giovedì 10 agosto 2023
L'autrice di "Accabadora" aveva 51 anni. Attivista per i diritti della comunità Lgbtqi+, legata alla sua formazione cattolica, a maggio aveva rivelato di soffrire di un cancro ai reni
La scrittrice Michela Murgia

La scrittrice Michela Murgia - Tv2000

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Il funerale di Michela Murgia sarà alla Basilica di Santa Maria in Montesanto, la chiesa degli Artisti a Roma, alle 15.30 di sabato 12 agosto.

Michela Murgia si è spenta giovedì sera, dopo una malattia che negli ultimi mesi aveva deciso di condividere socialmente con il pubblico dei suoi lettori. Quando ha capito che il tempo che le rimaneva non era più molto, ha voluto parlare apertamente di sé, della propria sofferenza e delle proprie speranze, della sua "famiglia allargata" e della sua sessualità "non binaria" («Sposo un uomo, ma poteva esserci anche una donna», aveva detto annunciando il proprio matrimonio civile con l'attore Lorenzo Terenzi, celebrato a luglio "in articulo mortis", vale a dire nell'imminenza di un pericolo di vita), insomma di quei temi che ora declinava in prima persona, sulla propria pelle, dopo aver contribuito, con il proprio lavoro intellettuale, alla loro affermazione nel dibattito pubblico.

Nella figura di Michela Murgia si sommano infatti due profili: scrittrice e attivista. Due realtà che si sono sempre più intrecciate negli ultimi anni, man mano che l'impegno per i diritti delle donne e dei soggetti Lgbtqi+ ha preso sempre più spazio nella scrittura e nella sua presenza mediatica, al punto che la sua stessa produzione letteraria è apparsa in diversi casi essere come al servizio della causa.

Michela Murgia era nata a Cabras (Oristano) nel 1972. Prima di dedicarsi alla scrittura, ha fatto studi teologici e lavorato come insegnante di religione, impiegata, portiera di albergo e operatrice in un call center: durante quest’ultima esperienza nasce il suo primo libro, Il mondo deve sapere (Isbn Edizioni 2006). Assunta nel call center di una multinazionale, che la incarica di vendere un costoso aspirapolvere, l’autrice racconta con verve il lato grottesco di un mondo dove conta soltanto il lucro. L'opera era nata da un blog, nel quale Murgia aveva raccontato – un post dopo l’altro – la sua avventura professionale: un mese passato a chiamare numeri forniti dall’azienda, insieme a centinaia di colleghi, allo scopo di combinare appuntamenti per mostrare a domicilio le potenzialità del mirabolante elettrodomestico. Da quel libro sono stati tratti nel 2008 un'omonima opera teatrale e il film di Paolo Virzì Tutta la vita davanti.

In quello stesso 2008 Michela Murgia pubblica Viaggio in Sardegna, in cui riprende un blog ("Il mio Sinis") dove descriveva i luoghi meno conosciuti della sua terra. A quel libro segue nel 2010 Accabadora (Adelphi), senz'altro il suo romanzo più bello, che non a caso si guadagnò i prestigiosi premi Super Mondello e Super Campiello. Un libro "scomodo", che affronta, per via di parabola narrativa, temi controversi e quanto mai attuali: quelli dell'accanimento terapeutico, della sospensione dei trattamenti clinici ai pazienti terminali e anche, nella storia raccontata, dell'eutanasia attiva. “Accabadora” è infatti, nel dialetto sardo, la figura di una sorta di levatrice al rovescio (dallo spagnolo acabar, cioè “finire”), cioè una donna che aiuta non a nascere, ma a morire, quasi un'eutanasista ante litteram. Da un punto di vista narrativo, il romanzo è assai efficace: la storia è molto ben condotta, il ritmo accattivante, lo stile originale per la presenza di una dialettalità più fraseologica che lessicale. Rimane però problematica un'idea sottesa al romanzo, cioè quella della dimensione “pietosa” e “umana” dell'eutanasia. Anche se l'autrice ha negato che si trattasse di un romanzo "a tesi". Quando, a ridosso della vittoria del Campiello, avevo avuto occasione di intervistarla, mi aveva detto: «Su questo argomento così complesso non ho certezze, perché la coscienza non si può esprimere a prescindere dalla situazione concreta». Dopo la maturità, Michela Murgia aveva conseguito una laurea in teologia, era stata a lungo animatrice in Azione Cattolica e insegnante di religione: «È stato proprio lo studio della teologia a educarmi a una cultura della domanda. Mentre oggi siamo circondati da persone che hanno il culto della risposta».

L'interesse per le questioni religiose, oltre che per quelle etiche e sociali, attraversa molta della sua successiva produzione. Nel 2011 esce Ave Mary, riflessione sul ruolo della donna nel contesto cattolico, un libro scritto per interrogarsi «su quanto c’è della narrazione mariana, tradizionalmente promossa dalla Chiesa cattolica, nelle donne di oggi». Il libro è un vivace pamphlet a metà strada tra ricordi personali (le esperienze nella vita di parrocchia) e riflessione teologica. Così, in un'altra intervista, mi aveva spiegato l'origine di quel libro, formulando un auspicio: «Negli anni Settanta il movimento femminista ha portato avanti delle forti azioni di rottura, anche con una contrapposizione frontale alla Chiesa cattolica, vista come una forza conservatrice, ostile a ogni progresso, fautrice di immutabili modelli patriarcali. A sua volta la Chiesa si è irrigidita, respingendo le donne, anche quelle credenti, vicine al femminismo e alle sue rivendicazioni. È stato un peccato, perché il rinnovamento iniziato attraverso il Vaticano II avrebbe sicuramente guadagnato molto dall’apporto di queste intelligenze costruttive. Oggi i tempi mi sembrano maturi per un dialogo autentico».

Tra le sue opere successive, ricordiamo L'incontro (Einaudi 2012), romanzo di formazione di ambientazione sarda che affronta i temi della condivisione e delle affinità; «L'ho uccisa perché l'amavo». Falso!, saggio sul femminicidio scritto con Loredana Lipperini (Laterza 2013); Chirù (Einaudi 2015), romanzo incentrato sulle complesse affinità elettive tra una donna di mezza età e un ragazzo più giovane; Futuro interiore (Einaudi 2016), saggio sulla generazione dei nati negli anni Settanta del secolo scorso. E ancora, per citare alcuni dei titoli più recenti, il memoir L'inferno è una buona memoria (Marsilio 2018, nuova edizione Feltrinelli 2021), il saggio Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi 2018), il romanzo Tre ciotole (Mondadori 2023).

Ma è forse nel suo penultimo libro, God Save the Queer. Catechismo femminista, uscito l'anno scorso per Einaudi, che è contenuto il vero testamento, morale e spirituale, di Michela Murgia. "Queer" è tutto ciò che non è conforme, che non si identifica nei percorsi fissati una volta per tutte, uguali per tutti. È un libro che, a dispetto di un titolo che potrebbe irritare qualcuno, si rivela molto sincero (Murgia racconta di se stessa e della propria formazione cattolica) e molto rispettoso della dimensione religiosa. Il cristianesimo - afferma l'autrice - non è la religione dell'"aut-aut" (o questo o quello), bensì dell'"et-et", che tiene insieme elementi opposti (tali almeno nella "doxa", l'opinione comune): Dio è uno e trino, Cristo è vero Dio e vero uomo, Maria è vergine e madre... e potremmo continuare. Un credo, insomma, che fa dell'apertura, dell'accoglienza e dell'inclusività (soprattutto di chi sta ai margini o alle "periferie", fisiche ed esistenziale) la propria cifra distintiva. Come papa Francesco non si stanca mai di ripetere a proposito della sua idea di Chiesa. Un'idea di fondo che, pur con accenti diversi, anche Michela Murgia sosteneva: con inquietudine, ma anche con grande trasparenza.

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