giovedì 3 giugno 2021
A quattro anni dal suo assassinio per mano di ex poliziotti, un libro raccoglie gli scritti dell'attivista in favore della promozione umana ed economica del popolo delle baraccopoli di Rio
La favela di Maré, a Rio de Janeiro

La favela di Maré, a Rio de Janeiro - Epa/Fabio Motta

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Voglio richiamare l’attenzione sulle donne che lavorano in condizioni di maggiore povertà e precarietà lavorativa. In questi gruppi sono incluse la maggior parte delle donne delle favelas e di altri distretti urbani marginali che, nonostante tutto, continuano a essere una potente forza creativa e inventiva, e che dimostrano una notevole capacità di superare la loro condizione attraverso lotte quotidiane e forme di organizzazione locale. È attraverso queste molteplici attività che le donne hanno acquisito un ruolo centrale all’interno di città come Rio de Janeiro. Ci sono alcuni aspetti specifici della vita delle donne delle favelas che dovrebbero essere considerati in qualsiasi analisi dei diversi livelli di disuguaglianza sociale, economica e culturale. In primo luogo, i quartieri mancano di risorse e infrastrutture pubbliche, con un trasporto pubblico carente che rende difficile l’accesso alle zone in cui si concentrano i principali centri educativi, lavorativi e culturali, aspetto che a sua volta ha un impatto sul tempo a disposizione per lo studio, sul tempo libero e sulla vita familiare.

In secondo luogo, anche se queste donne fossero tutte lavoratrici, le differenze di classe esisterebbero ed esistono anche nelle favelas, e si accentuano a causa della precarietà delle condizioni di lavoro. L’esposizione a situazioni di violenza letale è qualcosa di comune, come lo sono l’esperienza della discriminazione e la stigmatizzazione. Infine, vale la pena segnalare di nuovo la creatività di queste donne, motivate dalla necessità di superare le loro condizioni oggettive e di conquistare spazi alternativi per la convivenza, spazi nel campo delle arti, dell’educazione e della politica, così come nelle diverse forme di lavoro che contribuiscono alla loro sussistenza. (...)

L’emergenzialità della vita è sempre stata una realtà travolgente per queste donne. Hanno sempre vissuto le conseguenze delle aggressioni dello Stato sui diritti e l’imposizione di politiche volte alla privazione dei diritti e al dominio. (…) Benché l’esperienza di queste disuguaglianze, che attraversano tutta la storia del Brasile, abbia un impatto maggiore sulle periferie e sulle favelas, queste donne non possono essere definite da una passività impoverita, contrariamente alla rappresentazione che viene fatta di loro nel discorso e nei media dominanti. Queste donne hanno assunto ruoli centrali nella rivendicazione di politiche pubbliche per sfidare le disparità e allargare la dimensione umana dei diritti civili. In questo modo, sono riuscite a promuovere cambiamenti nei loro quartieri, aprendo nuovi spazi nell’immaginario popolare e nelle relazioni sociali. Nel loro ambizioso impegno, dalle arti alla pratica sociale e politica nei distretti marginali, la presenza di queste donne risuona in tutta la città. (...)

Il loro percorso di vita – soprattutto quello delle donne nere e meticce che costituiscono la maggioranza – è animato da un istinto di sopravvivenza, sia per loro che per le loro famiglie. Costruiscono reti di solidarietà incentrate sul tenersi in vita e rafforzare la dignità. Mentre subiscono le peggiori conseguenze dell’ineguale assetto sociale del Paese, sono proprio loro che producono i mezzi per trasformarlo, ampliando la mobilità in tutte le sue dimensioni. (...) Di fronte alla crescente ondata di femminicidi in Brasile, il termine “sopravvivere” va oltre la salvaguardia della vita. Sopravvivere si riferisce anche alle condizioni di vita, all’alimentazione, a una vita sana, all’abbigliamento, alle scuole, alle condizioni di lavoro, alla mobilità e all’accesso al tempo libero e all’arte; va al di là di qualsiasi definizione puramente economica e include le molteplici dimensioni della vita.

Attualmente, i corpi delle periferie sono il principale luogo di sfruttamento, di privazione dei diritti e di controllo imposto dall’ordine capitalista, avendo questi sostituito il 'corpo industriale'. In questo contesto, le donne nere delle periferie, specialmente le donne delle favelas, costituiscono la risorsa primaria per raggiungere la convivenza con la differenza e per superare le disuguaglianze imposte dal maschilismo, dal razzismo e dalla crescita dell’ideologia xenofoba. Anche se l’attivismo culturale e la militanza politica di queste donne sono inizialmente legati a questioni locali e intimamente vincolati alle condizioni oggettive e soggettive delle loro vite, i passi fatti su scala locale hanno un impatto sulla città intera. In questo senso, sono molte le donne delle favelas che si sono distinte e le cui azioni e rappresentazioni vanno oltre l’ambiente che prevale nelle loro vite. Non si tratta di definire queste donne come particolarmente illuminate o speciali, ma di porre l’accento su traiettorie, incontri, percezioni dell’io e del-l’altro, opportunità e impegno per le questioni sociali. (...)

La sfida sta nel proporre modi efficaci di vedere, sentire e pensare un mondo in costante cambiamento. (...) Si deve mettere al centro come attori sociali coloro che sono ai margini e nelle favelas di tutto il Brasile. La costruzione delle strutture che favoriscono l’emancipazione dei poveri, delle donne nere, affinché assumano il ruolo di una cittadinanza attiva che lavori per la realizzazione di una città dei diritti, rappresenta un aspetto fondamentale della rivoluzione di cui ha bisogno il mondo contemporaneo.

Marielle Franco

Marielle Franco - archivio

Una voce di speranza e di eroica resistenza

Lucia Capuzzi

«Sono una donna nera ma ho detto spesso che prima di rivendicare e comprendere cosa significasse essere una donna nera in questo mondo, io ero già una favelada ». Così si presenta Marielle Franco, il 16 maggio 2017, di fronte alle giornaliste Marcella Meireles, Helena de Saviano, Mayra Chomski e Lucas Machado, che la intervistano per 'Revista Subjetiva'. L’essere una favelada, cioè residente di una delle 1.100 baraccopoli aggrappate sulle colline di Rio de Janeiro, per Marielle, nata e cresciuta nella favela di Maré, non è solo un dato di fatto. È una prospettiva politica. Significa guardare la realtà dal punto di vista degli eterni esclusi del sogno brasiliano, da cui li separa un recinto, al contempo invisibile quanto insuperabile, come quello tra la favela e il resto della città. Non, però, per limitarsi a una sterile denuncia.

Per Marielle Franco, sociologa e politica, l’analisi della situazione si accompagna alla determinazione a cambiarla, con immaginazione e coraggio. L’immaginazione e il coraggio a cui le donne e gli uomini delle favelas devono fare ricorso, giorno dopo giorno, per sopravvivere. Per questo, quando entra in Comune, come quinta consigliera più votata alle municipali del 2016, il suo sogno è 'favelizzarlo': abbatterne i muri per farvi entrare la vita reale della stragrande maggioranza della popolazione, che viene tenuta ai margini. Il 14 marzo di quattro anni fa, una raffica di proiettili ha stroncato la battaglia non violenta di Marielle, assassinata insieme all’autista Anderson Gomes mentre rientrava a casa. Al contempo, però, il clamore dell’omicidio ha catapultato la sua lotta sulla ribalta internazionale. Due ex poliziotti sono stati arrestati e condannati come esecutori materiali del crimine. I mandanti restano, tuttavia, ignoti per quanto i sospetti si concentrino sulle milicias: gruppi di agenti attivi e in pensione che taglieggiano gli abitanti di varie favelas.

A garantire l’impunità dei milicianos le loro connessioni con la politica. Gli stessi figli del presidente Jair Bolsonaro sono accusati, da più parte, di legami con le milicias. Invece di concentrarsi sulla morte di Marielle oggetto di costante e, spesso, sensazionalistica attenzione mediatica - il libro Laboratorio favela. Politica e violencia a Rio de Janeiro, pubblicato da Tamu (pagine 224, euro 15), preferisce dare spazio alla sua esistenza e al suo impegno. Vi sono così raccolti discorsi (proponiamo un estratto da quello pronuciato l’1 agosto 2017), interviste e la stessa tesi magistrale in sociologia della consigliera, a partire dall’edizione argentina curata dalla casa editrice Tinta Limón e aggiungendo piccoli adattamenti per renderlo più comprensibile al pubblico italiano. Affinché attraverso queste pagine, la voce di resistenza e speranza di Marielle Franco continui a risuonare.



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