martedì 16 maggio 2017
La rapida evoluzione degli studi scientifici su cervello e capacità cognitive mostra l’urgenza di un confronto aperto fra ricerca, etica e indagine filosofica. Convegno all'università di Padova
Tra ricerca e filosofia: neuroscienze, conflitto di libertà
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È difficile pensare a campi dell’attività scientifica contemporanea che più delle neuroscienze abbiamo sommato allo sviluppo della ricerca empirica il chiaro, esplicito e pressoché universale riconoscimento dell’impatto filosofico delle proprie indagini. In questo senso, è grande il debito della filosofia nei confronti delle neuroscienze. La crescente conoscenza del funzionamento cerebrale si è accompagnata allo sviluppo di teorie innovative nel campo della percezione, della rappresentazione, del ragionamento, del pensiero, della memoria, del linguaggio, delle emozioni: tutti 'terreni di caccia' ben battuti dai filosofi che si sono ampiamente giovati degli stimoli e delle novità introdotte dalla ricerca empirica. Nemmeno un santuario di nozioni apparentemente refrattarie all’approccio sperimentale come quello della coscienza è rimasto indenne dalle incursioni della scienza. In termini più sistematici, possiamo inquadrare i rapporti tra neuroscienze e filosofia in tre ambiti strettamente interconnessi: contributi portati dalle teorie del funzionamento della mente; contributi relativi all’impatto etico-sociale delle neuroscienze; contributi a una visione metafisica generale della mente e della soggettività umana.

I contributi della neuroscienza alla comprensione dei meccanismi di funzionamento della mente rilevanti per la filosofia hanno a che fare con i campi di indagine sopra citati: le teorie della percezione, della razionalità, della memoria e così via, che emergono dall’indagine sperimentale mettono a dura prova secolari intuizioni su noi stessi e sulla natura della conoscenza umana. Per fare un solo esempio, la tradizionale contrapposizione tra ragione ed emozione è stata autorevolmente messa in discussione (un nome per tutti: Antonio Damasio) a favore di una visione più integrata di queste 'facoltà' della mente, nel cui ambito la ragione appare più 'emotiva' e le emozioni più "cognitive".

Un tema interessante riguarda il rapporto tra livello personale e livello subpersonale del funzionamento della mente. Contrariamente a quanto ipotizzato dal 'coscienzialismo' di matrice cartesiana, per le neuroscienze (così come per la psicologia computazionale e buona parte della psicologia sperimentale contemporanea) la spiegazione dei fenomeni mentali ha a che fare con processi inconsci e non accessibili alla coscienza del soggetto: meccanismi automatici che producono il comportamento secondo modalità opache al soggetto.

Questo conflitto tra un livello di spiegazione causale subpersonale e un livello ermeneutico di interpretazione a fini sostanzialmente pragmatici (operato attraverso l’introspezione) può essere letto in molti modi (non necessariamente secondo lo schema riduzionistico e semplificatorio di una contrapposizione tra realtà 'neuronale' e apparenza 'mentale'), ma certamente esso assume una valenza particolare con la nascita delle cosiddette neuroscienze sociali. Il fatto che le indagini neuroscientifiche si siano progressivamente estese fino agli ambiti delle interazioni sociali umane (in contesti, economici, etici, estetici, po-È litici, giuridici, e così via) introduce una novità sostanziale.

L’uomo neuronale genialmente descritto dai Jean-Pierre Changeux nel 1983 sulle orme di predecessori all’Istituto Pasteur di Parigi, del calibro Jaques Monod e François Jacob, vive ore in società: il cervello regola e coordina le nostre pratiche decisionali e i nostri atteggiamenti interpretativi ed empatici nei confronti degli al- tri esseri umani, con modalità sorprendenti e illuminanti (un nome fra tutti: Giacomo Rizzolatti). Con ciò siamo giunti al tema dell’impatto etico-sociale delle neuroscienze, trattato dalla neuroetica. Questa disciplina si orienta a sua volta in due direzioni: la ricerca di risposte alle nuove questioni etiche che nascono per gli sviluppi delle neuroscienze e la discussione filosofica sull’impatto generale di questi sviluppi sulla nostra concezione della natura umana e della soggettività.

Il primo tipo di questioni è affascinante, stimolante e, talvolta, allarmante. Scegliendo tra un vastissimo ventaglio di questioni, possiamo chiederci per esempio se (qualora dipendesse da noi) autorizzeremmo l’agenzia antiterrorismo nazionale ad applicare in modo sistematico e massiccio tecniche di scansione dell’attività cerebrale durante gli interrogatori di sospettati, anche se ciò significasse la fine di ogni forma di privacy mentale trasformando il cervello dell’imputato nel principale testimone dell’accusa? E che dire dell’uso libero di ritrovati della psicofarmacologia capaci di alterare a piacere il nostro profilo psicologico? O di stimolare le capacità cognitive in soggetti sani, le cui performance sarebbero quindi 'artificialmente' potenziate rispetto ai soggetti normali?

Le questioni più generali, per quanto apparentemente più specialistiche, impattano sulla nostra realtà e possono influenzarne gli sviluppi in modi inaspettati. Per porre una domanda semplice e di difficilissima risposta, le attuali teorie sulle basi neurobiologiche dell’azione sono compatibili con le nostre convinzioni più profonde circa la nostra natura di agenti liberi e responsabili? Con le nostre prassi educative, giuridiche, etiche? Con i nostri atteggiamenti emotivi e valutativi rispetto al bene, al male, al merito, alla colpa? Per rispondere serve un’antropologia filosofica nuova? E questa nuova antropologia dovrà essere neurocentrica o ispirarsi a forme di pluralismo esplicativo, nelle quali le neuroscienze si affiancano alla psicologia, alle scienze sociali e alla filosofia?

Attraverso questa domanda epistemologica (che ha a che fare cioè con la spiegazione) siamo giunti alla questione metafisica sulla natura della mente e della soggettività umana. Con la quale concludiamo senza proporre letture e soluzioni particolari, ma con la convinzione che solo dall’incontro aperto e privo di pregiudizi tra ricerca scientifica e indagine filosofica potremo affrontare le sfide etiche e sociali poste dai nuovi, straordinari sviluppi delle neuroscienze.

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