venerdì 6 febbraio 2009
«L’idea di Galilei aveva una eleganza interna, e consentiva di spiegare molti fenomeni celesti con tale potenza che non poteva essere messa in dubbio»
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Galileo, padre dell’astronomia e della scienza moderne, è stato un genio precoce. Non solo per aver visto più lontano degli altri ma anche per l’età in cui ha cominciato a fare scoperte fonda­mentali. Anche questa caratteristi­ca della sua attività di scienziato verrà illustrata nel corso dell’Anno dell’Astronomia, in buona parte dedicato allo scienziato pisano che proprio 400 anni fa, usando il can­nocchiale, supera i limiti dell’oc­chio umano e spinge per la prima volta lo sguardo dentro il cosmo. Ne parliamo con il professor Nicola Cabibbo, prestigioso fi­sico e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Professore, saranno il­lustrati anche quegli a­spetti del Galileo scien­ziato che il pubblico conosce di meno?«Con Galileo si passa dall’astronomia geo­metrica e teorica a un’astronomia fisica. Ma lui va menzionato anche per il contributo dato alla meccanica (con la legge sui gravi) e alla scienza dei materiali. Galileo plasma una scuola in cui spicca tra gli altri Evangelista Torricelli, suo successore nello Studio Fiorentino, inventore del barometro per misu­rare la pressione atmosferica. Una scuola di ricerca che ha dato forte slancio allo sviluppo della scienza». All’epoca di Galileo, la rivoluzione copernicana (la Terra gira attorno al Sole) non era ancora definitiva­mente provata. E i giudici pensaro­no che fosse loro dovere impedirne la diffusione. «La sua era una teoria nuova, ma tutto ciò che già aveva scoperto do­veva indurre i giudici a capire che le cose andavano come sosteneva Co­pernico. Intanto i satelliti di Giove che girano attorno al loro pianeta: c’era qualcosa che non ruotava at­torno alla Terra! Tuttavia non era u­na vera prova del moto della Terra attorno al Sole. Quella prova verrà nel ’700, ma ancora dopo Newton, con l’inglese James Bradley, che scopre l’aberrazione stellare, un piccolo spostamento della posizio­ne apparente delle stelle dovuto al moto della Terra. La scoperta di Bradley è la prima, innegabile pro­va del sistema copernicano. La di­mostrazione definitiva si avrà nel 1851 con il pendolo di Foucault sot­to la cupola del Pantheon di Parigi». È comprensibile, dunque, che gli a­stronomi romani insistessero nel chiedere a Galileo prove più solide? «Certo, le prove si sono andate ac­cumulando nel tempo, e probabil­mente è vero che quelle addotte da Galileo non erano molto stringenti. Però l’idea galileiana era talmente più bella del sistema di Tolomeo, a­veva una tale eleganza interna, e permetteva di spiegare molti feno­meni celesti con tale potenza che non poteva essere messa in dub­bio ». Quali domande rivolsero a Galileo i suoi oppositori? «Una, prima di tutto: "Se la Terra si muove così velocemente, perché non ce ne accorgiamo?" La risposta è nel principio di relatività, illustra­to da Giordano Bruno, fatto proprio da Galileo e poi ripreso da Albert Einstein. Se io mi trovo in una bar­ca che si muove, spiegava Galileo, non mi accorgo di muovermi. Così gli abitanti della Terra non si accor­gono affatto che il pianeta si muove velocemente». Però poi Galileo "scivolò" sulle maree. «Lì prese un abbaglio. Sostenne che le maree erano la prova che la Terra gira su se stessa. L’argomento non reggeva: la marea è il periodico abbassarsi e alzarsi del livello del mare per l’attrazione gravitazionale della Luna e (in misura ri­dotta) del Sole». Gli era stato suggerito di presentare la sua intuizione, l’eliocen­trismo, come 'ipote­si'. Perché non ac­cettò? «Sarebbe stato vergo­gnoso che il massimo scienziato dell’epoca affermasse una cosa in cui non credeva (poi purtroppo do­vette farlo). Galileo è grande perché ha una visione nuova dell’astrono­mia, e della scienza in generale. Pri­ma di lui l’astronomia serviva so­prattutto ad accertare la data della Pasqua, oppure quando sarebbero avvenute le eclissi. Con Galileo si comincia a studiare gli astri come corpi fisici, come oggetti, in qual­che modo simili alla Terra. Lui sco­pre che la Luna ha le sue montagne (e, se è fatta di roccia, ha la stessa natura fisica della Terra); Venere ha le sue fasi, anche il Sole gira su se stesso (Galileo lo ha dedotto osser­vando le macchie solari; ha notato che si spostano, perché c’è una ro­tazione). Inoltre si volta pagina ri­spetto a un’astronomia 'trascen­dente': secondo il sistema classico, i corpi celesti si muovono su sfere di cristallo concentriche alla Terra; ciascun pianeta ha la sua sfera. Ga­lileo è un grande innovatore con la legge della caduta dei gravi, con va­rie applicazioni nel moto dei proiettili, e con studi d’avanguardia sulla resistenza meccanica dei cor­pi. È il primo a realizzare strumenti che servono a studiare una legge fi­sica ». Il 2009 è anche l’Anno di Darwin, sono 150 anni dalla pubblicazione dell’«Origine delle specie». Quali novità scientifiche sul tappeto? «Alla luce delle conoscenze rese possibili dalla genomica, possiamo affermare che l’evoluzione è un fat­to e non più una teoria. Si conosco­no i genomi dell’uomo, delle scim­mie e di altri animali, con studi compiuti sui fossili e sulle specie vi­venti. La storia della vita sulla Terra ha un’ossatura molto solida. È pos­sibile ricostruire l’albero genealogi­co e stabilire 'chi è parente di chi'. Una conferma viene, ad esempio, dalla vitamina C, che l’organismo umano non può produrre. Il gene necessario si trova nel Dna dell’uo­mo e dello scimpanzè nella stessa posizione in cui si trova nel Dna di quasi tutti gli animali. Ma, sia nel­l’uomo che nello scimpanzé, il ge­ne è difettoso, risulta rotto allo stesso modo. Una prova, tra tante, della 'parentela' genetica tra scim­panzé e uomo. L’interpretazione e­voluzionistica è che scimmie e pri­mati (incluso l’uomo) si procurano la vitamina C mangiando frutta, e non hanno quindi bisogno di que­sto gene».
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