mercoledì 30 dicembre 2009
Nuovo omaggio all’artista scomparso quasi sette anni fa, con l’attrice Maddalena Crippa che rilegge «E pensare che c’era il pensiero» per il 3° «Milano per Gaber». È la prima donna del teatro canzone. «Al centro di tutto per lui c’è l’impegno sociale, che oggi ci manca».
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Per la prima volta una donna interpreterà uno spettacolo di Giorgio Gaber. Non una donna qualsiasi, beninteso, ma una stella del teatro italiano e internazionale, Maddalena Crippa, che va ad aggiungersi alla lista di chi cerca di mantenere viva la parola e la coscienza critica del geniale autore scomparso. Sinora tutti uomini: da Claudio Bisio a Gioele Dix a Neri Marcoré. Ma la Crippa, attrice lanciata da Strehler e Ronconi, ama le sfide. Sarà in primavera in tour europeo ne I demoni da Dostoevskij, kolossal del regista e compagno di vita Peter Stein, e intanto debutta il 2 e 3 dicembre al Piccolo Teatro Studio di Milano in E pensare che c’era il pensiero di Gaber-Luporini, nell’ambito del terzo Festival Milano per Gaber. Poi in tournée per almeno due stagioni.Signora Crippa, una bella responsabilità dare voce, come donna, a Giorgio Gaber.«Guardi, quando Emilio Russo del Tieffe Teatro di Milano mi ha proposto di interpretare il teatro-canzone di Gaber sono rimasta sconcertata e credo che lo rimarrà anche il pubblico. Gaber era molto maschile, dal fascino personale al modo di esporre il suo pensiero. Poi ho trovato il coraggio».Lei già da tempo, però, si era avvicinata alla canzone.«Il mio percorso da attrice si è spostato a quello di cantante, grazie a Peter Stein con il Pierrot lunaire di Schoenberg, prima, e poi con due recital dove raccontavo l’Italia attraverso le canzoni dagli anni 20 agli anni 60. Per prepararmi su Gaber ho ascoltato tutto lo scibile su di lui e poi ho scelto E pensare che c’era il pensiero».Perché questa scelta, alla fine?«Perché oggi il pensiero non c’è più, siamo lobotomizzati, derubati di ciò che sapevamo. Vale la pena riascoltare le parole di Gaber, specie in un momento tanto buio sia per la cultura, sia per le coscienze. Il centro di questo spettacolo è l’importanza dell’impegno sociale, della propria relazione con gli altri, il sentirsi parte di qualcosa».Come sarà, allora, Gaber al femminile?«Io non avrei mai voluto rifare Gaber. Non ho esitato a tagliare e a integrare brani o canzoni di altri spettacoli, togliendo i riferimenti più datati. Quindi il suo teatro canzone passa attraverso un altro punto di vista, un’altra sensibilità, una vocalità diversa, quella femminile. A partire dalla regista, Emanuela Giordano, che ha voluto tre coriste donne. Unico uomo in scena Massimiliano Gagliardi, figlio di Peppino, musicista e arrangiatore. Insomma, sarà una sfida, ma penso che un innovatore come Gaber ne sarebbe contento».
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