare una reazione di rigetto non è una strategia che a lungo termine premia. Quello che rifiuto oggi, presto rischia l’assuefazione. Tutta una serie di domande sulla serie Gomorra me la farei, anche sulla necessità, quando si racconta il male, di presentare almeno un personaggio portatore di un altro punto di vista, un personaggio positivo».Gomorra però è stata venduta in 150 Paesi. Occorre sottostare a degli standard internazionali?«Ci viene detto che Gomora è una delle serie di maggior successo nel mondo: Sky ci dice il numero dei Paesi in cui è stata venduta, ma mai quanta gente la vede. È un prodotto di nicchia, e anche il milone e 200mila italiani che hanno visto su Sky Gomorra nel complesso non sono un numero alto. La serie che ha avuto ascolti altissimi nel mondo invece è stata Downton Abbey, una serie superpositiva».Quali i motivi del successo del genere “crime”?«Le fiction sul crimine sono il genere più venduto al mondo, hanno un vero linguaggio transnazionale che mette in gioco sentimenti forti: la violenza ha una sua “non specificità” nazionale. Ma io se fossi un autore accetterei la sfida di vendere una serie italiana all’estero uscendo da questo genere. Gomorra gioca sullo stereotipo, perché la mafia vende. Ora sarà interessante vedere come un funzionerà all’estero un modello diverso come la serie su Cosimo de’ Medici. I Medici, targata Lux Vide, cercherà di mediare tra una fruibilità internazionale e raccontare qualcuno che ha cercato di fare qualcosa di positivo, presentando un’immagine alta dell’Italia, culla del Rinascimento».
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