venerdì 22 novembre 2019
In viaggio dalla costa alla scoperta dell’interno, meno battuto dai flussi turistici ma con chicche imperdibili. A cominciare da Grisignana, la città degli artisti. O Levade, patria del tartufo
Istria, l'antico faro di Salvore (foto G. Matarazzo)

Istria, l'antico faro di Salvore (foto G. Matarazzo)

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L’Italia fa parte della sua storia, è lì di fronte, dall’altra parte del golfo, a poco più di un’ora di macchina, anche se si superano due confini. Forse si vede anche da lì il più antico faro ancora attivo dell’Adriatico, a Salvore, in Istria, Croazia. Un faro e tante storie attorno. Di mare e di terra. A cominciare dalla sua costruzione nel 1818 dall’architetto Pietro Nobile per ordine della Deputazione della Borsa di Trieste con l’appoggio dell’imperatore austriaco Francesco I come segnale per i navigatori notturni: “cursibus navigantium nocturnis dirigendis”, riporta la targa lapidea all’entrata. La leggenda narra che fu un nobile austriaco, il conte Metternich, a volerlo per una bella nobildonna di queste zone di cui si era innamorato a un ballo a Vienna. La giovane croata però morì prima che il faro venisse terminato. Il conte non lo visitò mai, eppure la sua bellezza e l’amore di cui è intriso sono arrivati fino a noi. Le acque di Salvore sono state teatro anche di grandi battaglie: nel 12° secolo il Doge di Venezia con una trentina di galee tese un’imboscata alla flotta dell’imperatore Federico Barbarossa, due volte più grande. Quando Otto, il figlio dell’imperatore, si rese conto che la sua flotta non poteva essere salvata, decise di fuggire. Si nascose in queste coste, in una vecchia cisterna romana: a questo episodio Salvore deve il suo nome (il “re salvato”).

Storie che riecheggiano attorno al faro, una struttura alta 36 metri, la prima al mondo a utilizzate il gas proveniente dalla distillazione del carbone, ora completamente automatizzata: c’è un solo guardiano a presidiare la struttura in cui si può anche soggiornare, per vivere il mare dell’Istria da una prospettiva unica. Tutt’intorno ci sono coste e baie meravigliose, tratteggiate dalle caratteristiche gru in legno e ferro per il “rimessaggio” delle barche in mare. Alle spalle una verde pineta con un tranquillo campeggio, sentieri con deliziose abitazioni, accoglienti strutture recettive che crescono al ritmo del turismo (una delle più nuove e attrezzate è sicuramente il Kempinski Hotel Adriatic) in questo pezzo di costa a una manciata di chilometri dalla deliziosa Umago con il duomo dedicato all’Assunzione in cielo di Maria e al patrono san Pellegrino.

Se si lascia la costa, l’interno regala sorprendenti borghi. Come Grisignana, centro medievale conosciuto come il «paese degli artisti». Dopo la Seconda guerra mondiale la cittadina perdette quasi tutta la popolazione e sembrava destinata alla scomparsa. Ma negli anni Sessanta arrivò l’intuizione: il 5 febbraio 1965 si costituì l’associazione per l’organizzazione della colonia di artisti con lo scopo di restaurare gli edifici e valorizzare le loro opere. Da allora è stato un crescere di arti e mestieri. Oggi ogni numero civico è un atelier, un laboratorio, un negozio d’artigianato. Strade d’arte e d’artisti che vale la pena scoprire. Proseguendo verso l’interno, ecco Levade: la terra del tartufo. Qui Giancarlo Zigante, titolare della più importante azienda del territorio, nel bosco di Montona, lungo il fiume Quieto, nel 1999 trovò quello che allora era il tartufo bianco più grande del mondo (1,3 kg), onorato da un monumento al centro del paese. Adesso a Levade è tempo di sagre e di iniziative enogastronomiche per gustare i tartufi e i pregiati vini e oli della zona.

Strade ricche di verde e tornanti che aprono visioni inattese portano a Pinguente e poi a Rozzo. Da qui parte il viale dei Glagoliti – sette chilometri di cammino fra grandi monumenti di pietra ciascuno dei quali rappresenta una lettera della scrittura glagolitica (il più antico alfabeto slavo conosciuto) – che porta a Colmo. Un borgo, fuori dal tempo, risalente al IX secolo, dove ogni pietra è storia: 17 abitanti, 100 metri di lunghezza e 340 di larghezza, secondo il Guinness dei primati è la più piccola città del mondo. Un colmo per una città. Un concentrato di ricchezze in due strade: una manciata di case, nobilitate da due chiese romaniche (di san Gerolamo e di san Giacomo), su cui svetta una bella torre campanaria e un museo civico. Al borgo si accede da un grande portone in bronzo dov’è incisa la frase «vieni a visitare questa piccola città dove la pietra dura irradia calore». Ed è su un tavolo di pietra che, con una usanza millenaria si sceglie il capo-villaggio: il 9 giugno tutti gli uomini della parrocchia lo eleggono facendo una incisione su un bastone di legno. Ha il compito di prendersi cura della comunità, di risolvere le controversie tra gli abitanti e di emettere eventuali sentenze nei confronti di chi turba l’ordine pubblico. Ma soltanto quel giorno c’è veramente bisogno di lui: l’elezione coincide con la festa della biska, un’antichissima grappa al vischio, che richiama tantissima gente dai centri vicini. Poi il borgo ritorna nella sua tranquillità.

Rientrando la sera verso il mare, il cielo si tinge di viola. La luce del faro di Salvore taglia il cielo, guida anche chi arriva dalla terra con un bagaglio di storie che si incontrano e si confondono, in glagolitico come nel dialetto veneziano che ancora si parla lungo la costa. La laguna è di fronte al faro, al di là del mare, con tutta la sua storia.

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