mercoledì 2 dicembre 2015
​Gli atleti sono accusati di avere evitato i controlli. Tra loro nomi di spicco che rischiano di saltare Rio de Janeiro. Per altri 39 è stata chiesta l'archiviazione.
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Una vera e propria bufera scuote il mondo dell'atletica leggera italiana nella stagione che porta alle Olimpiadi di Rio 2016. La Procura Antidoping della Nado Italia, "sulla base delle indagini 'Olimpia' svolte dalla Procura della Repubblica di Bolzano ed agli esiti degli accertamenti svolti in ambito sportivo" ha deferito 26 dei 65 atleti che erano stati sentiti per presunta violazione degli articoli 2.3 (eluso controllo) ed art. 2.4 (mancata reperibilità) delle norme sportive antidoping chiedendo per tutti una squalifica di due anni, e di conseguenza la mancata partecipazione ai Giochi brasiliani. Fra loro nomi di primissimo piano a partire dalla medaglia di bronzo del salto triplo a Londra 2012, Fabrizio Donato, e dal campione europeo di maratona Daniele Meucci. Nella lista anche Andrew Howe, Simone Collio, Giuseppe Giblisco (ora ritiratosi) e Daniele Greco, quarto a Londra nel salto triplo. La procura, allo stesso tempo, ha chiesto l'archiviazione per altri 39 atleti, tra i quali Libania Grenot, Alex Schwazer e Valeria Straneo. Le audizioni degli 'irreperibili' della procura antidoping del Coni erano iniziate a gennaio 2015. Il presidente della Fidal, Alfio Giomi, ha immediatamente ribadito "la totale fiducia nell'operato della procura, auspicando una rapida conclusione dell'iter giudiziario". Allo stesso tempo però il numero uno dell'atletica italiana ha specificato che: "non si tratta di missed test (mancato controllo) ma di filling failure (mancata comunicazione). Ai fini delle Norme Sportive Antidoping approvate dal Coni hanno lo stesso peso ma sono infrazioni diverse". Secondo Giomi: "E' incredibile come non sia stata comminata alcuna sanzione in occasione delle prime infrazioni, cosa che, probabilmente, avrebbe fatto capire a tutti quanto grave fosse l'inadempienza". Un ragionamento in difesa degli atleti: "scaricare le responsabilità su di loro è troppo semplice - argomenta - L'atleta è il punto di partenza e di arrivo di tutto il movimento sportivo, ma in mezzo ci sono tecnici, società, federazioni, Coni. Assumiamoci tutti la nostra responsabilità". Infine Giomi fa una specifica sui motivi del deferimento: "nel caso di mancata comunicazione non si parla di atleti dopati nè possiamo accostare automaticamente a tale problema l'idea di atleti che in odore di doping si siano sottratti ai controlli". "Superficialità e negligenza sono pessimi compagni di strada, ma il doping è un'altra cosa", conclude.
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