martedì 15 giugno 2021
Zazzera, 23enne calciatrice della Fiorentina, ha subito un intervento a cuore aperto e ora racconta la sua storia: «Vorrei poter parlare con Eriksen e dargli un po’ della mia forza»
L’esterno alto della Fiorentina Womens, Danila Zazzera, 23 anni

L’esterno alto della Fiorentina Womens, Danila Zazzera, 23 anni

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«Sabato non guardavo la tv quando Eriksen ha avuto il malore. E le dico la verità, meglio così. Sarei stata troppo male...». È il commento schietto e sincero di Danila Zazzera, 23enne esterno alto della Fiorentina Women’s, la prima donna calciatrice ad aver riotennuto l’idoneità agonistica dopo un delicato intervento a cuore aperto. La sua, è una favola a lieto fine, e adesso spera tanto che anche il 29enne nazionale danese dell’Inter Christian Eriksen possa scrivere un finale analogo al suo. L’inizio della storia di Danila era stato drammatico. A luglio 2020, alle visite mediche di rito per il ritiro estivo della Fiorentina, la sua corsa stava per interrompersi, definitivamente.

Come si è accorta che il suo cuore non andava?

Ero asintomatica e solo dopo un ecografia sotto sforzo è emerso il problema. Il cardiologo dopo un’ora di attesa stressante mi ha comunicato che avevo un’anomalia alla coronaria destra. Per un mese e mezzo mi hanno somministrato un metabloccante e poi l’8 ottobre all’ospedale di San Donato Milanese sono stata sottoposta ad intervento a cuore aperto.

Paura... anche di non poter più tornare a giocare?

I medici mi prospettarono tutti gli scenari possibili. Mi dissero chiaro e tondo: «Questa operazione devi farla prima di tutto per tornare a una vita normale e poi forse chissà... magari anche per continuare ad essere un calciatrice di Serie A. Confesso che paura e speranza in quei giorni si sono sfidati continuamente nella mia cameretta d’ospedale.

Momenti difficilissimi. Cosa o chi le ha dato la forza per reagire?

Il momento più duro è stato quando, dopo operata, sono dovuta stare un mese immobile per via dello sterno “rotto”. Per arrivare al cuore e dargli la “scossa” i chirurghi hanno dovuto romperlo. Per scelta, ho voluto vivere in maniera molto intima questa vicenda, perciò dal momento che sono entrata in ospedale ho avuto sempre vicino la mia famiglia, gli amici più stretti e le compagne di squadra della Fiorentina. Persone fidate che non mi hanno mai fatto sentire sola.

Come è stata la ripresa?

Lenta e faticosa. Il 24 gennaio, giorno del mio compleanno, ricordo che avevo il fiatone appena facevo due passi. A marzo nuova visita sotto sforzo e angiotac. Poi il 6 aprile, che ormai considero la data del mio secondo compleanno, ho ottenuto l’idoneità per tornare all’attività agonistica.

Rientro in gruppo alla Fiorentina e il pallone di nuovo tra i piedi. Un miracolo?

Quasi. Mi sono dovuta allenare su un battito cardiaco basso (140 al minuto), poi con l’idoneità ho rialzato il ritmo. E adesso sono pronta per la prossima stagione.

Fiorentina è sinonimo anche di Davide Astori, il capitano viola che a 31 anni è stato “tradito” dal cuore e anche da una cattiva prevenzione medica. Ci pensa mai?

Tante volte mi sono chiesta: perché io mi sono salvata e Davide c’ha dovuto lasciare? Una risposta non ce l’ho. Ma sono certa invece che la morte di Astori ha cambiato radicalmente l’approccio della medicina sportiva e ha lasciato un segno indelebile nella storia della Fiorentina che ha perso qualcosa di più di un semplice calciatore, ma un giovane uomo che è un simbolo e un esempio per la città.

Tornando a Eriksen, il simbolo della Danimarca è diventato il suo “salvatore”, capitan Kiaer. Ma in un caso analogo voi calciatrici sareste preparate?

Kjaer ho letto che ha avuto una freddezza incredibile e si capisce bene che sapeva cosa fare in una situazione d’emergenza come quella. Nei nostri campi di gioco oltre al defibrillatore c’è bisogno anche di una nuova cultura di pronto intervento, perché non si può, non si deve morire per una partita di calcio.

Il calcio femminile è più vivo e vegeto che mai: quanto manca per la “parità” professionale con gli uomini?

Spero poco, visto che dalla stagione 20222023 finalmente verremo riconosciute come professioniste. C’è però ancora da lavorare sul piano del confronto “discriminante”. «Il calcio femminile non ha i ritmi e l’intensità di quello maschile», è la frase ricorrente, alla quale rispondo: una nostra partita non sarà mai “maschia”, ma è pur sempre bella, perché tecnicamente e stilisticamente, trattasi dello stesso identico sport.

«Vorrei essere come David», diceva Parminder Nagra, l’attrice protagonista del film Sognando Beckham. Lei chi sognava di essere da bambina?

Ho cominciato a giocare a calcio che avevo 5 anni e il mio unico idolo è stato Kakà. Oltre che un fuoriclasse, non a caso Pallone d’oro (2007), lo trovavo un ragazzo umile e semplice, come di solito sono tutti i grandi, non solo del pallone.

Se un domani per la Zazzera con il calcio dovesse finire, Danila ce l’ha un piano B?

Sto studiando per laurearmi “ingegnere del verde”. La mia famiglia a Magenta ha un vivaio e oltre a dare una mano sto imparando il mestiere. A Rocco, il presidente della Fiorentina, glie l’ho detto: «Mister Commisso, se vuole posso rifarli io i campi del centro sportivo». Il Presidente è un uomo molto simpatico. Ama il calcio femminile? Quest’anno io non c’ero, ma le mie compagne mi hanno raccontato che al derby con l’Empoli era presente in tribuna e faceva un tifo sfegatato...

Da “tifosa” speciale di Eriksen, un pensiero finale...

Vorrei tanto che ci mettessero in contatto. E spero davvero con il cuore che la mia storia gli dia la forza per riprendersi al più presto e di tornare in campo più forte di prima.

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