mercoledì 11 maggio 2016
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Se raccontare la mafia è ormai impresa ardua dopo tanti capolavori cinematografici, televisivi e letterari, la lotta alla criminalità sul grande schermo rischia di essere un argomento ancora più spinoso e delicato, terreno fertile di esercizi retorici, scontate mitologie e stucchevoli agiografie. Il 23 e 24 maggio però, per commemorare la morte di Giovanni Falcone nella strage di Capaci, arriva sugli schermi Era d’estate di Fiorella Infascelli che restituisce una delle stagioni più drammatiche della recente storia italiana attraverso il racconto dei giorni in cui Falcone e Borsellino, allontanati da Palermo con le rispettive famiglie dopo la minaccia di attentato intercettata dai Carabinieri dell’Ucciardone, sbarcano sull’isola dell’Asinara. Siamo nel 1985, a pochi mesi dal maxiprocesso, e i due magistrati vivono una frustrante condizione di reclusione e di attesa. L’attesa dei documenti che consentiranno loro di continuare a lavorare, ma che non arrivano mai. Intanto si ride, si discute, si nuota, si mangia tutti insieme, in una sorta di vacanza forzata che condurrà a molte scoperte. La forza del film, che la regista ha dedicato a suo marito Alfonso e ad Agnese Borsellino, entrambi scomparsi, sta allora nella scelta di mettere in scena le vite quotidiane dei due protagonisti, il loro rigore morale, la voglia di vivere e scherzare, la paura e il coraggio di non arrendersi. E nella capacità di trasformare una storia italiana in un apologo sulla condizione umana che va ben oltre i fatti di cronaca. E seppure la fine di questa vicenda sia nota, il film, intriso di gioia di vivere e lottare, riesce a farci dimenticare il triste destino che colpì Falcone e Borsellino nel 1992, e a sperare in un esito diverso. «Il film racconta la passione di Falcone e Borsellino per la verità, la loro voglia di lavorare, il rigore che li caratterizzava. Ma anche la loro allegria e l’ironia. Incontrare la famiglia Borsellino prima di scrivere la sceneggiatura è stato di grande aiuto, Agnese, la moglie di Paolo, mi ha dato grande forza, mi ha incoraggiato a sentirmi libera di inventare, ha avuto un ruolo fondamentale nel farmi comprendere lo spirito che animava suo marito e Falcone. Scrivevano l’uno per l’altro almeno un necrologio al giorno, si prendevano gioco della morte, e quando scoppiava l’allarme bomba in procura restavano ai loro posti perché c’era troppo da fare. E io d’altra parte non volevo realizzare un film mortifero. All’Asinara ci sono il mare, i colori, e loro potevano finalmente guardarsi intorno. A Palermo, circondati da molte guardie del corpo, avevano un campo visivo molto ristretto, mentre sull’isola il loro sguardo poteva finalmente spaziare. Anche le loro mogli, Agnese e Francesca, vivevano un senso di attesa, che per loro però assumeva un significato diverso. Agnese, che aveva paura dell’acqua, in quelle settimane imparò a nuotare». Dopo l’uscita evento nelle sale, il film potrebbe cominciare un percorso tra gli studenti delle scuole. «Tutti i giovani dovrebbero sapere cosa hanno fatto Falcone e Borsellino, cosa accadeva in quegli anni, il significato della lotta alla mafia in quel periodo, cos’è stato il maxiprocesso, che oggi non sarebbe più ripetibile in nessuno paese al mondo, se non altro per gli alti costi. Parteciparono 780 giornalisti, mille avvocati, i due giudici smossero mari e monti. Moltissime persone ricordano esattamente dov’erano nel momento delle stragi di Capaci e via d’Amelio perché a Falcone e Borsellino sono tutti legati da sincero affetto e ammirazione. Oggi non riesco a pensare a nessun politico e rappresentante delle istituzioni che sia così amato e stimato come lo furono loro». © RIPRODUZIONE RISERVATA I mesi all’Asinara, nel 1985, prima del Maxiprocesso. Il film “Era d’estate” della Infascelli fa sognare un finale diverso FILM. “Era d’estate”
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