martedì 30 aprile 2013
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La questione dell’identità delle seconde generazioni, o come si dice ora, dei "nuovi italiani", figli di stranieri nati e cresciuti nel nostro Paese, ma costretti spesso a vivere in un limbo di incertezza a causa del diritto negato alla cittadinanza. Una situazione paradossale di cui sono vittime migliaia di giovani perfettamente integrati in Italia. Ce lo racconta Haider Rachid nel suo nuovo film, Sta per piovere, dove Said (interpretato da Lorenzo Baglioni), nato a Firenze da genitori algerini, e ancora in attesa della cittadinanza, rischia di essere espulso perché suo padre (Mohamed Hanifi), a causa del suicidio del direttore della fabbrica dove lavora, perde il posto, e quindi il permesso di soggiorno. A Firenze è nato e cresciuto anche Haider, 28 anni, di padre iracheno e madre italiana, e il tema dell’appartenenza è stato al centro delle sue riflessioni anche nei film precedentemente diretti, Between Two Lands, Tangled Up in Blu. Sta per piovere, nelle sale il 9 maggio, è il primo film sull’argomento realizzato da un "nuovo italiano", che quando era un ragazzino, tra il ’97 e il ’98, è stato tra i giurati del Festival di Giffoni.Perché il protagonista è di origini algerine e non irachene come lei?Volevo creare una distanza dalla mia storia personale, molto diversa tra l’altro, e avvicinarmi di più alla realtà italiana, dove marocchini e algerini sono molto presenti.Qual è la sua esperienza di "nuovo italiano"?Un’esperienza privilegiata, mio padre ha fatto del suo essere straniero una ricchezza, e il quartiere dove sono cresciuto a Firenze è un modello di integrazione. Ma mi sono reso conto che il dilemma dell’identità è presente in me più di quanto credessi e più passa il tempo e più, diviso tra due culture, sento il bisogno di investigare.Documentandosi cosa ha scoperto?Pensavo di aver scritto una storia al limite, e invece la realtà è molto peggio. La legge, retrograda e superata ora che in Italia ci sono 6 milioni di immigrati, è poi soggetta alle diverse interpretazioni dei vari giudici e non riesce a stare al passo con i cambiamenti sociali degli ultimi vent’anni. Fortunatamente in Italia sta crescendo la consapevolezza sulla questione, anche grazie all’esempio di Paesi come la Francia, l’Inghilterra e gli Usa dai quali impariamo.Cosa si aspetta dall’incontro di questo film con il pubblico?Spero di aver contribuito a spazzare via ingenuità e stereotipi, anche linguistici, sugli stranieri in Italia – basti pensare che negli Usa è reato definire una persona in base alle sue origini – raccontando la loro quotidianità. Il multiculturalismo è una forza inarrestabile, essenziale allo sviluppo di una società, e la tanto bistrattata seconda generazione può offrire nuovi spunti di riflessione in fatto di integrazione, appartenenza e di cultura dell’accoglienza.Ha lavorato con una troupe di giovani e avete realizzato il film in tempi brevi. Un esempio da seguire per un cinema più agile.La sceneggiatura è stata scritta nel giugno del 2012 e due settimane dopo siamo entrati in produzione, girando in sei settimane. I membri della troupe hanno meno di trent’anni e il budget del film è inferiore ai 300 mila euro. Il film inoltre sarà distribuito dalla stessa società che l’ha prodotto, la Radical Plans: siamo tornati al vecchio metodo del cinema porta a porta, coinvolgendo i singoli esercenti per convincerli del potenziale anche commerciale del film.
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