sabato 26 marzo 2016
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«In principio era il Verbo», era la Parola, che è vita ed è «la luce degli uomini». Così annuncia il Prologo del Vangelo di Giovanni. Un “principio” che ha nell’Annunciazione una sua replica: la Parola, portata dall’Angelo e accolta da Maria, si incarna per illuminare gli uomini di una nuova luce. «Al momento dell’Annunciazione nell’Universo è successo qualcosa di straordinario e i Magi ne hanno colto quel riflesso astrale che li ha spinti a mettersi in viaggio verso la culla del Re del mondo». Certamente non è facile entrare nella logica di Giovanni Lindo Ferretti, il musicista ex leader dei Cccp, poi Csi (infine Pgr), oggi poeta, scrittore, artista, uomo di montagna, allevatore di caval- li... Quando con una certa fatica ci si entra, però, si scopre un mondo semplice, edificato intorno alla fede e alla sua riscoperta nella Parola e nella Luce che danno un senso alle cose della terra e che lui, Ferretti, esprime nel modo che gli è probabilmente più consono: quello della complessa provocazione concettuale. E per capirla non basta osservare, non basta ascoltare, bisogna bussare con delicata insistenza, con umiltà. Ecco, comprendere l’ultimo lavoro di Giovanni Lindo Ferretti, ispirato dallo scultore Roberto Pietrosanti e con lui realizzato, richiede il non facile esercizio dell’umile immersione in quella logica. Si tratta di un’opera espositiva, (un’installazione direbbe qualcuno), fatta di “materia” e di parole. È stata inaugurata giovedì sera alla galleria “La nuova pesa” di Roma col titolo: Non avere timore, secondo l’esortazione dell’Angelo a Maria e, ancor prima, a Zaccaria nel tempio. La provocazione, per chi non sa nulla di Ferretti e Pietrosanti, è nello sconcerto che si prova entrando nell’esposizione. L’azione dell’entrare è essenziale per capire, perché l’opera stessa è una stanza: «La stanza della voce», la definisce Pietrosanti. A delimitarne le pareti ci sono tre grandi tele bianche con ampi e ripetuti segni spiraliformi. Di primo acchito sembrano disegnati a carboncino, poi si scopre che a formarli sono le capocchie di migliaia di spilli infilati uno a uno: «Quattrocentomila per ogni tela», ci dice ancora lo scultore. La quarta parete è costituita da una lamina di acciaio lucente, traforata da forme geometriche e speculari che formano tanti rosoni simili a quelli delle chiese medievali. A richiamare il medioevo è anche il fatto che la lamina ha forma di trittico, quasi fosse un’antica pala d’altare. Ferretti e Pietrosanti l’hanno chiamata Iconostasi. La sua singolarità (ma ci se ne rende conto dopo) è che gli spazi vuoti delle traforature disegnano centinaia di armi: pistole, fucili, missili, bombe a mano... Sulle pareti di questa immaginaria “stanza della voce” sono affissi con degli spilli una decina di foglietti a quadretti, vergati a penna dalle parole di Ferretti, che, lungi dallo spiegare, seminano qua e là altre immagini, altre provocazioni. Per capire bisogna fermarsi a lungo in questa “idea di stanza” facendo risuonare nel cuore le parole dell’Angelo, con quel “Non avere timore” che è la ragione dell’opera. La voce sono le tre tele: voce e luce. Chi ascolta è il trittico delle armi, emblema della grande paura che attraversa la contemporaneità, ma anche iconostasi dei nostri idoli. «Gli spilli con i loro disegni circonvoluti sono le legioni degli angeli che formano l’empireo, dal quale provengono la luce e la Parola. Quello splendore nel cielo dell’Annunciazione che ha spinto i Magi verso Betlemme», dice Ferretti. Nella stanza si è come scissi fra Parola e timore, attraversati dalla luce della Parola che illumina il mondo. Provocatorio? Troppo complesso? Concettuale e astratto? Astruso, forse. Ma, sottolinea Ferretti, «l’Annunciazione ha cambiato per sempre la realtà degli uomini, se nel rappresentarla non provoco discussione non ho fatto il mio dovere». © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ex voce dei Cccp: «l’Annunciazione ha cambiato per sempre la realtà degli uomini. Nel rappresentarla il mio scopo è far discutere» Giovanni Lindo Ferretti
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