mercoledì 30 gennaio 2013
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​L’epoca degli archistar è finita. Ne è convinta Margherita Guccione, che dirige il settore Architettura del Maxxi, il Museo delle Arti del XXI secolo di Roma. «Come del resto è al lumicino l’epoca della "globalizzazione" che in questi ultimi decenni ha teso ad appiattire in uniformità priva di caratteri locali architetture sorte in ogni parte del mondo: ne è prova tra l’altro l’impostazione che Rem Koolhaas sta dando alla prossima Biennale veneta del 2014, incentrata sull’idea di recuperare i fondamenti dell’architettura. Con le sue radici nel luogo ove sorge...».Si può dire che il Maxxi si ponga su questa stessa lunghezza d’onda?«Va da sé che, a differenza di una manifestazione temporanea quale la Biennale veneta, il Maxxi è un’istituzione permanente: l’unico museo italiano, e uno dei pochissimi nel mondo, dedicato all’architettura - oltre che, nell’altra sua componente, all’arte contemporanea. Fin dall’inizio, anzi da prima ancora che esistesse con uno spazio fisico proprio, ha acquisito importanti archivi di alcuni dei progettisti più significativi del XX secolo, come Pierluigi Nervi, Carlo Scarpa, Aldo Rossi. Così da poter offrire un ben documentato sguardo storico e critico sull’evolversi dello spazio costruito e del panorama urbano, oltre che dell’opera architettonica come singola espressione creativa. Allo stesso tempo abbiamo attivato anche mostre ed eventi, così da stimolare un ripensamento attivo e propositivo sul procedere della progettazione e sul suo rapporto non solo con i professionisti, ma con la cultura contemporanea, con la popolazione: con chi fruisce dell’architettura...».Tuttavia il Maxxi è opera di un’archistar...«Il progetto di Zaha Hadid è senza dubbio affascinante ed è espressione di una delle maggiori personalità sulla scena della progettazione nel mondo. Ma, a differenza di altri musei contemporanei, dove l’architettura si sovrappone e predomina sulle collezioni e sulle esposizioni, qui lo spazio è totalmente concepito in funzione dei suoi obiettivi: si integra nell’intorno, diviene continuazione dei percorsi urbani, consente ai visitatore di mantenere sempre un contatto con l’esterno oltre che con chi segue altri percorsi all’interno del museo: favorisce il contatto tra le opere esposte e chi le osserva. È stato progettato nel 1998, ma con un occhio rivolto al futuro. Assolve perfettamente ai compiti che ci siamo prefissi».Che sono...«Condurre un ampio dialogo sulla qualità del contesto fisico in cui si vive: è un fatto provato che là dove l’ambiente è accogliente, le persone stanno bene. E l’architettura è "ambiente" per eccellenza. Oltre alle collezioni permanenti, promuoviamo mostre temporanee per le quali richiediamo opere ad hoc. Per esempio si sta preparando Energy: abbiamo chiesto a sette importanti gruppi di progettazione internazionali di mostrare come sarà secondo loro la "stazione di servizio" autostradale del futuro quando, invece dei derivati del petrolio, le fonti di energia saranno molteplici, dal solare, alla biomassa, all’idrogeno. Vi saranno progetti utopici, ma l’architettura e il design sono chiamati proprio a questo: dar forma alle innovazioni tecnologiche rendendole accessibili alla società, così che l’estetica aiuti la fruizione».Ora, dopo l’epoca degli archistar, che avviene?«Ci vuole architettura diffusa di qualità. Per promuovere questo organizziamo mostre e concorsi tematici, in concerto con altri musei quali il Moma di New York. Per esempio dal 2011 ogni anno teniamo un concorso rivolto a team di giovani progettisti, designer, artisti, per la sistemazione della piazza antistante il Maxxi. Ne risultano installazioni che durante l’arco di una estate arricchiscono il luogo e ne fanno un giardino urbano gradevole. La prima edizione fu vinta dalla proposta di una serie di grandi tulipani che ombreggiavano la piazza, allo stesso tempo dandole colore. La seconda edizione, del 2012 è stata vinta da un team che ha proposto panche ergonomiche pergolate. Le installazioni restano per alcuni mesi e consentono al pubblico di goderne, e agli autori di farsi conoscere».E pensate anche al progetto delle chiese contemporanee...«Durante il prossimo mese di maggio esporremo i progetti che hanno partecipato al concorso dei "Progetti Pilota" istituiti dalla Conferenza Episcopale Italiana per dotare di nuove chiese di qualità i quartieri di recente edificazione. In tale contesto avverrà la premiazione dei vincitori, che sarà anche occasione di discutere uno dei perni che incardinano questi concorsi: l’educazione del committente. Un argomento che sta molto a cuore a monsignor Giuseppe Russo, il quale organizza i concorsi Cei in quanto responsabile del Servizio edilizia di culto. Come museo noi aggiungiamo che, oltre al committente, ai progettisti, e agli artisti, importante è anche il ruolo del fruitore dell’architettura. In condizioni di democrazia, è fondamentale che il pubblico sia bene informato e sappia discernere. Con le nostre iniziative intendiamo contribuire a far sì che si apra veramente una nuova epoca di qualità diffusa. Non è necessario spendere capitali ingenti per ottenere buone architetture: basta conoscenza della materia, buona volontà, capacità di attivare energie giovani e creative. Le tante iniziative che intraprendiamo hanno proprio lo scopo di mostrare questa via, percorribile anche dalle amministrazioni di piccoli Comuni. Se c’è intelligenza e creatività, basta poco per rendere bella una piazza o attraente un museo; per far sì che un borgo, un paese, valorizzi la propria identità e la propria storia».
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