sabato 9 luglio 2016
Il premio è stato vinto da Albinati con una vicenda su una scuola cattolica dominata da una mentalità maschilista. Secondo Affinati con una storia su don Milani. Ma le solite polemiche oscurano il discorso sui libri. (Cosimo Argentina)
Di cosa parliamo quando parliamo di Strega
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Dove eravamo rimasti? Ah, sì, ad Antonio Moresco che imprecava contro il premio Strega definendolo in altre parole un trucco, un sodalizio di uomini di potere che si spartiscono la torta senza lasciare sul tavolo nemmeno le briciole. E poi cos’è accaduto? Ah, vero! Che alla fine il successo è andato al designato, a chi aveva le carte in regola in virtù di una strategia annunciata.Dopo lo sfratto dal Ninfeo di Villa Giulia, il premio s’è accasato nell’auditorium Parco della musica per l’irritazione di Francesco Piccolo, ma, cambiate le coordinate, non è cambiata la procedura. Sicché eccoci qui tutti a ribadire i giochi tra le case editrici, le schede di qua, gli amici della domenica di là, le parentele editoriali (ormai spazzate via dal supergruppo Mondadori)…Ma il gossip, il contorno, i tavoli imbanditi, le disorientate Carla Fracci e Franca Valeri in prima fila, il ministro Franceschini che definisce “fantastica location” la nuova sede, eccetera eccetera ci distoglie dall’essenza della manifestazione: i libri.Eh sì, signori miei, i veri protagonisti sono, o almeno dovrebbero essere, i libri. Quei cinque che sono arrivati in cima e sono stati letti, studiati, analizzati, votati, e perché no? amati, disprezzati. È di libri che si deve parlare e quello di Edoardo Albinati, il libro vincitore, è un buon libro, al di là delle croste mondane che gli sono cresciute intorno.È un romanzo coraggioso, La scuola cattolica (Rizzoli), sia nella struttura che nello sviluppo. Quanti autori si sono sentiti negare l’accesso anche alla sola lettura dagli editor di quasi tutte le case editrici nel momento in cui presentavano un libro di cinque-seicento pagine? E qui non parlo di rifiuto alla pubblicazione, parlo di rifiuto alla sola presa visione di un testo corposo. E Albinati che fa? Un romanzo di 1294 pagine dove la narrazione vera e propria appare dopo circa 400 pagine e dove l’autore traccia uno spaccato di storia civile, quella degli anni Settanta del Novecento, mescolata a vicende individuali, a un’esperienza, la sua, vissuta in un istituto scolastico per soli maschi gestito da religiosi. Chi ha studiato in istituti confessionali sa che si tratta di mondi a parte. Da un lato opifici di didattica, dall’altro universi con un marchio di fabbrica che resta agli ex alunni per tutta la vita. Dalle aule del San Leone Magno passa una gioventù destinata a ingrossare le fila della società altra e che vive un’esperienza diversa da quella degli istituti laici. Il prodotto di queste scuole si va poi a innestare nelle risultanze psicologiche che il quotidiano ci offre e Albinati ci racconta che accanto a ragazzi che sarebbero diventati scrittori, diaconi, ingegneri, c’erano anche i tre protagonisti del delitto del Circeo – Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira – che violentarono e massacrarono Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, e quest’ultima riuscì a salvarsi solo fingendosi morta. Questo accadeva nel 1975. La narrazione di Albinati si fonda sull’analisi di una società di maschi, fatta da maschi, dominata da maschi e messa a repentaglio da questo immotivato predominio maschilista. È un buon libro, scritto con coraggio da un autore che - come ha concluso Zaccuri recensendolo, qui, il 15 aprile scorso, «non ce la fa a credere e abbandonarsi, (…) perché la salvezza è l’inganno supremo. O forse no. Ma per farsi venire il dubbio bisogna arrivare all’ultimo capitolo, superando molte morbosità».Ma lo Strega è fatto anche di sconfitti che non lo sono mai fino in fondo perché essere in finale al premio più prestigioso d’Italia dà visibilità. Tra i quattro libri, una menzione va riconosciuta al secondo classificato, L’uomo del futuro, di Eraldo Affinati (Mondadori).Affinati parte da un lavoro di ricerca su una figura ormai epica come quella di don Milani, per poi allargare la narrazione a tutti i Lorenzo Milani che battono le periferie del mondo. Quelli che una volta erano definiti maestri, figure carismatiche in grado di calarsi nella realtà difficile di una gioventù prima vittima del sistema e cercare di portare in salvo quante più anime e menti possibili. Figure da cui non si può prescindere perché se è vero che gli uomini passano, gli insegnamenti rimangono.
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