sabato 5 settembre 2015
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L’arte e l’immaginario d’ispirazione cristiana in Africa sono insieme un mezzo, un risultato e un riflesso dell’attività missionaria in quel continente (...). Alla luce di un campione di immagini africane (ad esempio in uso nelle comunità cristiane del continente, o da esse provenienti), possiamo proporre di distinguere quattro livelli di inculturazione del Vangelo nelle arti africane di ispirazione o di contenuti evangelici.1) Il livello minimale è quello del completo allineamento o della ripresa appena modificata di un soggetto dell’arte religiosa d’importazione europea. Un esempio è la Trinità del salterio di Max Mitsa, nell’affresco murale della cappella di Omvan a Yaoundé (Camerun), dove si ritrovano, oltre ai due Intronizzati (le due prime Persone della Trinità sedute sul medesimo trono), la Colomba dello Spirito, col viso umano e di fattura stereotipata, che vola sopra di loro – ma anche lo scettro e la boccia del mondo. L’artista non ha giudicato necessario «africanizzare» la morfologia dei visi, tanto meno ripensare la scenografia delle Persone che siedono in gloria. Si tratta di un caso di allineamento sull’iconografia d’importazione.2) Un livello intermedio è quello dell’adattamento, che si accontenta di rivestire all’africana i motivi principali di un soggetto che ha ricevuto altrove la sua struttura, come le Annunciazioni dei Mafa (popolazione dell’Africa centrale, presente soprattutto nell’estremo nord del Camerun e in Nigeria), dove la concezione dello spazio – realistica e «turistica» – dà la sensazione che l’artista si è infine accontentato di trasporre il modello europeo trasportandolo nello spazio geografico ed etnico africano. Il paesaggio evoca effettivamente le colline del Nord Camerun; Maria è coperta non da un velo ma da uno scialle, è accucciata davanti alla capanna mentre fa cuocere la carne o una polenta di miglio, in mezzo a varie zucche. Lo spaesamento è garantito, ma si può parlare di inculturazione nel senso che il soggetto sia stato per così dire ripensato e rivissuto in modo nuovo? Ne dubito... Il realismo accentuato evoca una foto di turista occidentale, senza parlare di Maria: che fa un gesto di sorpresa senza dubbio copiato dalle immagini europee. Poiché né il supporto, né la scala cromatica hanno radici africane (la pittura è arte d’esportazione), manca ciò che una recezione profonda suppone di reinvenzione e di lavoro di simbolismo.3) Il livello più innovativo vede l’aggiunta o trasformazione di alcuni tra i motivi principali di un dato soggetto cristiano, dove solo le grandi linee della sua origine europea costituiscono l’oggetto di una ripresa. Succede con le Annunciazioni di origine nigeriana in cui Maria non appare seduta o inginocchiata, mentre legge o sfoglia un libro di preghiere (come in una quantità di rappresentazioni europee), bensì è in piedi mentre pesta il miglio – occupazione di base di una giovane donna africana nell’ambito della famiglia in cui vive – in mezzo a personaggi contadini e con gli animali da cortile che le svolazzano intorno: un dettaglio preso dal vivo; anche l’angelo è africano, come appare per le labbra carnose e la capigliatura crespa, senza parlare del ramo che tiene in mano orizzontalmente al posto del tradizionale giglio europeo, mentre solo la colomba sfugge a tale naturalismo. Pure la scelta di un legno pesante quale supporto e della scultura in rilievo quale genere d’arte sono elementi che assicurano un radicamento originale del soggetto nelle risorse specifiche dell’arte africana. Del medesimo livello d’inculturazione è, a mio parere, il Crocifisso-maschera di François Goddard, artista dello Zaire che ha appunto sostituito il corpo del Crocifisso con una maschera tradizionale africana circondata da aureola.4) Il livello più esigente e anche più audace è quello che conduce alla creazione di nuovi soggetti d’arte cristiana, sconosciuti al repertorio dell’arte europea. Questo grado di inculturazione è illustrato, ad esempio, dai rilievi del trono episcopale di Ibadan (Nigeria), scolpito da Lamidi Fakeye nel 1954, che mostra al centro Cristo risorto con le piaghe ben visibili mentre apre le braccia in un gesto che è insieme di abbraccio e di insegnamento; a sinistra, un sacerdote del dio del tuono Shango e a destra uno stregone delle erbe Osanyin, ciascuno che porta i problemi delle sue divinità: è nato un nuovo soggetto, il Risorto porta la Buona Novella ai pagani simboleggiati dai loro sacerdoti. Un altro esempio nel medesimo spirito e con lo stesso autore è il Cristo che dà compimento alla religione yoruba della Nigeria.Ma l’audacia e la novità non sono criteri infallibili di un’inculturazione approfondita e pertinente. Padre Eugène Woelffel (1910-1992), missionario alsaziano in Togo ed eccellente disegnatore, buon esempio di missionario europeo dotato di tecnica d’artista e autore di un’arte inculturata pensata e voluta per l’evangelizzazione degli africani, realizzò per l’esposizione romana di Arte Missionaria del 1950 un Cristo re col képi servito come un sovrano da due assistenti e che potrebbe essere giudicato discutibile per il tocco di derisione che vi si legge.L’arte africana inculturata dell’ultimo mezzo secolo resta in larga misura una terra incognita. Ma ci auguriamo che in futuro si sviluppi il gusto dell’«incontro in immagini», della permeabilità interculturale, della scoperta vicendevole degli immaginari culturali e del «dialogo delle immagini» tra continenti, Paesi e regioni, religioni, spiritualità e correnti che costituiscono la ricchezza variegata dell’umanità. Perché abbiamo la debolezza di credere che sarebbe uno dei rari antidoti allo spezzettamento babelico delle lingue e alla crescita dell’incomprensione nel pianeta nell’epoca della globablizzazione.
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