lunedì 5 novembre 2012
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​In questo ristorante della Quinta strada ci siamo già stati l’anno scorso. Dal ventesimo piano New York era una galassia in pieno sfolgorio. Ricordo che passammo la serata con i giovani economisti della Columbia University. E nelle mie narici è rimasto proustianamente il profumo della zuppa di cipolla», fa un manager di una delegazione asiatica in visita di studio in Usa. Invece è la prima volta che entra in quel locale. Ma non vuole ammetterlo. Rivolto a una cameriera, dice: «Nella mia mente c’è stampato anche il suo volto greco, signorina». La ragazza, con un filo di smarrimento perché le pesa contraddire l’ospite, precisa che lei è stata assunta soltanto una settimana fa. Tornati in albergo, i colleghi persuadono il manager: si è trattato della classica esperienza di déjà-vu o «già visto». È un fenomeno psichico – finora del tutto misterioso – prodotto da segnali elettrici anomali, per effetto dei quali si ha la sensazione ingannevole di aver già visto una città o una persona con la quale invece si entra in contatto per la prima volta. In pratica, una situazione nuova rivela un’indubbia ma apparente familiarità con una situazione del passato. «È incapacità di distinguere il nuovo dall’antico, sostiene Stefan Kohler, neuropsicologo dell’Università del Western Ontario (Canada). Era stato Emil Boirac, nel 1875, a parlare per la prima volta di déjà-vu; da allora, nel tentativo di interpretare il fenomeno, si abbondava in riferimenti ai miti del passato, in particolare alla metempsicosi o reincarnazione. Per Sigmund Freud il déjà-vu era la conseguenza di desideri repressi.Il cinema  ha fatto ampio ricorso alla magia del déjà-vu, abbinandolo alle spy story e alla fantascienza, e moltiplicando l’atmosfera di suspense. Nel film mozzafiato di Tony Scott Déjà-vu (titolo italiano «Corsa contro il tempo»), un agente dell’Fbi, interpretato da Denzel Washington, si sta occupando di un grave attentato terroristico a un affollato traghetto fluviale. Per effetto di un preciso fenomeno di "già visto", una sensazione netta, il protagonista risale a una donna (l’attrice è Paula Patton) che si trovava a bordo del traghetto quando è scoppiata la bomba. Quel déjà-vu è troppo chiaro, non può essere trascurato. Allora con il cronovisore immaginato da Isaac Asimov lo 007 supera i limiti dello spazio-tempo, fa un viaggio-lampo nel passato, ritrova quella donna (che è la chiave del plot) e grazie a lei sventa l’attentato e salva centinaia di persone. Un lieto fine romantico per un film che miscela neuroscienze e fantascienza e al quale ha dato la propria consulenza Brian Greene, fisico e cosmologo. Film d’azione per antonomasia: in virtù della teoria del multiverso la realtà cambia di continuo sotto gli occhi dello spettatore, perché attraversata da una pluralità di universi che s’intersecano. Ma solo ora partono studi sistematici. Per la prima volta, a questa materia è stato dedicato – recentemente, a Marsiglia – un intero seminario e vi hanno partecipato i vari specialisti della ricerca sul cervello. In apertura, tutti hanno sottolineato che, quando si studia il déjà-vu, la patologia aiuta a capire prima i segreti del cervello normale. Accade spesso nella ricerca medica, in particolare in neurologia. Insomma il déjà-vu suscita un crescente interesse. Si tratta di capire non solo che cosa si nasconde dietro questo fenomeno ma anche di curare i casi patologici (pochi, ma ci sono).Prima di tutto viene il rapporto pubblicato dalla rivista Cortex, secondo il quale a chi sperimenta un déjà-vu si riduce «in modo significativo» la sostanza grigia. «Più cresce la frequenza più si assottiglia la corteccia, afferma il neurologo Milan Brazdil dell’Università di Brno (Repubblica Ceca). Inoltre, c’è chi sostiene che il  déjà-vu potrebbe essere alimentato da micro-anomalie di natura epilettica. Questa e altre ipotesi sono da verificare. Emmanuel Barbeau, professore  al Centro di ricerca sulle attività cognitive (Università  di Tolosa), propone di analizzare in dettaglio, in un soggetto sano, l’intera attività elettrica del cervello. I pazienti il cui caso è stato studiato e portato alla conferenza di Marsiglia non sono pochi. In genere chi ha sperimentato un déjà-vu normale, la cui durata si misura in secondi, riferisce emozioni gradevoli. È capitato a un ex paracadutista  francese che ha descritto a Le Monde la sua piacevole allucinazione: «Provavo la sensazione di volare con la mia automobile trasformata in aereo e di esserne il pilota. Invece un pompiere con un déjà-vu di quasi due minuti – che aveva litigato con la moglie – riferisce angoscia, spersonalizzazione e senso di irrealtà. In molti casi la risonanza magnetica ha rivelato un’anomalia morfologica della corteccia interinale» Talvolta il déjà-vu ritorna periodicamente. O non se ne va più. A una signora di Londra, Mary, 84 anni, è stato diagnosticato un déjà-vu cronico. I medici se ne sono accorti perché Mary ha telefonato irritatissima alla Bbc: «Vi rendete conto che state ripetendo sempre lo stesso programma?».
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