martedì 10 maggio 2016
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Se tardiva è la sua vocazione di poeta, sorta prepotentemente solo nell’ultimo quarto di secolo, concretizzatasi a partire dal 1990 con le raccolte Fingere la vita, Le parole di sempre, Il tardo amore, Il dono della notte, fino all’ultima, la più recente Ascoltami, Signoredel 2012, l’impegno della scrittura di Emilio Coco si è tradotto soprattutto in un infaticabile mestiere di traduttore e antologista, che l’ha portato a dissodare continenti poetici poco o nulla frequentati in Italia, quelli della poesia basca, catalana, messicana e buona ultima quella colombiana, nella convinzione che dar voce a poeti di mondi lontani (non meno che a poeti italiani tradotti in quei Paesi) sia una forma di risarcimento anche morale. È questo che va facendo da una vita, Coco: dar voce agli altri per rafforzare (forse) anche la propria, per attrezzarsi e sostenere la propria 'ispirazione' («Io credo poco nell’ispirazione. L’assistenza gratuita delle muse non è altro che una metafora che nasconde il duro apprendistato del poeta per acquistare e dominare le tecniche del mestiere»). Vien fatto di pensare proprio a questo, a scorrere le pagine della sua più recente fatica di 'traghettatore': l’antologia Con il fuoco del sangue. Trentadue poeti colombiani d’oggi, edita con testo a fronte da Raffaelli di Rimini (pp. 440, euro 25), che si aggiunge a quella pubblicata appena tre anni fa per raccogliere il meglio della poesia messicana ( Dalla parola antica alla parola nuova, sempre dallo stesso editore), è un servizio (a se stesso e agli altri), un ulteriore percorso alla conquista della propria voce. «Un’antologia necessaria», come la definisce lo stesso Coco nell’introduzione, perché dà voce a «un Paese di poeti» quale appunto la Colombia, poco o niente conosciuto finora in Italia, consentendo di gettare uno sguardo su un panorama di grande e insospettata vitalità creativa, che attraverso le scelte dell’antologista si dispiega come una galleria di persone vive, non incasellate in canoni e repertori di scuola. Non sarebbe giusto fare nomi. Pure due potrebbero, più degli altri, essere ricordati: Darìo Jaramillo dai versi di grande coinvolgimento autoironico, e Piedad Bonnet, una delle poche donne presenti in antologia. © RIPRODUZIONE RISERVATA Emilio Coco propone le voci più notevoli di una letteratura poco conosciuta da noi, eppure d’insospettata vitalità creativa
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