mercoledì 4 maggio 2016
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Esiste ancora la figura dell’intellettuale di provincia? Fino ad alcuni decenni fa, era una tipologia culturale dai tratti precisi, e si potrebbe dire che in un Paese di «campanili» come il nostro costituiva, in qualche modo, il nerbo della cultura italiana. Parlo di quei giornalisti, critici, saggisti, scrittori, storici locali, docenti che davano vita e vitalità a un tessuto di rapporti culturali vasto e articolato. Non importava se non si riusciva a vincere una cattedra universitaria: si poteva tranquillamente continuare lo stesso lavoro di studio, ricerca, pubblicazioni da una cattedra di liceo. Oggi le figure di intellettuali di provincia – non provinciali, anzi assolutamente proiettati su uno scenario nazionale e internazionale, eppure fortemente radicati nel loro territorio – sembrano essere scomparse o quanto meno fortemente ridimensionate: forse a causa di una globalizzazione che non riguarda solo le merci ma anche le idee, nella direzione non tanto della comunicazione e dell’interazione quanto della standardizzazione e dell’appiattimento. Svolgevo queste riflessioni qualche settimana fa, andando a Reggio Emilia per un ricordo pubblico di Luciano Serra, sul quale le Edizioni Consulta pubblicano ora il bel saggio di un giovane studioso, Francesco Moratti, dal titolo Luciano Serra. Poeta autentico del Novecento (pp. 280, euro 18). Avevo conosciuto personalmente Serra diversi anni fa, essendomi occupato per la mia tesi di dottorato di Silvio D’Arzo, l’appartato e straordinario autore del racconto lungo Casa d’altri (a proposito del quale Eugenio Montale parlò di una non comune perfezione artistica), del quale Serra era stato amico e sodale. Erano nati entrambi nel 1920, ma D’Arzo è morto prematuramente nel 1952 per malattia. Serra, invece, sarebbe vissuto molto a lungo (morirà infatti nel 2014). Compagno di scuola di D’Arzo (anzi «di Ezio Comparoni», come ci teneva a ricordare, essendo Silvio D’Arzo uno pseudonimo letterario), Serra si laurea in Lettere a Bologna e diventa insegnante negli istituti superiori della sua città. Negli anni dell’università nel capoluogo emiliano conosce Pier Paolo Pasolini, con il quale collaborerà a diversi progetti. Membro del Partito d’Azione, durante la Resistenza viene arrestato dalle SS. Dopo la guerra scrive e pubblica saggi letterari e poesie (alcune di notevole qualità, come testimonia la scelta antologica operata da Francesco Moratti nel volume suddetto). Nel ruolo di docente ha formato generazioni di suoi concittadini. Ricordo come nel 2010, in occasione di una cerimonia per il suo novantesimo compleanno, la Sala del Tricolore di Reggio Emilia fosse piena di suoi ex alunni, che alla fine dell’incontro facevano la fila per salutarlo e stringergli la mano. Era davvero commovente vedere quest’uomo così anziano, ma ancora lucidissimo, scambiare parole e sorrisi con i ragazzi di un tempo. Era l’immagine, bellissima, di una vita realizzata, di una missione compiuta, di fronte a tanti adulti, alcuni a loro volta già anziani, che andavano a rendere omaggio all’antico maestro. Elisa Pellacani, coordinatrice dell’Associazione «Per D’Arzo», mi raccontava come negli ultimi mesi di vita, prima del ricovero in ospedale dal quale non si sarebbe più ripreso, Serra si lamentava di non poter mettere mano ai lavori che aveva in animo di realizzare, tra cui alcune ricerche sui suoi autori preferiti, da Boiardo ad Ariosto. Mostrava le carte, anticipava scoperte e ipotesi, che suffragava con riferimenti precisi e circostanziati. Ma soprattutto era dispiaciuto di non riuscire a completare il componimento poetico che aveva abbozzato per ricordare l’amico Gino Badini, storico reggiano, anch’egli «intellettuale di provincia» tutt’altro che «provinciale», da poco scomparso. Con lui Serra aveva realizzato importanti opere sulla storia reggiana (sull’epoca risorgimentale, sul ventennio fascista, sull’evoluzione dei costumi e delle idee), ma soprattutto aveva condiviso la conduzione di Reggio Storia fino all’ultimo numero del 2013. Serra era solito invitare i giovani ad amare la storia e la letteratura, fonti di vita intellettuale e di valori civili. Un monito che – nel ricordarlo – ci piace raccogliere, dalla sua provincia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sembrano essere scomparse le figure degli intellettuali che, pur essendo fortemente radicati in un territorio, riuscivano a compiere studi e ricerche di valenza nazionale (o anche di più)
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