lunedì 13 ottobre 2014
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I vescovi di Francia, celebrandone il centenario della nascita, nel 2004, la descrissero come un «faro di luce per avventurarci nel terzo millennio». Di lei il cardinal Martini parlò come di «una delle più grandi mistiche del XX secolo», cogliendone – senza contraddizioni – la totale apertura alla realtà: alle persone e al mistero. Di lei Andrea Riccardi ha tracciato in poche parole un ritratto fedele, scrivendo che, pur avendo speso gran parte della sua vita – sessant’anni – nelle periferie parigine «non fu mai una donna periferica», anzi «vivendo la centralità del Vangelo nella sua vita è stata nel cuore della vita della Chiesa francese». Parliamo di Madeleine Delbrêl. Una donna straordinaria, in equilibrio fra azione e contemplazione, amore alla Chiesa e attenzione gli ultimi. Una laica sempre in ricerca dell’assoluto di Dio e della prossimità più amorevole verso ogni persona. Forse una figura non ancora sufficientemente conosciuta in Italia. Dove comunque i suoi scritti – belli letterariamente ma, soprattutto, intrisi di cristianesimo essenziale, quello del Discorso della Montagna – sono stati tradotti (presso Gribaudi, editore dell’Opera Omnia). E dove pure non manca già qualche profilo (quello di Maria Luisa Coppadoro per Ancora, di Jean Guéguen per i tipi di Massimo, di Edi Natali per le Edizioni Dehoniane). Insomma, forse non ancora nota come Simone Weil, Edith Stein o Etty Hillesum…, in lei però emerge tutto il fascino sprigionato dal suo singolare approdo al cattolicesimo, traguardo tutto già dentro la sua giovanile ricerca di comunione, la sua sete di vicinanza nell’alterità, totalmente palesi, espressi in ogni ambiente: «Senza segreti, né nulla da nascondere». Ora, a mezzo secolo dalla morte – il 13 ottobre 1964 – a oltre trenta anni dal profilo di Christine Boismarmin è la volta di una nuova biografia documentata. A scriverla  Bernard Pitaud, prete di Saint Sulpice, studioso di spiritualità, e Gilles François, prete diocesano di Créteil, storico e postulatore della causa di beatificazione della Delbrêl. S’intitola Madeleine Delbrêl. Biografia di una mistica tra poesia e impegno sociale ed è aperta da una prefazione di Michel Santier (con sottolineature sulle consonanze di pensiero e di stile tra Madeleine e Francesco, il papa dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium e della «chiesa in uscita»). Si tratta di un volume che sta per essere pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna e si avvale di scritti e di testimonianze, con una cronologia e una bibliografia. Pagine attente a ripercorrere le tappe salienti dell’itinerario di Madeleine (a partire dalle origini della famiglia e attraverso la lunga esperienza con i più poveri a Ivry-sur-Seine), a spiegare la cifra della sua spiritualità (e il senso del suo dialogo con l’ateismo). E pagine che portano anche a scoprire aspetti meno noti della Delbrêl: la produzione poetica legata all’iniziale prospettiva di una missione letteraria, la sofferenza nella sua vita personale e familiare, le responsabilità assunte nel campo dei servizi sociali, il ruolo nel rinnovamento missionario, nel dialogo con i militanti comunisti, i contatti ecumenici, il coinvolgimento nella fase preparatoria del Vaticano II. Così li elenca Luciano Luppi nella sua premessa al volume. Tutti aspetti, quelli appena richiamati, che fanno di lei un gigante della spiritualità del XX secolo. Con una sua forza conquistata progressivamente e non piovuta addosso all’improvviso se ancora nel ’34, iniziata la sua vita missionaria a Ivry da più di un anno, interrogandosi sulla sua scelta di fare delle strade il suo Carmelo, chiedeva all’amico e direttore spirituale don Jacques Lorenzo: «Non sono una squilibrata?». E con una sua originale lungimiranza: forse non è un caso che rispetto a libri coevi come Francia, paese di missione?, scritto nel ’43 da Henri Godin e Yvan Daniel, un testo composto dalla Delbrêl come Missionari senza battello (sempre del ’43) sia considerato ancora «come una fonte che può nutrire le prospettive missionarie del nostro tempo». Restano sullo sfondo tasselli coperti dal segreto o dalla riservatezza che lei stessa aveva messo sulla sua non partecipazione, almeno formale alla Resistenza, assieme ad altri evidentissimi – invece – sui suoi impegni, specialmente successivi al periodo di Vichy, in situazioni concrete, alla frontiera della politica e della fede. Lontana sia dal “proselitismo” sia dalla “fuga dal mondo” («se ami il deserto, non dimenticare che invece Dio preferisce gli uomini»), pronta a considerare la fede come un dono per l’oggi della Chiesa e del mondo, decisa a lasciarsi plasmare dagli incontri e dalla storia che la Parola stessa mette in atto, verso «un destino che non ha altra forma che quella di Cristo», Madeleine una cosa soprattutto ha fatto. Ha lasciato riaffiorare le esigenze radicali del Vangelo, ai suoi occhi parola viva e non codice. Sperimentandole nel suo vissuto: non costruendoci sopra teorie. Ed è quello che ha chiesto anche alle sue compagne di  squadra, alle sue équipes: nella certezza di una Presenza che, nelle strade cittadine percorse come sentieri di Dio, è stata filo conduttore nella sua parabola umana e spirituale.
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