giovedì 20 aprile 2017
La Fiera di Rho mostra i muscoli con le grandi concentrazioni editoriali che cercano di rilanciare un settore ancora in crisi. Il ministro Franceschini assicura: «Ce la faremo come con arte e cinema»
Lettori forti e visitatori ieri negli stand accorsi alla prima giornata della kermesse «Tempo di libri»

Lettori forti e visitatori ieri negli stand accorsi alla prima giornata della kermesse «Tempo di libri»

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Orientare ci si orienta in fretta. Non solo perché i due padiglioni di Fiera Milano in cui si svolge “Tempo di Libri” sono uno a fianco dell’altro e il numero degli espositori è alto ma non esuberante. Sono 552, per l’esattezza, e qui viene il bello. Perché sì, ci sono i famosi grandi gruppi, le major, i conglomerati editoriali nati negli ultimi mesi da fusioni e acquisizioni. Dipende anzitutto dalla loro presenza, più che evidente, se il visitatore riesce a muoversi senza perdere la bussola in questa Fiera dell’editoria italiana di cui si è inaugurata ieri la prima edizione (la manifestazione si concluderà domenica).

Nel cuore di uno dei due famosi padiglioni, per esempio, c’è la postazione del gigante di Segrate: Mondadori e Rizzoli, Einaudi e Piemme, Fabbri e Sperling & Kupfer. Tutti radunati in un bel quadrilatero da accampamento romano, con tanto di camminamento centrale. Ma basta sporgersi un po’ ed ecco che, proprio alle porte della roccaforte, spuntano gli avamposti di sigle nuove e nuovissime, come Sem, che sta per Società editrice milanese ed è guidata da due fuorusciti mondadoriani, Riccardo Cavallero e Antonio Riccardi. E a fianco di Sem sta La Nave di Teseo, fondata da Elisabetta Sgarbi quando ancora pareva che Bompiani dovesse restare nel paniere di Segrate. Ad assicurarsela, alla fine, è stato invece il Gruppo Giunti, il cui stand si intravede poco oltre il confine con l’altro padiglione, dove dominano le postazioni di Gems (il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, con Longanesi, Guanda, Ponte alle Grazie, Bollati Boringhieri eccetera), di Feltrinelli, di Newton Compton e di altre realtà ben consolidate sul mercato italiano. Il quale però continua a dare segnali di ripresa molto modesti, come confermano i dati diffusi ieri dall’Aie, l’Associazione italiana editori che di “Tempo di Libri” è stata la principale fautrice. A discapito del Salone del Libro di Torino, si dice e si ripete, e negare che lo strappo ci sia stato è davvero impossibile. Durante la cerimonia inaugurale qualche relatore se lo lascia scappare senza mezzi termini, mentre il sindaco di Milano, Beppe Sala, invoca il fair play e il presidente dell’Aie, Federico Motta, quasi si commuove nel ricordare la marcia a tappe forzate dell’ultimo semestre. A Torino, tra meno di un mese, il Salone si farà lo stesso e nel piccolo mondo dell’editoria serpeggia un clima da sfida calcistica, come se in questa partita uno potesse vincere e l’altro perdere. Come se non fosse in gioco, invece, il destino di un settore che nei primi tre mesi del 2017 – eccoli, i dati elaborati dall’Aie sulla base delle rilevazioni Nielsen – ha fatto registrare una flessione del 2,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Per scorgere un segnale di ripresa bisogna fare i conti in un altro modo, e allora ci si accorge che nell’ultimo triennio l’editoria italiana ha riguadagnato un flebile 0,3%. Guidano le vendite la narrativa (38,4%) e i libri per ragazzi (22,8%), mentre da noi la saggistica non riesce a ottenere la stessa rilevanza che ha invece in altri Paesi.

Si può invertire la tendenza? Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franeschini, è convinto di sì. Ce l’abbiamo fatta con i musei, rivendica durante l’inaugurazione della Fiera, ce la stiamo facendo con il cinema, ce la faremo senz’altro con l’editoria. Lancia la proposta di finanziare la traduzione di opere italiane all’estero e insiste su un tema a lui caro, quello della collaborazione che la tv è chiamata a dare per la diffusione della lettura. Nel frattempo ci si si affida ai cosiddetti “lettori forti”, che secondo uno studio dell’Aie (abituatevi, in questi giorni la sigla ricorrerà spesso) rappresenterebbero poco meno della metà della popolazione. Anzi, a frequentare la parola scritta sarebbe addirittura un vertiginoso 83% degli italiani. Valutazione generosa, che si fonda su una prospettiva di ricerca innovativa: a essere conteggiate sono anche le risorse di digitali, social network compresi, con la conseguente suddivisione in diverse tribù, la più popolosa delle quali pare sia quella dei “tecnocuriosi”, un buon 32% di utenti capaci di passare con disinvoltura dal cartaceo all’e-book.

Sarà anche per questo, probabilmente, che all’Italia guardano con interesse anche i grandi gruppi internazionali. A Rho il caso più vistoso è quello di Harper Collins, fondata a New York esattamente due secoli e oggi attiva in diciotto Paesi. La filiale italiana è stata impiantata nel 2015 e, dopo un periodo di ambientamento, da qualche mese ha preso slancio con la nomina a direttore generale di Laura Donnini, manager con esperienze di vertice in Mondadori e Rizzoli. Per illustrare il progetto in corso si ricorre alla nozione, all’apparenza impegnativa, di “intelligenza collettiva”. Poi, ad ascoltare meglio, si capisce che una ragione c’è: «Il rapporto con la casa madre è strettissimo – spiega Laura Donnini – ma a livello locale ogni editore è libero di operare le sue scelte e di esprimere le sue valutazioni. Le informazioni vengono subito messe in comune, in una prospettiva che non riguarda solo l’editoria libraria, ma anche la produzione televisiva e cinematografica». Non senza ambizioni letterarie, andrà aggiunto: fra le novità che Harper Collins Italia ha portato a Rho figura anche La migliore delle vite dello spagnolo David de Juan Marcos, che la critica ha paragonato a García Márquez e a Cortázar.

Ma tutto questo non basta per fare di “Tempo di Libri” la fiera dei colossi. Proprio dirimpetto ad Harper Collins, infatti, si trova lo stand di NNE, la piccola realtà milanese che in soli due anni è riuscita a imporsi con i romanzi dell’americano Kent Haruf, fino al best seller Le nostre anime di notte. E tra un padiglione e l’altro, mentre si tiene a mente la posizione degli editori di maggior richiamo e tradizione, ci si imbatte in scoperte sorprendenti, come quella della romana Atmosphere, che propone Dostoevskij e Kafka ai ragazzi, o della raffinata Damiani, che alle versioni di pregio dei classici affianca una saggistica molto combattiva. In catalogo, tra gli altri, c’è il polemista francese Éric Zemmour ( Un quinquennio per nulla, Il suicidio francese) che sabato sarà protagonista di un dialogo con Filippo La Porta. Autore Bompiani, quest’ultimo. Così, per orientarsi.

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