venerdì 1 febbraio 2013
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​Ventinove anni, in agenda Un ballo in maschera alla Scala, L’elisir d’amore al Covent Garden, Norma a Washington e concerti con la London Philarmonic Orchestra e l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo. Ma per Daniele Rustioni, direttore d’orchestra milanese, allievo e assistente di bacchette come Pappano, Gelmetti e Davis, da oggi parte una sfida particolarmente impegnativa: il commissario straordinario Carlo Fuortes lo ha chiamato alla direzione musicale del Petruzzelli di Bari, teatro che cerca una nuova fisionomia dopo i burrascosi anni seguiti all’ancora più travagliata ricostruzione e riapertura.Al Petruzzelli sono molte le novità, a partire da una orchestra completamente rinnovata.A fine 2012 sono stato il primo a dirigere la nuova orchestra dopo le audizioni. Non posso che provare grande affetto nei suoi confronti. È una compagine con una età media bassa: può sembrare un’orchestra giovanile ma è a tutti gli effetti un’orchestra professionale, composta da musicisti freschi vincitori di concorso. Un bel gruppo, pronto ad accettare le sfide.È un’orchestra giovane non solo per età ma anche per storia. Sarà suo compito darle una fisionomia?Un obiettivo, sì, ma le priorità ora sono altre. Il Petruzzelli è un teatro che deve ripartire. Ci sono decisioni da prendere, come ultimare i posti in orchestra e stabilire importanti cariche nel teatro. Prima ancora che di una fisionomia musicale bisogna fare in modo che orchestra e coro crescano come organismo e arrivino a prendere delle decisioni in proprio. Saranno loro il volto vero del Petruzzelli. Il mio compito in questi due anni sarà ascoltare l’orchestra e fare in modo che abbia un suo potere nel teatro.Quest’anno dirige un concerto sinfonico e un’opera, «Falstaff».Nel 2014 sarò più presente: tre concerti e due opere. Non posso ancora anticipare quali, certamente però saranno di compositori italiani. Non più di due perché voglio chiamare direttori che possano far crescere le compagini. La prossima stagione sarà di sette opere, il cartellone sarà pronto entro febbraio. Vogliamo costruire con anticipo, cosa che in Italia non sempre accade. Ma per ripartire sono necessarie anche decisioni di questo tipo.Per il concerto questa sera eseguirete il «Magnificat» di Johann Sebastian Bach e il «Sacre du Printemps» di Stravinskij. Due brani in apparenza molto lontani…Innanzitutto questo concerto vuole essere una sorta di biglietto da visita di coro, impegnato in Bach, e di orchestra, che nel Sacre è davvero molto vasta. Più in dettaglio, si parla qui di due sommi di due epoche. La musica di Bach è immensa ma si presta a esecuzioni oggettive e soggettive come per Stravinskij e specialmente per il Sacre, che è una partitura che ti trascina dentro. Così come Bach tocca le corde dell’anima, ed è impossibile non viverla nel senso più alto. L’ascolto della musica di Bach porta a toccare il paradiso, si percepisce con chiarezza che lo sguardo si rivolge verso l’alto, verso l’imponderabile. Con Stravinskij invece si scende in un abisso. Ecco, il celestiale e il terreno concentrati in 50 minuti di musica. Ieri La Stampa titolava un’intervista al maestro Daniele Gatti: «Un rischio i direttori ragazzini». Un gruppo in cui lei è stato spesso inserito.Se volessi fare polemica potrei rispondere che la bravura non è l’eta, ma sarebbero frasi fatte. Io sono convinto che il direttore d’orchestra cresce negli anni con l’esperienza. Prendo in seria considerazione il giudizio di questi maestri, è uno sprone per far meglio e non finire nel calderone con gli altri. In realtà anch’io sono convinto che sono scelte da fare con calma e criterio.Non si è però mai sentito schiacciato nel cliché del direttore giovane?No, è anche il bello della cosa, dobbiamo dimostrare quello che valiamo. È una cosa che verifichiamo con le orchestre. Vede, gli italiani sono molto più espliciti nel manifestare i dubbi, all’estero sono più professionali e non te lo dicono in faccia ma lo pensano lo stesso. Tu sali sul podio con la tua maschera e fai vedere quello che sai fare.
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