sabato 12 febbraio 2022
Un recente numero di “Limes” studia le prospettive del cristianesimo sulla base di trend che sembrano marginalizzare l’Europa. Un’analisi che chiama esigenze di rinnovamento
Lisbona, 2021

Lisbona, 2021 - Reuters/Pedro Nunes/File Photo

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E' capitato altre volte di apprezzare il lavoro di sistemazione geopolitica della rivista 'Limes', che da quasi trent’anni se ne occupa con interessanti risultati. Il numero di Ottobre 2021, tutto dedicato alla riscoperta del concetto di futuro, affronta anche tematiche sulle prospettive del cristianesimo. Tutto ciò all’interno di megatrend socioculturali che vale la pena riprendere per poi affrontare la questione ecclesiale così come viene trattata. Innanzitutto: cosa sono i megatrend, anche religiosi, in geopolitica? Sono le numerose correnti culturali, i molteplici modelli di comportamento e gli atteggiamenti dei credenti che incidono nel profondo della vita quotidiana, modificando l’immagine della stessa istituzione ecclesiastica. Questi flussi in evoluzione nella società si connettono alle più vaste correnti economiche, tecnologiche, sociali che, nell’insieme, compongono lo scenario globale del futuro, verso il 2050. Ora i megatrend presi in esame da Limes sono raggruppabili nelle seguenti tendenze: 1) le 'regolarità' tra le forze politiche, economiche e militari nelle differenti aree geopolitiche esprimono bisogni e volontà di futuro per le loro manovre tattiche; 2) la ricerca di 'Limes' enfatizza nel futuro a medio termine, l’Europa e le triangolazioni europee, specialmente quelle tra Francia, Italia e Germania. Saranno più intime e anche più competitive; 3) dominano i mutamenti delle alleanze in ogni area geopolitica. Oggi, al contrario del periodo della 'guerra fredda', ogni soggetto ha un suo tempo specifico, delle dinamiche specifiche che non corrispondono a un arbitrario fronte internazionale che dura un lungo tempo, tanto meno a un presunto tempo comune. Le persistenze nelle analisi e ricerche in questo numero di 'Limes', esprimono interessanti intuizioni dei redattori sulla molteplicità delle possibili alleanze che sono diverse area per area geopolitica. Ciascuno degli attuali 'grandi attori', nei differenti scacchieri geografici, si crede capace di padroneggiare l’uso della forza. Mentre, in realtà, è la violenza che trascina successivamente tutti i protagonisti inserendoli nel gioco di quella reciproca violenza a cui credono di sfuggire. La funzione dell’immolazione descritta dal grande antropologo René Girard richiede che ci sia una vittima 'innocente'. All’inizio i sacrifici di immolazione sono esseri umani, poi lentamente sono sostituiti da animali, ad esempio agnelli: i capri espiatori. Si pensa così di scaricare, da parte dei membri della comunità che guerreggia, le colpe sugli 'altri'. Il dispositivo analitico di Girard è permanente nel tempo e la disciplina della psicopolitica è tenuta in grande considerazione, giustamente, nella ricerca della rivista. Nelle analisi di 'Limes', con proie-È zioni al 2051, si esclude per l’area europea, qualsiasi ipotesi di scelte guerrafondaie. Le pressioni tedesche e francesi sull’Italia, fatte le debite proporzioni, verranno compiute per accrescere il recupero di dialogo verso Mosca e anche per limitare la presa americana sull’Italia. Insomma si prevede una possibile crescita di autonomia europea verso un limes di decisioni politiche europee. Elaborate queste megadinamiche, il lettore, credente o meno, si trova di fronte a un’altra tendenza, presente non solo nell’introduzione del numero e che riguarda il futuro della Chiesa cattolica e, ovviamente, del cristianesimo. Questa tendenza religiosa sarebbe drammaticamente messa in discussione se continuasse lo spostamento di attenzione da parte di Papa Francesco e dei suoi collaboratori, verso i nuovi grandi spazi asiatici, africani, dell’America Latina. Dimenticando così, con scelte attuali, le 'decisive' particolarità euroccidentali della fu cristianità. Insomma si spera che non venga separato sempre di più il nucleo della dottrina cristiana dalla 'cristianità' europea. Ora è proprio quello che, non solo con Papa Francesco, ma anche nei precedenti pontificati, si è sempre guardato con appassionate intenzioni di rinnovamento e che nel Concilio Vaticano II, trova questa ricerca obiettivi e luoghi geografici la concretezza di un desiderato futuro. Ebbene tutte queste correnti riformatrici, a partire dagli inizi del Novecento, avrebbero realizzato un’incredibile eterogenesi dei fini. Verso un radicale 'abbassamento' nell’orientare tutte le realtà ecclesiali al servizio delle situazioni di povertà, sfruttamento e di presenza tra gli 'scarti' umani. Sono, invece, queste le strade che, ai massimi vertici della Chiesa e della diplomazia vaticana in particolare, sono ritenute la vera chiave di testimonianza accettabile per 'i nuovi segni dei tempi' sempre più in radicale mutamento e accelerazione. Questi orientamenti sono rafforzati dagli sviluppi di forze produttive in quei nuovi Continenti, dalla diffusione e incremento di formidabili energie demografiche, da innovazioni e creatività che indicano in molte di quelle nazioni e stati dinamiche di fede disponibili e aperte a comportamenti delle persone molto più consoni alla morale e alla parola evangelica. Vorrei aggiungere che le dialogiche osservazioni fatte verso questo numero di 'Limes' non hanno lo scopo di ridurre la presenza cristiana a sola 'Chiesa dei poveri'. Sarebbe un errore estremistico, così come corre il pericolo chi delinea un cristianesimo che coincida, nella sostanza, con le differenti segreterie, congregazioni, mandati diplomatici vaticani, senza cogliere che essi sono semplici strumenti di un 'mandato' che è qualitativamente distinto. Vediamo allora di ribadire bene come sia decisivo e necessario distinguere, non separare, il messaggio evangelico dalle sue, relative, molteplici, incarnazioni storico-sociologiche. Una cosa è il nucleo fondamentale della Rivelazione cristiana, altre sono le differenti esperienze storiche di queste 'fontane della Rivelazione' che si adattano al tempo, ma non si debbono ridurre solo al tempo storico. Il cristianesimo non ha necessariamente, dottrinalmente, una sede centrale terrena eterna, non ha un suolo, uno spazio geografico 'sacro'. Il Cristianesimo vive bene oltre tutte le sue, pur significative esperienze avvenute nel corso dei secoli e in peculiari territori dove ha fermentato, contribuendo anche in modo decisivo a profondi processi di civilizzazione, come è stata la complessiva storia europea, financo occidentale, sino a circa una cinquantina di anni fa. Siamo infatti già in una realtà euroccidentale fortemente post-cristiana con diffequeste renti stili di vita ed egemonie culturali che non trovano più le motivazioni neanche naturali di collegarsi al Vangelo. Di fronte a questi fatti, la Chiesa, nella sua lunga storia, si è posta a volte in atteggiamento di chiusura, altre di radicale apertura. Ad esempio il Concilio di Trento definì una salda difesa delle origini dottrinali del cristianesimo. Ed è pur vero che da quel momento, per lungo tempo, i cattolici maturarono atteggiamenti polemici verso molte tendenze costituenti la modernità e la realtà contemporanea. Il passaggio a un diverso atteggiamento si ha negli anni ’60 del passato secolo con il Concilio Vaticano II. Lì ci fu una scelta strategica che ancora continua: si profetizzò, in terre ritenute di missione, una nuova evangelizzazione di crescita e ricca di futuro. In questo senso la Lettera a Diognetoè la 'costituzione sociale' di come va realizzata una spiritualità cristiana metropolitana nel XXI secolo. Questo raccomanderei ai redattori dell’interessante numero di 'Limes': raccordare gli stili di vita narrati in questa lettera al pagano Diogneto con le feconde iniziative della cosiddetta geopolitica vaticana. «I cristiani non si distinguono dagli altri uomini, né per territorio, né per lingua, né per il modo di vestire. Non abitano mai città loro proprie … Abitano ciascuno nella propria patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Adempiono a tutti i loro doveri di cittadini … si sposano e hanno figli come tutti, ma non abbandonano i neonati …», hanno il loro luogo di agàpe, di comunità selettiva, semplicemente attorno all’Eucarestia e alla preghiera: è questo il senso definitivo di questa magnifica lettera che così bene descrive i nostri 'antenati' nella Fede. «Non staccare il concetto di deserto dai luoghi frequentati da moltitudini, prova a vivere questa espressione: il deserto nel cuore della metropoli». Sono questi alcuni appunti di scritti del piccolo fratello Carlo Carretto che, per tanti della mia generazione formatasi prima e durante gli anni del Concilio, è stato punto di riferimento formativo. Carretto spiega, insieme al priore dei piccoli fratelli René Vaillaume, dell’inserimento di noi cristiani nelle immense realtà 'scartate' delle società africane, asiatiche, dell’America Latina. Non solo con la testimonianza silenziosa, ma anche in tante altre esperienze cristiane con l’uso dei 'mezzi poveri' e con capacità professionali e diplomatiche in grado di comunicare sempre meglio la scelta del servizio.

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