mercoledì 28 agosto 2013
Il cardinale Betori alle esequie ieri a Firenze: «L’annuncio del Vangelo nella cultura del tempo è stata la ragione stessa del suo ministero»​
COMMENTA E CONDIVIDI
«Ci ritroviamo attorno all’altare per dare l’estremo saluto e accompagnare con la preghiera all’incontro con il Signore un nostro fratello presbitero, che con il suo pensiero e con la sua presenza pastorale ha segnato in modo significativo la vita della nostra Chiesa locale». Così il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ha introdotto ieri, a San Silvestro a Ruffignano, l’omelia in occasione del funerale di don Enrico Chiavacci, lasciando, come sempre fa dal suo ingresso in diocesi, «il ricordo della persona a chi gli è stato particolarmente vicino»: nel caso specifico al preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale, don Stefano Tarocchi.
Riferendosi alle letture bibliche del giorno, Betori ha comunque fatto riferimenti alla figura del teologo moralista scomparso nella notte tra sabato e domenica all’età di 87 anni: ha ricordato innanzitutto come Chiavacci avesse fatto «dell’annuncio del Vangelo nella situazione culturale dei nostri tempi la ragione stessa del suo ministero» (tra le opere di don Enrico Teologia morale, 1988-1998; Lezioni brevi di etica sociale, 1999; e Lezioni brevi di bioetica, 2000). «Ho riletto con commozione la densa corrispondenza tra don Enrico e i suoi vescovi», ha raccontato il Cardinale: «Vi si può ritrovare, pur in situazioni non facili da discernere nel contesto dei tempi, il desiderio di incarnare il Vangelo nella concretezza della storia nella fedeltà a Dio». «C’è una stretta connessione tra la limpidezza delle intenzioni nel trasmettere la Parola e la correttezza oggettiva dei suoi contenuti. Ed è anche questo – ha aggiunto Betori – uno dei grandi scogli da affrontare per la riflessione teologica e per la Chiesa in genere oggi: veracità e verità non possono non implicarsi, senza che l’efficacia della comunicazione della fede debba sopportare una riduzione dei suoi contenuti, né la riaffermazione di questi diventi ostacolo all’incontro con l’uomo del nostro tempo.
Su questo crinale, in questo 'navigare sempre sul limite', come egli stesso si esprime nel dialogo con il suo vescovo, si è mosso don Enrico Chiavacci», che è stato, a giudizio di don Tarocchi, «maestro e testimone sapiente, lungimirante, appassionato interprete del Vaticano II e della sua dottrina sociale, espressa in particolare dalla Gaudium et Spes. Un interprete capace di anticipare, nella sua lucida analisi, i temi economici e politici che di lì a qualche anno sarebbero diventati stringenti nel sistema complesso della globalizzazione». Tra i numerosi interventi in proposito, 'Pax Christi' (di cui Chiavacci era membro della Commissione dei diritti dell’uomo) ricorda quanto il teologo scrisse a proposito di etica e finanza: «Ritengo che ogni forma di speculazione o di gioco in borsa sia complicità o inavvertita cooperazione con l’idolatria, col male assoluto in radicale opposizione con l’annuncio evangelico». Con le sue riflessioni, don Chiavacci, oltre a mettere in guardia dalla finanza che diventa idolatria, ha accompagnato in questi anni il cammino di approfondimento etico e teologico che conduce a una ferma denuncia della guerra e della corsa agli armamenti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: