sabato 30 novembre 2019
Parla Omar il portiere del club (di Eccellenza) punito ingiustamente dopo aver subito «l’ultimo episodio di razzismo. In queste categorie succede ogni domenica, ma nessuno fa nulla. Noi no!»
Omar Daffe, portiere (Agazzanese)

Omar Daffe, portiere (Agazzanese)

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Prima di Omar Daffe, un altro senegalese, il difensore del Perugia Ferdinand Coly, nella stagione 2004-2005 subì un pesante episodio di razzismo, e anche quella volta lo scenario era sempre il Bentegodi di Verona e l’attacco proveniva dalla Curva degli ultrà dell’Hellas. Gli stessi che nelle settimane scorse se la sono presa con Mario Balotelli che, per la rabbia, ha reagito scagliando via il pallone in Curva e facendo sospendere momentaneamente Verona-Brescia.

«E Mario, secondo me ha fatto anche poco...», dice convinto Omar Daffe, portiere dell’Agazzanese (Eccellenza emiliana) che domenica scorsa a Bagnolo in Piano, grazie anche alla splendida prova di solidarietà dei suoi compagni di squadra è andato anche oltre: al 27’ del primo tempo, dopo i reiteirati insulti razzisti da parte dei tifosi della Bagnolese è riuscito a far sospendere la partita.

Ma per l’arbitro, il signor Andrea Paccagnella, evidentemente l’episodio non era così grave, dato che ha prontamente estratto il cartellino rosso nei confronti di Daffe, e l’ha espulso.

«Mi sono beccato un turno di squalifica che ho già scontato, mercoledì, e domani (oggi, ndr) sarò in campo contro il Fiorano, ma quello che è successo a Bagnolo lo ripeto ancora, mi ha ferito al cuore. L’arbitro ha sentito bene quegli insulti e nel referto infatti ha scritto di “ingiurie di stampo razziale”, quindi come è possibile che io sia stato squalificato e che addirittura la mia squadra abbia perso 3-0 a tavolino?».

Una sconfitta dovuta al gesto di “piccoli eroi esemplari” di questo fantastico quanto assurdo mondo del pallone, che non ci hanno pensato due volte a mettersi dalla parte di Omar e lasciare con lui il campo. «Da regolamento andavo espulso d’accordo, ma sia l’arbitro che il giudice sportivo potevano usare il metro dell’umanità e non seguire alla lettera le “carte” – continua Daffe – . In questa brutta storia comunque sono passato dalle lacrime di rabbia al sorriso, grazie all’affetto e la comprensione dei miei compagni che hanno avuto il coraggio di andare fino in fondo. Non mi hanno lasciato da solo, non hanno voltato la faccia dall’altra parte come si fa di solito... Qualcuno di loro è talmente giovane che potrebbe essere mio figlio, ma ha già capito quanto sia importante essere uniti e compatti contro il razzismo».

Si emoziona parlando dei suoi compagni il 37enne portiere senegalese «ma vivo qui a Parma da 17 anni e sono cittadino italiano – sottolinea Omar – Sono arrivato in Italia con il sogno di giocare a calcio ai massimi livelli. In Senegal militavo del Mbour, un club di serie B, e anche qui sono stato a un passo dal debutto in B, con il Modena, ma la legge Bossi-Fini ha fatto sfumare il sogno. Ero tesserato come extracomunitario e così mi misero sul mercato. Da allora ho girovagato nel dilettantismo».

Un portiere “volante” Omar che per mantenere la famiglia, la compagna Valeria, «è napoletana» e i due figli «Ismael e Sebastian, entrambi nati qui in Italia» non vive di solo calcio. «Ho lavorato in fabbrica, nei magazzini della Ferrero e in una concessionaria Peugeot. Ma non ho mai smesso di giocare, perché il calcio è la mia più grande passione».

Una passione che difende, con grinta e con i suoi guantoni, come la porta dell’Agazzanese, nonostante i continui attacchi razzisti nei suoi confronti. «A Bagnolo è stata una delle tante domeniche assurde che capitano ogni stagione, a me, come a molti altri calciatori di colore, specie in queste categorie, dove non ci sono telecamere e dove a volte nei campi non c’è neppure la presenza delle forze dell’ordine... Ma ciò che è grave e che fa più male, è l’indifferenza dei più dinanzi ai cori e alla violenza di quei pochi che rovinano lo sport e spesso la vita delle persone innocue come me che sono un padre di famiglia, prima che un portiere di calcio, che ai miei figli insegno ogni giorno i valori del rispetto e della convivenza con gli altri».

Un padre amareggiato Omar, che raccoglie i guanti da terra e si rimette in gioco: «Spero non accada più quello che ho visto e sentito a Bagnolo, ma se succedesse ancora io sono pronto a lasciare il campo. E sono sicuro che i miei compagni farebbero lo stesso. È tempo che anche in Serie A diano un segnale forte: chi è razzista va combattuto e isolato».

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