lunedì 4 marzo 2013
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Quattro anni fa ammontavano a seimila i chilometri di linee ferroviarie abbandonate nel nostro Paese. Oggi i chilometri potrebbero essere di più. Basterebbe andare ad aggiungere quelli delle linee che, negli ultimi 24 mesi, sono state sospese dal servizio. Tratte che sarebbero quasi tutte perfettamente attive – salvo rare eccezioni dovute a interruzioni causate da frane o instabilità di gallerie – ma non più utilizzate per scelte economico-politiche. Il caso Piemonte fa scuola, in negativo, con 13 tratte, alcune addirittura elettrificate, non più utilizzate e con prospettive future tutt’altro che rosee. Ferrovie bene della comunità non solo dal lato puramente trasportistico ma anche da quello architettonico e paesaggistico. Aspetto non secondario, quest’ultimo, perché se viaggiare in sede propria è sinonimo di minor congestione stradale, minor inquinamento, maggior sicurezza e quasi sempre maggior velocità – e parliamo di ferrovie secondarie, non di alta velocità né di linee a servizio urbano o suburbano – la ferrovia va fotografata nell’ambiente con le sue strutture quasi sempre bene inserite nel paesaggio. Ponti, gallerie, stazioni e rimesse, caselli: opere dove la pietra non stona con la natura circostante. Opere che sono ricchezza per il territorio. Eppure nell’italico Stivale non c’è regione che non presenti la ferita di un binario asportato o sepolto da rigogliosa "foresta". Non c’è regione dove vecchie stazioni non siano oggetto di morbosa attenzione di vandali. Un patrimonio da salvare, salvaguardare, rilanciare. Dove si può – quasi ovunque, verrebbe da dire, se ci fosse minor miopia negli amministratori – recuperando il treno o il moderno, agile, meno costoso, "tramtreno" che conquista sempre più spazi oltreconfine e da noi cozza con le rigide normative della circolazione ferroviaria. E, dove non si può per comprovate – ma davvero dimostrate – ragioni economiche o eccessivi danni alle infrastrutture, con la riqualificazione in piste ciclopedonali. Ci sarebbe poi la terza via, quella che spopola nelle nazioni a noi vicine e che qui fatica a decollare per la rigidità delle normative e l’insensibilità delle figure pubbliche che dovrebbero fare da sprone: quella delle linee turistiche con i convogli storici nei fine-settimana. Perché quasi sempre questi tracciati, nella geografia del Belpaese, non fanno altro che attraversare luoghi di rara bellezza. Che visti dal finestrino di una ferrovia secondaria che corre lontano da un freddo nastro d’asfalto vengono ancora più esaltati ed apprezzati. Ma a qualcuno sta a cuore questa ricchezza?, verrebbe da chiedersi. Lasciando perdere i pubblici palazzi – dove l’amministratore non sa neppure cosa sia lo scartamento (la distanza tra le due rotaie...) e se ne esista più di uno – per fortuna la risposta è sì: a qualcuno sta a cuore. Ci sono associazioni di volontari che operano, con scarse risorse ma grande dinamismo ed energia, per la tutela di questo "tesoretto". Oggi si celebra la VI Giornata delle ferrovie dimenticate: in tutta Italia, regione per regione, appunto. Perché l’ardire di pochi possa presto regalare un "tesoretto" a tutti.
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