sabato 28 novembre 2020
Per la Settimana della Bellezza a Grosseto viene esposta in pubblico per la prima volta l’opera del maestro del Rinascimento, parte della collezione Luzzetti
Divino splendore: il tondo mai visto di Botticelli

Vedere un Botticelli mai visto. È possibile dal 23 ottobre a Grosseto grazie alla Settimana della Bellezza. Il tondo raffigura una Madonna con Bambino, san Giovannino e san Gabriele arcangelo. È una tempera su tavola, realizzata tra il 1485 e il 1490, del diametro di 85 centimetri e fa parte della collezione di Gianfranco Luzzetti, un tempo antiquario, oggi mecenate. Aveva acquistato l’opera, quasi gemella del Tondo Pitti, nel 1985 a un’asta di Christie’s a Londra. «La scheda del catalogo Christie’s – dice Mauro Papa, direttore del Polo culturale Le Clarisse e cocuratore della mostra insieme a chi scrive – attribuiva il tondo alla bottega di Botticelli. L’alta qualità di alcuni importanti dettagli, come il volto della Vergine (derivato dal modello della Primavera e della Madonna della melagrana) o le mani sinuose ed eleganti, fa supporre l’intervento diretto del maestro, pur non giustificando l’autografia assoluta». Importanti storici dell’arte hanno invece attribuito integralmente l’opera a Botticelli: da Dirk Hannema, direttore dal 1921 al 1947 del Museo Boijmans di Rotterdam, a Carlo Hautmann.

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo - Foto Michele Ruffaldi Santori

L’acquisizione del tondo, ora esposto al Polo culturale Le Clarisse fino al 10 gennaio prossimo, rientrava nel bellissimo e coraggioso progetto di Gianfranco Luzzetti: riportare in patria opere di maestri italiani noti e meno noti, tra Medioevo e Settecento, disperse in ogni dove. Luzzetti nasce a Giuncarico, ottantotto primavere or sono, da famiglia povera in una povera Maremma. Ma quel ragazzino intelligente e curioso ha la fortuna di incontrare una nobildonna che lo sostiene negli studi. L’amore per la bellezza farà il resto. Dalla sua galleria milanese in via Montenapoleone organizzerà mostre a Palazzo Grassi a Venezia, a Palazzo Reale a Milano e in tanti musei in Italia e nel mondo. Il tondo è uno dei cuori pulsanti della sua collezione di capolavori.

Lo scorso anno ha donato sessantasette opere di maestri fiorentini e senesi a Grosseto con l’apertura del Museo Collezione Luzzetti. «Il tema iconografico del Tondo Luzzetti – dice Mauro Papa – riflette lo spirito “affettuoso” peculiare della produzione della bottega di Botticelli alla fine del Quattrocento, e riprende un soggetto giovanile modulato sugli esempi più rigidi e distaccati di Filippo Lippi. Per una corretta datazione e contestualizzazione culturale del Tondo Luzzetti è necessario citare il tondo con Madonna con Bambino, san Giovannino, san Michele arcangelo e san Gabriele arcangelo conservato a Palazzo Pitti a Firenze. I due tondi sono identici nella composizione, a eccezione della figura dell’arcangelo Michele che nel Tondo Pitti compare alle spalle di san Giovannino. Le diverse versioni e varianti di questa complessa composizione fanno ipotizzare l’esistenza di un prototipo botticelliano, purtroppo perduto, riprodotto nella bottega per il mercato. Entrambi i tondi (Pitti e Luzzetti) esprimono un linguaggio che Botticelli aveva sviluppato intorno al 1485». I due Tondi incarnano la grazia e il mi- stero che attraversano e danno sostanza a tutta l’opera di Botticelli. Grazia che contraddistingue le sue figure “allungate” (forse ispirate dalle figure di Adamo ed Eva dipinte da Masolino nella cappella Brancacci): così poco sensibili alle leggi di gravità, sembrano lì lì per elevarsi e proiettarsi verso quel cielo in cui la terra trova fecondità e compimento.

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo - Foto Michele Ruffaldi Santori

E poi il mistero. Quello che affonda le sue radici nella notte dei tempi e riporta in vita la mitologia arricchita dalle allegorie degli umanisti. E quello della presenza del divino nella storia degli uomini: la Madonna con il Bambino – soggetto particolarmente amato e più volte raffigurato dal maestro rinascimentale –, la Natività, il Compianto, l’Incoronazione della Vergine… Botticelli, come afferma Giulio Carlo Argan, è il primo pittore che tende al bello come fine supremo e per questa ragione la Primavera e la Nascita di Venere sono le icone del Rinascimento, più ancora della Monna Lisa e di qualunque altro capolavoro che tra Quattrocento e Cinquecento sia stato concepito. Sono opere che segnano la svolta di un’epoca, e sono capaci di accogliere nella bellezza di forme e colori lo spirito del tempo: la poesia di Poliziano, il neoplatonismo di Marsilio Ficino, la gloria dei Medici. Botticelli è tutto questo: “il greco risuscitato” – come amava chiamarlo John Ruskin – in giovinezza e nell’età adulta, e un mistico nella maturità, seguace di Savonarola e della sua teologia del Miserere. Come un monaco ama la stabilitas e le sue radici: non lascerà mai Firenze, tranne che per un breve periodo passato a Roma a decorare la Cappella Sistina. Tanti han parlato della sua melanconia.

Carlo Bo poneva il “velo”, che Botticelli stendeva sui suoi bellissimi volti, come chiave interpretativa dell’opera del maestro: «Ora è proprio questo velo a consentirci la forma più alta di accostamento all’arte del Botticelli, è questo velo a farne uno degli interpreti dell’animo umano in senso assoluto». Forse è più che un velo di melanconia: è la capacità di contemplazione che gli permette di fermare linea, colori e movimento, in un equilibrio che va oltre la pura composizione, e tutto si concentra in quello sguardo fermo e sereno sempre proiettato verso un oltre invisibile agli occhi, ma origine e fine dell’essere. Tutto concentrato, come affermava Bernard Berenson, nella ricerca dei “valori incorporei” e nella sua capacità di dare musicalità al colore. La bellezza di Botticelli vince il tempo perché non è sogno: è spirito incarnato e omaggio allo Splendore.

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo

Sandro Botticelli e bottega (1485 circa), esposto per la prima volta in pubblico a Grosseto, fino al 10 gennaio prossimo - Foto Michele Ruffaldi Santori

La gloria del corpo plasmata dai grandi maestri del Rinascimento è quella che scaturisce da Dio che si fa uomo. E la bellezza a cui dà espressione Botticelli, se da un lato guarda idealmente alla perfezione impossibile dei maestri greci, dall’altro attinge al Signore della vita rinnovando i canoni della tradizione medioevale, ma sempre nel duplice segno dell’Ecce Homo e del Risorto, dell’unica bellezza che abbraccia tutto l’uomo e Colui che dell’uomo si è fatto figlio. La bellezza cristiana non è sogno, non è utopia, è contemplazione del volto del mistero di Cristo nella sua triplice dimensione: il volto dell’Incarnazione, la bellezza disarmante del Bambino di Betlemme; il volto della Passione e del Crocifisso, il Dio che muore perché ama sino alla fine; il volto del Risorto, la bellezza della Gloria e della vita nuova. La bellezza cristiana è questo abbraccio umanissimo e infinito insieme, dove nulla si perde e “tutto è grazia”.

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