martedì 1 novembre 2016
Il tecnico olandese dell'Inter è durato solo 84 giorni. Al suo posto, per ora, Stefano Vecchi, allenatore della Primavera nerazzurra
Il tecnico dell'Inter Frank De Boer (Ansa web)

Il tecnico dell'Inter Frank De Boer (Ansa web)

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Tra Frank De Boer e l'Inter è finita. Un matrimonio durato appena 84 giorni. Record che infrange quello dei 90 giorni in nerazzzurro di Giampiero Gasperini (attuale tecnico dell'Atalanta). Al suo posto giovedì, contro il Southampton in Europa League e domenica contro il Crotone in campionato, sulla panchina nerazzurra siederà Stefano Vecchi, promosso alla guida della prima squadra dalla Primavera. Sono otto gli allenatori allontanati dall'Inter negli ultimi sei anni. Ora per la sostituzione di De Boer pare in pole Stefano Pioli, ma la rosa dei candidati annovera anche Leonardo, Blanc, Bielsa e persino Guidolin. Nel frattempo ci piace ricordare gli 84 giorni dell'olandese che qualcosa ha lasciato.

Il segno

De Boer un segno sul campionato italiano l'ha lasciato. È stata fin da subito evidente la sua differenza rispetto al nostro ambiente, una distanza accresciuta dalla tempistica dell’incarico che lo ha condotto sulla panchina dell’Inter a dieci giorni dalla prima giornata della Serie A 2016-17. Lo stile di De Boer resterà e potrà essere letto in controluce come antidoto per alcuni difetti del nostro calcio, al di là di discorsi tecnici o tattici. L’allenatore olandese ha dato una lezione di educazione e rispetto imparando velocemente la nostra lingua e usandola presto in conferenza stampa in un curioso mix con lo spagnolo. Non è stata una scelta indolore perché lo ha esposto alle critiche ironiche degli stessi che probabilmente avrebbero avuto da ridire se non avesse parlato in italiano nel giro di un mese.

Stile e compostezza

Massima compostezza anche nel rispondere a ogni forma di critica senza mai cedere al nervosismo, come capita spesso ai nostri allenatori dopo le sconfitte. Se il calcio italiano «sconta prima di tutto un deficit di buona educazione» - come disse, con un’analisi purtroppo rimasta isolata, Demetrio Albertini durante la campagna elettorale per la presidenza Figc, nell’estate 2014 - l’allenatore nerazzurro ha indicato una strada che dovrebbe essere seguita da colleghi e giocatori. Coraggioso l’approccio alla vigilia delle partite, mutuato da Olanda e Inghilterra. De Boer ha presto cancellato il ritiro dando appuntamento ai giocatori per la mattina delle gare serali pure in caso di trasferta. Resterà nella memoria la partenza in treno alle 10 dal Milano in direzione Firenze in occasione della sfida delle 20.45 con l’Empoli. Un modello - abbandonato solo prima della partita da ultima spiaggia col Torino - che potrebbe essere utile a svelenire le tensioni del nostro calcio, sempre incline a parole a voler prendere esempio dalla Premier League con propositi mai tradotti nei fatti. De Boer ci ha provato, ma anche in questo caso la prima reazione è stata quella di pensare a un eccesso di libertà nei confronti dei calciatori che non hanno ricambiato sul campo con prestazioni all’altezza. Buona educazione profilo basso pure fuori dal campo: l’olandese è stato avvistato talvolta in pizzeria (non ristoranti di lusso o alla moda) con la famiglia, pronto a firmare autografi e scattare fotografie con i tifosi incontrati tra i tavoli.

I tifosi erano dalla sua parte

Questi atteggiamenti non sono passati inosservati: non a caso i tifosi interisti hanno subito voluto bene all’ex centrale olandese (che da calciatore ha vinto tanto in carriera con Ajax e Barcellona), difendendolo più di tanti addetti ai lavori. Sembra che il nostro calcio abbia sempre bisogno di uomini forti e duri, toni esasperati e accesi. Quando arriva una persona educata e pacata, parte il fuoco di fila. Il tempo di Frank sta per scadere in un crescendo di contrasti ai piani alti del club di Corso Vittorio Emanuele. La vecchia gloria nerazzurra “Spillo” Altobelli propone ironico: «Per De Boer servirebbe un referendum» Ma ormai non serve più. Mentre invece hanno un loro peso le parole e le critiche di un tifoso speciale.

La furia di Tronchetti Provera

Gli fa eco Marco Tronchetti Provera: «Anche un allenatore straordinario senza la società non riesce a raggiungere grandi obiettivi - dice l’ad di Pirelli, sponsor dell’Inter - una squadra di calcio non la si gestisce da Giacarta, da Pechino o da Nanchino. È stato un errore cambiare l’allenatore a ridosso del campionato. Ma la catena degli errori fatti è troppo lunga. La proprietà deve fare la proprietà. Il Milan ha vinto quasi tutto quando Berlusconi è stato vicino alla squadra. L’Inter di Moratti ha vinto 15 titoli in sei anni grazie al fatto che Moratti era presente. La Juve di Agnelli vince perché la società è molto vicina. Nel calcio l’unica formula vincente è una proprietà appassionata e vicina alla squadra. Serve il ritorno di Moratti? Un tema che doveva essere risolto da tempo, oggi parleremmo in modo diverso dell’Inter». Nel frattempo a pagare è l’incompreso De Boer.

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