martedì 30 maggio 2017
Pesaro e Rossini, Parma e Verdi, Bergamo e Donizetti, Torre del Lago e Puccini: le rassegne liriche italiane stanno costruendo esempi virtuosi di cultura, turismo e sviluppo del territorio
Una messa in scena di “Torvaldo e Dorliska” al Rossini Opera Festival di Pesaro

Una messa in scena di “Torvaldo e Dorliska” al Rossini Opera Festival di Pesaro

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Un giro di affari di quasi 40 milioni di euro solo a livello artistico. Se poi si aggiunge la ricaduta sull’indotto le cifre aumentano. Bilanci tutti in attivo, biglietti spesso esauriti, massiccia presenza di stranieri che significa sì apprezzamento per la cultura italiana, ma anche pernottamenti, cene, acquisti. Sono i “quattro più uno” festival musicali italiani dedicati ai compositori di casa nostra. A quelli che hanno fatto grande il melodramma e che oggi sono i più eseguiti nel mondo: Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini. E Vincenzo Bellini. Il compositore nato a Catania nel 1801 è il “più uno” del poker, non certo perché la sua musica è meno bella di quella degli altri quattro assi pigliatutto, ma perché la sua città non ha un appuntamento strutturato (qualche opera nel cartellone del Teatro Massimo Bellini e alcuni concerti) come accade a Pesaro, Bergamo, Parma e Torre del Lago.

Un modello internazionale, il Festival di Salisburgo e un riferimento casalingo, il Rossini Opera Festival. «E pensare che all’inizio erano in pochi a crederci» racconta Gianfranco Mariotti, sovrintendente del Rof, da sempre alla guida del festival che quest’anno giunge all’edizione numero trentotto. «Abbiamo combattuto per riportare alla luce il Rossini dimenticato. Ci siamo riusciti facendo entrare nel repertorio titoli sino a quarant’anni fa pressoché sconosciuti come La donna del lago o Il viaggio a Reims. Tanto che oggi gli appassionati di tutto il mondo vengono a Pesaro ad ascoltare il Rossini sconosciuto» dice Mariotti sottolineando l’importanza del lavoro scientifico fatto dalla fondazione con le edizioni critiche delle opere del musicista, ma anche la grande presenza di pubblico straniero. «Delle 17.248 presenze registrate lo scorso anno su 22 appuntamenti ben il 71% era costituito da stranieri provenienti da 42 nazioni» annuncia il sovrintendente. Incassi per 1.158.451 euro e, nel 2015, un bilancio di oltre dieci milioni di euro che ha registrato un attivo di 55.060 euro.

La sfida del 2017 è musicale. «Dopo trent’anni l’orchestra del Comunale di Bologna ha deciso di non essere più la colonna musicale del Rof. Andranno a Parma dove il teatro si è impegnato a coprodurre i titoli in cartellone. Con noi ci sarà l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai» spiega Mariotti. E se Pesaro può contare su una legge speciale per i 150 anni della morte di Rossini – che si ricorderanno nel 2018 – oltre a essere tra i sei festival di interesse nazionale (gli altri sono Spoleto, Ravenna, Torre del Lago, Parma e il RomaEuropa) cui una legge garantisce un contributi aggiuntivo pubblico di un milione di euro, la crisi si fa comunque sentire: «Ha colpito tutti e ci ha fatto perdere diversi contributi di privati così come la cancellazione della Provincia ha significato minori contributi pubblici » spiega Mariotti che poi, citando un’indagine dell’Università di Urbino, racconta che «un euro investito sul festival ne produce sette in volume d’affari per la città».

Ricaduta positiva che anche Parma ha riscontrato con le ultime edizioni del Festival Verdi. Un milione 369 mila euro per l’indotto con una spesa media a persona di 1.100 euro e una permanenza in città di quattro notti per i turisti dell’edizione 2016 della rassegna dedicata al musicista di Busseto: 30% di stranieri su un totale di 24.269 presenze, «il 50.59% in più di pubblico rispetto all’edizione 2015 e addirittura l’80.99% rispetto al 2014. Ben 62 eventi, più che raddoppiati rispetto al 2015, quasi triplicati nei confronti dei 23 del 2014» dice il direttore generale del Teatro Regio di Parma Anna Maria Meo, guardando ai risultati positivi come frutto «di un progetto artistico presentato con largo anticipo e sulla ribalta internazionale. Il festival è stato rilanciato più volte in questi anni, ma forse è mancata la capacità di mantenere nel tempo i risultati positivi che indubbiamente ci sono stati». Un bilancio, quello del Festival Verdi, che rientra in quello del Regio che nel 2015 ha registrato un utile di 46.917 euro. Importante la voce “costi del personale”, 3 milioni e 400mila euro, distribuita su tutta l’attività dell’anno e proporzionata (sempre nei consuntivi del 2015) a quella delle altre rassegne: un milione e 240mila a Pesaro, un milione e 380 mila a Torre del Lago (i dati in questo caso sono dello scorso anno) sino ad arrivare ai 282mila e 200 euro di Bergamo.

«A Parma si è costituito un comitato scientifico, è stato nominato direttore musicale Roberto Abbado ed è nata l’Accademia verdiana» spiega Anna Maria Meo sottolineando anche gli ottimi risultati dell’ArtBonus. «L’esempio virtuoso da seguire è quello del Rof, la prospettiva è Salisburgo per far diventare Verdi, così come in Austria hanno fatto con Mozart, un brand da esportare in tutto il mondo». Stessa idea che guida il Donizetti Opera, più ridotto nei numeri ma non nella qualità della proposta per quella che Bergamo ha pensato come «una lunga festa di compleanno per Donizetti » come spiega il direttore artistico Francesco Micheli. Dodici giorni di programmazione, due opere e alcuni concerti che hanno portato nelle casse del festival quasi 400mila euro, il 40% dei quali portati da ascoltatori stranieri. «Apertura al mondo che deve andare di pari passo con il rafforzamento dei legami con la città« dice l’assessore alla cultura Nadia Ghisalberti. Anche nella cittadina lombarda i buoni risultati dell’Art Bonus fanno sperare in un futuro positivo per «l’economia della cultura che vede la città diventare un luogo di produzione culturale offrendo ai cittadini occasioni di lavoro». Quattro milioni di bilancio e un utile di quasi 77mila euro per il Donizetti opera che si concentra sulla proposta di rarità del musicista, titoli proposti in edizione critica grazie al lavoro scientifico della fondazione Donizetti.

Un lavoro, quello scientifico, che invece in Toscana, patria di Giacomo Puccini, viaggia su binari paralleli. «Il Centro studi Giacomo Puccini ha la responsabilità dell’edizione nazionale delle opere del compositore. Per quel che riguarda i titoli operistici, invece, il lavoro è affidato a Ricordi. E poi c’è il festival di Torre del Lago che mette in scena i melodrammi» spiega Gabriella Biagi Ravenni del comitato scientifico del Centro studi Puccini. Undici serate d’opera, 20.400 spettatori di cui il 40% proveniente dall’estero, un incasso di un milione e 15mila euro per l’edizione 2016 del festival pucciniano che ha chiuso in sostanziale pareggio il bilancio dello scorso anno. Forte, poi, di 36 mila fan sulla pagina Facebook. Perché i social sono uno dei mezzi più usati dai festival per farsi conoscere. Oltre 46 mila gli utenti giornalieri per Parma con più di 4 milioni e mezzo di visualizzazioni durante il corso del festival 2016. Poco più di tre milioni di page impression per Bergamo con il 53% dei fan con meno di 45 anni.

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