sabato 23 maggio 2020
Il ricordo del grande radiocronista sportivo scomparso a 77 anni nel ritratto di un collega che del giornalista figlio d'arte si considerava anche allievo
Claudio Ferretti

Claudio Ferretti - Foto d'archivio, Ansa

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Se ne è andato in punta di piedi, in punta di penna, in punta di microfono. A 77 anni Claudio Ferretti, storica voce di Tutto il calcio minuto per minuto è volato lassù. Figlio di Mario, grande radiocronista e aedo celeberrimo di Fausto Coppi, Claudio lascia davvero un grande vuoto. D’accordo, quando uno se ne va tutti ne esaltano i toni e ne celebrano i fasti, ma nel caso di Claudio non c’è nulla di “falso” o scontato. È tutto vero. Sintesi perfetta al microfono di Ameri e Ciotti, nella precisione e il nitore dell’uno, la cultura e la verve dell’altro.

Ferretti era una persona per bene, un “fuoriclasse normale” come Gigi Simoni. Detestava volare, «volano le idee, non servono gli aeroplani». Brillante figlio di un pezzo da novanta della radiofonia, lui laziale moderato era anche nipote del presidente della Novese che nel 1922 conquistò un incredibile scudetto. Claudio era cresciuto tra il velocipide e la sfera di cuoio, ma i suoi orizzonti erano altri. Ve lo posso testimoniare più da allievo che da collega.

Ferretti, nato in quel lembo di oltregiogo di un Piemonte che guarda verso Genova, eppure assolutamente romano. Grandi pregi, dalla curiosità alla generosità, e un solo difetto: la pigrizia, che lui aveva trasformato nell’otium degli antichi romani. L’ho sempre considerato il mio maestro. Un maestro che sapeva infondere serenità. Lo conobbi alla fine degli anni ’70: prima mi portò a cena e dopo partimmo per il “Caravaggio tour”: alla scoperta dei quadri dipinti a Roma dal grande Michelangelo Merisi.

Con Claudio l’arte si mescolava ai sapori della cucina romana. Arancini prima di entrare a Santa Maria del Popolo, amatriciana vicino a Palazzo Barberini, pane e frittata nei pressi di San Luigi dei Francesi. Infine, il caffè al vetro sulla soglia di Sant’Agostino. Claudio possedeva una memoria prodigiosa. Uomo colto, frizzante ma mai esuberante, mi ha insegnato molto, senza annoiarmi mai. Della vita, che pure non gli aveva lesinato rose e spine, aveva capito tutto. Competente e appassionato di calcio, ciclismo e pugilato, gli piaceva l’atletica: era incurioito dal finlandese Lasse Viren, due olimpiadi e 4 ori sui 5 nei 10 mila metri.

Un ricordo delle sue radiocronache: Ezio Luzzi lo interruppe 3-4 volte per raccontare di un Licata-Avellino e all’ennesimo luzziano «attenzione, attenzione» del collega, Claudio se ne uscì con un formidabile, «ha segnato il Licata, credevo peggio!». Artistico Ferretti: luminoso come Vermeer, complicato come Rembrandt, colorato come Raffaello, brioso come Rubens, vivace come Jordaens. Uno per tutti. Ciao amico Claudio.

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