mercoledì 3 aprile 2013
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«Sante o operaie, do voce alle donne che si sacrificano nel nome della dignità». L’attrice Laura Curino, già autrice e interprete di monologhi civili memorabili sul mondo del lavoro come Olivetti, porterà in scena contemporaneamente nei prossimi giorni il martirio di santa Barbara per il bresciano festival Crucifixus e, al Teatro della Cooperativa di Milano, la morte nel 1911 a New York delle 146 operaie nell’incendio di una fabbrica di camicette, cui si ispira la festa dell’8 marzo.«Tutte queste donne sono martiri di un sistema sbagliato» spiega la Curino che il 18 aprile reciterà Santa Bàrbera nella chiesa di Santa Maria Madre a Darfo Boario Terme. Si tratta di uno spettacolo nato qualche anno fa per valorizzare gli affreschi di Lorenzo Lotto nella Cappella Soardi di Trescore Balneario ispirati alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. «Sulle pareti della chiesa proietteremo gli affreschi che raccontano la vita di santa Barbara – spiega Curino – Io racconto un’adolescente entusiasta di fronte al messaggio rivoluzionario di questo Cristo che dà speranza e propone per la prima volta l’eguaglianza fra uomo e donna». Barbara, divenuta cristiana, verrà condannata a morte dal padre, funzionario dell’imperatore per non avere rinnegato la propria fede. «Il martirio di Barbara ricorda purtroppo l’uccisione per mano "amica" di tante donne da parte di uomini che non vogliono perdere la faccia davanti alla collettività e che pensano di recuperare il rispetto di sé attraverso la violenza» spiega l’attrice.La violenza è anche quella di un sistema industriale che badando al profitto dimentica la dignità umana. È il 25 marzo 1911, e alla Triangle Waistshirt Company la scintilla di una lampada a gas appicca il fuoco alle stoffe su cui lavorano 600 operaie che lavorano all’ottavo piano del grattacielo. Le porte della fabbrica sono state chiuse dai proprietari perché le operaie non escano prima dell’orario. <+corsivo>Scintille<+tondo>, prodotto dal Festival di Borgio Verezzi, fino al 7 aprile al Teatro della Cooperativa di Milano racconta tutto questo dal punto di vista di tre immigrate italiane. «È un testo dal taglio cinematografico in cui io interpreto 4 personaggi – dice Curino – Solo di recente gli Stati Uniti hanno ricostruito i nomi di tutte le vittime, di cui molte italiane e russe. L’autrice e regista, Laura Sicignano, notando che tre delle operaie decedute avevano lo stesso cognome, Maltese, le immagina appartenenti alla stessa famiglia. Caterina è la madre, arrivata dal Nord Italia, una contadina che rimpiange la vita dei campi. Lucia è la figlia maggiore fiduciosa nel futuro e nel cambiamento, Rosa la figlia 14enne e infine Dora è una operaia russa attenta ai diritti delle lavoratrici». La tragedia si svolge in tempo reale, sullo sfondo di foto d’epoca: l’acqua mancata, le pompe troppo corte, le scale antincendio che crollano, i portoni incatenati. Un tema scottante quello del lavoro, che oggi non presenta sicurezze in tutti i sensi aggiunge l’attrice. «Questo è un momento terribile per il nostro Paese. Il lavoro è destrutturato dall’assenza dello Stato. Non c’è azione, c’è assenza di misure. Anche le aziende che avrebbero la possibilità di resistere qui, magari rinunciando a un po’ di dividendi, preferiscono chiudere. In più si taglia sulla scuola, proprio lì dove c’è la soluzione: i ragazzi sono la nostra energia. Con le parole cerchiamo di tenere alta l’attenzione».
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