mercoledì 18 marzo 2020
Per l'azzurra terzo trionfo consecutivo mondiale nel freeride, lo sci fuori pista su neve fresca: «Più che uno sport è uno stile di vita. Ora spero che l'umanità esca dall'incubo della pandemia»
Arianna Tricomi in azione

Arianna Tricomi in azione - Ansa

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È rimasta bloccata a Verbier, nel Canton Vallese, ma a 1400 metri di altitudine sulle Alpi Svizzere si può resistere al panico generale semplicemente sdraiandosi sulla terrazza di una baita per godersi l’ultimo raggio di sole invernale. Poi, quando tutto sarà più definito, magari Arianna Tricomi («L’accento cade sulla prima “i”, mi raccomando ») potrà srotolare il suo filo per ritrovare la strada di casa. Nel frattempo la ventisettenne dell’Alta Badia si gode il terzo trionfo consecutivo nel circuito mondiale di Freeride, lo sci fuori pista su neve fresca. Per una figlia d’arte (mamma Maria Cristina Gravina partecipò ai Giochi olimpici di Lake Placid 1980 in discesa libera, papà è stato un pilota delle Frecce tricolori) appassionarsi alla velocità è stata una cosa normale, eppure slalom e gigante possono non bastare se si desidera avere un rapporto più stretto con la natura. «A 16 anni ho smesso con lo sci e sono passata alla tavola, dedicandomi allo slopestyle, ai tempi disciplina ancora non olimpica. Poi quando è entrata nel consesso a cinque cerchi ha perso la filosofia di freestyle e così ho deciso di approdare allo sci Freeride». Nel frattempo si era già trasferita a Innsbruck, dove si è laureata in Fisioterapia. «Il circuito mondiale del fuori pista è a numero chiuso. Nella parte di sci femminile siamo una dozzina e ogni anno possono accedere solo due nuove qualificate. Io sono riuscita a rientrarvi nel 2016 e mi sono imposta nel 2018, nel 2019 e quest’anno».

Più che uno sport, per chi lo pratica il Freeride è uno stile di vita: «Significa stare a contatto diretto con la natura, in un ambiente incontaminato e lontano dalle masse. Ma anche non badare al tempo, esplorare la montagna, non farsi travolgere dalla fretta». Le regole del gioco sono molto semplici: «Ci dicono qual è la montagna su cui gareggiare e siamo liberi di scendere come vogliamo. Non possiamo provare il percorso dal vivo, solo studiarlo sulla carta o col binocolo. Nel giudizio finale contano la linea, la tecnica, la fluidità, il controllo, i salti e lo stile». Scattato ad Hakuba, in Giappone, a gennaio, l’edizione 2020 del World Tour ha fatto tappa a Kicking Horse (Canada), quindi a Ordino- Arcalís (Andorra) e Fieberbrunn (Austria). La conclusione era prevista in Svizzera, ma la Verbier Xtreme è stata annullata. Così la sciatrice di Corvara ha fatto festa in anticipo come le altre illustri “colleghe delle nevi” (Brignone, Moioli, e Wierer). «In Austria lavoro come fisioterapista, ma per buona parte dell’anno sono via ad allenarmi o a gareggiare. Posso permettermi questa vita solo perché ci sono degli sponsor che mi sostengono. Nel nostro caso infatti non esistono gruppi militari o federazioni nazionali alle spalle. Ognuno si organizza per sé. Anche i premi gara sono poca roba. Lo facciamo solo perché siamo immedesimate in questa modalità di vita», continua la Tricomi. Passione e divertimento, ma anche rischio e pericolo: «Non posso negare che il Freeride sia pericoloso, ma i rischi e i pericoli si imparano a gestire seguendo attentamente le regole».

A cominciare dal corretto utilizzo delle attrezzature di sicurezza. «Nello zaino-airbag abbiamo il kit valanga e quello pronto soccorso, l’importante è non esagerare quando si passa sulla neve fresca o vicino alle rocce. Occorre seguire sempre le previsioni e tornare a casa se non è il giorno giusto per scendere». A chi volesse avvicinarsi a questo mondo Arianna suggerisce di «sciare tanto in ogni condizione, sia in pista che fuori, ma soprattutto di rispettare la montagna e di prendersi i tempi giusti per imparare ». E adesso? Dopo tre vittorie consecutive nella mente della campionessa non ci sono altri pensieri: «Stiamo vivendo un periodo super speciale dell’umanità. Vorrei tanto capire cosa succederà e come usciremo da questa pandemia. Pertanto non mi pongo altri obiettivi, se non restare chiusa e aspettare che il peggio sia alle spalle».

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