sabato 11 aprile 2020
L’attore Terence Hill: «Il successo del mio don Matteo lo ha spiegato Chesterton: il prete arriva prima del poliziotto perché conosce l’anima delle persone. Questo è il tempo di capire chi siamo»
Terence Hill e Nino Frassica nella serie di Rai 1 "Don Matteo"

Terence Hill e Nino Frassica nella serie di Rai 1 "Don Matteo" - Archivio

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Anche don Matteo deve fare i conti con l’emergenza Coronavirus. Come tutti noi, infatti, in questi giorni Terence Hill è a casa, in Umbria. Ma, nonostante le restrizioni, i giorni scorsi gli hanno regalato una bella notizia: la Rai ha deciso che la tredicesima stagione della serie si farà e Rai Fiction e Lux Vide sono già al lavoro per progettarla: «Sono molto contento. Don Matteo ha ancora molto da dire al pubblico. E grazie al suo protagonista, che è un personaggio epico, potrebbe andare avanti all’infinito».

Dopo oltre duecentocinquanta episodi, con ascolti sempre al top, si può ancora migliorare?

È quello che cerchiamo di fare ogni volta. Non è sempre facile ma ci proviamo. Per la prossima stagione, ad esempio, io vorrei suggerire ai produttori di cambiare la struttura della serie e renderla simile a quella del Commissario Montalbano che esce con due nuovi film ogni anno. Quest’anno con Don Matteo abbiamo proposto dieci prime serate ma, in passato, siamo arrivati anche a tredici. Ciò vuol dire che per ogni stagione ci vogliono quasi due anni di lavoro: uno per la scrittura e nove mesi per le riprese. La mia idea è realizzare cinque film per volta. In questo modo anche i tempi di lavoro si ridurrebbero e il pubblico avrebbe un Don Matteo ogni anno.

Ha qualche idea anche per i temi del- le puntate? Nella stagione che si è conclusa da poco ciascun film era ispirato a uno dei Dieci Comandamenti.

Inizialmente il riferimento ai Comandamenti mi aveva lasciato perplesso, temevo che diventassimo troppo seriosi o, persino, noiosi. Invece si è rivelata una scelta azzeccata perché il Comandamento c’era ma dovevi andare a cercarlo. Comunque, per quanto riguarda la scelta degli argomenti, la lascio agli autori che sono fortissimi. Io al massimo suggerisco qualche spunto per il mio personaggio. Se, però, devo pensare a un’idea, ne avrei una simpatica per una puntata con Pippo e Natalina che, per convincere don Matteo a cambiare la bicicletta, gli nascondono la sua, fingendo che sia stata rubata, e gliene regalano una nuova. Lui, però, la trova e vende quella nuova, preferendo la sua anche se un po’ sgangherata.

Un po’ come la tonaca, che è sempre la stessa fin dalla prima puntata, lisa e con un bel po’ di rattoppi.

Negli anni me ne hanno fatte altre ma le ho appese in camerino. Per fortuna da quando c’è papa Francesco la mia scelta non è più criticabile!

Dalla prima puntata sono passati ben vent’anni eppure Don Matteo continua a essere straordinariamente attuale. Come se lo spiega?

Prima di tutto perché Don Matteo non segue le mode. Poi penso che sia anche grazie al suo riferimento letterario. È vero che, diversamente da Montalbano, noi non abbiamo un riferimento letterario ma la serie è, comunque, ispirata a Chesterton, lo scrittore protestante poi diventato cattolico che ha creato il personaggio di Padre Brown, il prete investigatore. Chesterton diceva che, tra un prete e un poliziotto, il prete arriva sempre prima alla soluzione dei casi perché conosce l’anima delle persone. Esattamente quello che succede in Don Matteo.

Ispirazioni letterarie a parte, una delle chiavi del successo di Don Matteo è sicuramente il cast. Il pubblico ha accettato di buon grado anche le sostituzioni dei capitani dei carabinieri che si sono avvicendati che, pure, erano molto amati: Flavio Insinna e Simone Montedoro.

Penso che anche la nuova capitana, Maria Chiara Giannetta, abbia fatto un ottimo lavoro. È stata bravissima. Nella prossima stagione, insieme a don Matteo e al maresciallo Cecchini, lei dovrà necessariamente esserci così come Pippo e Natalina. Poi, siccome in ogni stagione, si cercano nuovi personaggi, potremmo avere qualche nuovo arrivo in canonica. Anche questa è una scelta che spetta agli autori.

In questo periodo la Chiesa è impegnata a sostenere spiritualmente e materialmente i fedeli che si trovano in difficoltà a causa del Coronavirus. Se andasse in onda, cosa direbbe don Matteo ai suoi parrocchiani?

Li esorterebbe a stare a casa e ad ascoltare ciò che dice papa Francesco. È lui il nostro punto di riferimento. E, poi, gli consiglierebbe di approfittare di questo periodo in cui dobbiamo stare a casa per riflettere e porsi domande come: «Chi sono? Dove voglio andare?». Così, quando usciremo, avremo maggiore consapevolezza e, forse, maggiore serenità per affrontare la vita.

Lei come sta affrontando l’emergenza?

Come tutti: rimango a casa ed esco solo una volta a settimana per andare a fare la spesa, preferibilmente nelle ore di minore affollamento. Per fortuna sono in Umbria, in mezzo al verde; a Roma sarebbe stato sicuramente più complicato. A causa del virus non sono potuto partire e andare a casa mia, in Massachu-setts, dove vado sempre alla fine delle riprese di Don Matteo per stare un po’ con mio figlio, che vive lì, e salutare i miei amici.

Approfitterà di questo periodo di riposo anche per pensare a qualche nuovo progetto?

Lo vorrei tanto ma la verità è che mi sto, appunto, riposando. Le riprese di Don Matteo sono durate nove mesi e quando sono sul set riesco a dormire al massimo sei ore per notte. Ora, finalmente, ne dormo anche otto di fila! Uno dei pochi vantaggi di questo tempo...

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