giovedì 30 settembre 2010
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«C’è un mucchio di bei posti nei Caraibi. Ciò che rende speciale Saint Lucia è la sua complessità. In parte per la diversità del paesaggio -montagne, valli, e la cultura del mare -. In parte per il suo bilinguismo, la gente intreccia il creolo francese con l’inglese in un modo magico, incancellabile. E poi qui persistono ancora costumi e mitologia africana». Questa una delle tante descrizioni che Derek Walcott, il grande poeta caraibico, premio Nobel, offre della sua piccola e magica patria, Saint Lucia, l’isola che ora è al centro dell’attenzione per una vicenda riguardante la polemica tra due schieramenti politici in Italia, l’isola che è ormai un potente centro di affari. Una volta importante soprattutto per le banane. Oggi per società off shore, turismo esotico a caro prezzo, comprendente lo spettacolo dei Pitons, le due montagne quasi gemelle che sorgono dal mare. Qui, in questa piccola patria inscritta in un arcipelago, nasce e continua a vivere, (dividendosi con gli Stati Uniti, dove insegna), il premio Nobel Derek Walcott. Uno dei maggiori poeti del secolo trascorso e di quello attuale, che scrive infatti un poema d’arcipelago, ispirato coraggiosamente ed esplicitamente al padre della poesia epica, Omeros. Come la storia di Ulisse, quelle di Walcott, che ha riportato il poema epico al centro dell’esperienza poetica, sono storie di arcipelago, cioè di costellazioni. Il mare ovunque, ma ogni isola, per piccola che sia, ha i confini con l’infinito. Ogni isola è un mondo: «Ma le isole possono esistere / solo se nelle isole abbiamo amato». Solo se nell’isola, mondo piccolo e compiuto, hai conosciuto l’amore, l’isola esiste. Senza amore scompare, come un sogno al mattino, appunto l’« isola che non c’è», l’utopia di Peter Pan e di tutti gli immaturi. Saint Lucia c’è, esiste, ha dato i natali a un grande poeta e ha proiettato il Caribe al centro della poesia mondiale. Il premio Nobel ha consentito a Walcott di acquistare la casa che sognava a Saint Lucia, un cottage bello e luminoso, pieno di libri, sculture in legno (eredità del mondo africano) e fotografie (specialità del mondo occidentale moderno). Qui, come le lingue nell’isola, si incontrano i mondi. La flora tropicale, il vulcano, sono gli elementi primari dell’isola bellissima che ispirano la poesia di Walcott, ma anche la povertà, la fiera sopportazione di una gente che vive negli stenti. Saint Lucia conosce l’opulenza della natura, resa leggendaria nei versi dei poeta dalla veranda, e la fame, ma soprattutto la commistione, che l’autore vive in prima persona: nero e olandese di razza («un nero dagli occhi verdi») e inglese per formazione culturale. Ma con un background africano sempre potente nel Caribe magico e animista. L’arcipelago nel quale vive il poeta è fatto di terre così piccole che, come scrive, sull’atlante scompaiono. Ma lo conforta «essere nato al riparo da qualcosa che quasi non esiste». St, Lucia scompare se la confrontiamo anche solo con Cuba, Haiti, Santo Domingo. Saint Lucia è posseduta da una natura ubertosa e travolgente, ma segnata dalla storia del mare, non da quella, scritta e datata, dell’occidente: Walcott ha sempre saputo che quei luoghi attendevano nomi per entrare nella letteratura.Dalla città di Dennery, dove il poeta adolescente lesse Walt Whitman nel cottage di legno giallo della zia Grace, a Vigie Harbour, il porto della capitale Castries, da cui partiva per raggiungere una ragazza in un’isola poco distante. Nella stessa capitale Walcott studiò pittura con un amico poi divenuto artista di fama nell’isola.Un’isoletta a nord di Saint Lucia per ben 14 volte è passata vicendevolmente sotto il dominio inglese  e francese, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. Nello stesso periodo gli europei avevano allestito piantagioni di canna da zucchero, importando schiavi dall’Africa, con il risultato che attualmente il novanta per cento della popolazione ha radici africane, con tutte le influenze del caso sulla musica, sulla ritualità teatrale, sullo spettacolo. Saint Lucia è un nuovo mondo in formazione, una terra di incontri e incroci intensissimi e traumatici, per quanto mitigati dalla dolcezza del clima e dal carattere generoso e nobile degli abitanti (definizione di Walcott: «In America è bello insegnare, ma il mio luogo è Saint Lucia»). Come tanti luoghi resi celebri dalla storia della pirateria nel diciassettesimo secolo, Guadalupa, Panama, Port Royal, le trame della finanza internazionale si organizzano fuori dai riflettori delle city, come allora lontane dalle corti e dalle taverne londinesi, ma intorno sta crescendo una realtà straordinaria, fondata sull’incrocio, sulla nascita di un popolo antico e nuovo che è stato schiavo e che conosce il prezzo della libertà. Per Walcott, che vi è nato e che l’ha resa un punto fermo non solo nel mare ma nel mondo, non è mai stata il Paradiso, ma un luogo che ha tante delizie che immaginiamo del Paradiso, nell’incanto donante e divino della natura e negli occhi miti delle persone, accanto a altre realtà, cupe, tristi, drammatiche. Certo qualcosa di più complesso e reale di un paradiso finanziario, o di un ancor più finto paradiso esotico per turisti. E’ un’isola che c’è, nel senso profondo della frase.
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