venerdì 5 dicembre 2008
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Marcello ha dieci anni. E suo nonno, come fosse una favola, gli ha raccontato più volte le vicende di Don Carlo e di Elisabetta. Stefano e Lorenzo, che sotto il piumino hanno giacca e cravatta, ma ai piedi scarpe da tennis, vengono da Torino, hanno vent'anni, e per la prima volta sono alla Scala. I venti ragazzi della scuola musicale di Vedano Olona, pronti per salire in galleria, hanno letto la partitura con la loro insegnante. Tutti, ieri sera, si sono messi in fila con in mano la carta d'identità " perché i cartelli appiccicati sulle porte parlano chiaro: «Lo spettacolo è riservato ai giovani con meno di 26 anni» " per quella che, sulla carta, è stata chiamata Anteprima, ma alla prova dei fatti si è rivelata la vera Prima della Scala. Milleottocento ragazzi hanno applaudito, alla fine per ben dodici minuti, a tratti con tifo da stadio, il Don Carlodi Verdi, grazie all'intuizione del sovrintendente Stéphane Lissner che ha aperto le porte alla vigilia di Sant'Ambrogio. «L'emozione di vedere così tanti giovani in sala è forte» commenta Lissner nel foyer, mentre due ragazzi si fanno fotografare accanto al busto in marmo di Verdi. Cinque minuti accademici: alle 18,05 il sipario si alza sull'allestimento del regista Stéphane Braunschweig dove sogno e realtà sono in continua dissolvenza. «L'idea di duplicare i personaggi con controfigure di bambini funziona " dice il quasi 18enne Giulio, capelli lunghi, per la prima volta alla Scala " perché aiuta a farsi coinvolgere dalla storia: non credevo, ma l'opera è meglio del cinema». Davide, 17 anni, arriva da Latina, ha una folta chioma rasta in testa e non stacca gli occhi dai videolibretti: «Mi aiuta a capire meglio la vicenda perché forse, per una prima volta alla Scala, quattro ore di opera sono un po' troppe». Non staccano invece gli occhi dal palco tre amiche di Monza. Paola apprezza Dalibor Jenis, che interpreta Rodrigo: «Ha una bella voce, ma è anche un bel ragazzo». Mentre Alice e Martina sono coinvolte dallo squillo di Ferruccio Furlanetto, che è il re di Spagna Filippo II, oltre che dai protagonisti Giuseppe Filianoti (Don Carlo) e Fiorenza Cedolins (Elisabetta). Approfittando di un cambio di scena, qualcuno manda un sms: «Sono alla Scala. Tutto benissimo. Tvb». «Gatti dirige benissimo» dice Stefano, studente di sax in conservatorio, che sogna un giorno di suonare alla Scala ed è ancora affascinato dall'effetto delle trombe che Gatti ha voluto sopra il lampadario della sala. L'idea di Lissner funziona, anche perché i ragazzi sembrano specchiarsi nei personaggi dell'opera: Don Carlo che sfida il padre per difendere i fiamminghi, oggi scenderebbe in piazza con gli studenti che manifestano. Eboli, se dovesse dare un appuntamento notturno a Carlo, forse manderebbe una mail o magari contatterebbe l'infante su Facebook. «Abbiamo lavorato per loro, senza i quali la lirica sarebbe destinata a finire» dice Braunschweig mentre torna dietro le quinte dopo aver ricevuto il lungo applauso dei ragazzi. Fuori niente contestazioni, niente curiosi come alla Prima, ma la Milano avvolta nella nebbia. Jacopo sorride: «Ho 26 anni, sono entrato per un pelo e ho fatto una fatica immane per trovare il biglietto, ma ne è valsa la pena: difficilmente dimenticherò l'emozione di questa Prima».
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