giovedì 12 aprile 2018
La qualità dei legami nella prima infanzia è determinante per costruire rapporti felici nell’età adulta e trasmetterli ai figli. Parla la psicologa Grazia Attili
Secondo la psicologa Attili "i bambini hanno bisogno di tempo, di attenzione e di "coccole" per poter avere un sviluppo ottimale" (Creative Commons CC0)

Secondo la psicologa Attili "i bambini hanno bisogno di tempo, di attenzione e di "coccole" per poter avere un sviluppo ottimale" (Creative Commons CC0)

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I legami di attaccamento della prima infanzia rendono possibile, se positivi, la costruzione di felici relazioni di coppia e permettono di trasmettere più facilmente ai figli quella sicurezza affettiva che consentirà loro di essere a tempo debito genitori efficaci.

Può sembrare un concetto scontato, eppure in questo passaggio di affetto, in questa cura amorevole per le persone che ci sono state affidate, in questo gioco di vasi comunicanti all’insegna della dedizione e della fiducia che diventa poi patrimonio di bene non solo all’interno della famiglia ma che s’allarga a tutta la società e si trasmette con il volgere lento dei decenni, c’è tutto il mistero e la bellezza delle generazioni. E ci sono le ragioni che dovrebbero essere alla base di un impegno educativo capace di intervenire sulle proprie inevitabili carenze, sulle difficoltà, sui vuoti, per trasformali in risorse di crescita, in nuove opportunità, in qualità dei legami di attaccamento.

«È la qualità di quei legami a fornire la capacità di affrontare le difficoltà del mondo, sia da bambini che da adulti, nonché quando giovani non si è più. È da quei rapporti che deriva la sensazione profonda, della quale non si è consapevoli, che non si è soli e che le persone che ci circondano sono disponibili a offrire vicinanza e affetto quando se ne ha bisogno». Lo scrive Grazia Attili, già ordinario di psicologia sociale alla "Sapienza di Roma", direttore emerito dell’unità di ricerca "Sistemi sociali, strutture mentali e attaccamento' nello stesso ateneo. Nel suo ultimo saggio, Attaccamento e legami. La costruzione della sicurezza (San Paolo, pagg.155, euro 15), l’esperta attinge alla vastità delle sue ricerche per offrire un distillato dei temi più molte affrontati. È un rapido excursus sulle caratteristiche e sulle modalità delle relazioni che contano – da quelle madre-bambino fino all’autunno della vita – offerto con tono divulgativo che, al termine di ogni capitolo presenta, una serie di esercizi per verificare la qualità dei propri rapporti e per predisporre possibili rimedi.

Un legame di coppia che funziona, lei scrive, vuol dire creare le premesse migliori anche per l’accudimento dei figli. In sostanza quanto è più forte la coppia, tanto più aumentano le garanzie per una crescita equilibrata dei figli. Ma quei figli saranno poi adulti positivi domani, a loro volta capaci di replicare i modelli generativi dei genitori?

«Per poter divenire adulti equilibrati, in grado di affrontare le difficoltà e di gioire degli eventi positivi è necessario che nell’infanzia si sia usufruito di genitori attenti, pronti a proteggere e confortare in caso di necessità. A queste condizioni i piccoli formano una immagine di se stessi come di individui degni di essere amati, manterranno questa percezione di se stessi anche in età adulta e avranno il migliore adattamento alle situazioni in cui si trovino. Una coppia forte è un grande vantaggio a tal fine, in quanto è costituta da due persone pronte ad aiutarsi l’un l’altra così da consentire a ciascuno di prestare attenzione ai bisogni dei propri figli e di rispondere con prontezza alle loro esigenze affettive».

Eppure oggi la situazione reale delle famiglie è decisamente più precaria. Quali sono gli elementi che nella società di oggi vanno maggiormente ad intralciare la trasmissione di modelli familiari positivi?

«Una società che si strutturi come fortemente competitiva, con condizioni economiche precarie, rende le persone ansiose rispetto al loro futuro e impedisce ai genitori di stare vicino ai loro figli quando ne hanno bisogno. Sembra, inoltre, che si vada diffondendo un ideologia che prevede che i piccoli debbano essere spinti ad una autonomia molto precoce, nell’ipotesi che non ricevere affetto e calore li renda forti e rapidamente autosufficienti. Ma i bambini hanno bisogno di tempo, di attenzione e di "coccole" per poter avere uno sviluppo ottimale».

Un genitore nel comportamento verso i figli, lei spiega, è guidato più o meno inconsapevolmente dalle esperienze fatte da piccolo con i propri genitori. E finisce per replicare anche quei modelli che l’hanno fatto soffrire. Ma avviene sempre così? Quali sono strategie per sfuggire a questa situazione, migliorandola?

«Il mio libro si propone proprio questo scopo. Attraverso esercizi ed esempi punta ad aiutare i genitori a prendere consapevolezza dei loro stili di accudimento, se distorti o carenti, in modo da modificarli. Inoltre, attraverso il recupero dalla memoria di come loro stessi sono stati trattati da piccoli li aiuta a dare nuovi significati agli eventi della loro infanzia, così da rivedere le immagini di se stessi, divenire sicuri e porsi come genitori in grado di rispondere in maniera adeguata ai bisogni affettivi dei loro figli».

Ha scelto di intitolare un paragrafo del suo saggio "reciprocità versus complementarietà" per distinguere l’attaccamento tra due adulti e quello tra genitori e figli. Ma tra due partner adulti un rapporto positivo non può essere allo stesso tempo "complementare" e "reciproco"?

«Un legame tra due partner adulti, se funziona, è caratterizzato da una alternanza nella complementarietà: a seconda delle necessità ciascuno è per l’altro colui che conforta o colui che chiede conforto. In questo senso la complementarietà dei loro ruoli diventa una reciprocità nel rapporto».

Quanto influisce dal punto di vista della qualità e della durata del legame, le caratteristiche del legame stesso? Matrimonio o convivenza offrono le stesse "garanzie" sotto il profilo dell’impegno e della responsabilità verso il partner e verso i figli?

«L’impegno, la responsabilità verso i figli sono l’esito sia delle caratteristiche individuali dai due genitori sia dell’ impegno che caratterizza il loro rapporto. E si può sentirsi fortemente legati ed impegnati in un matrimonio ma anche in una convivenza».

Cosa cambia, in assenza di deficit cognitivi, nei legami di attaccamento della terza età?

«Nella terza età non sono più i genitori, ovviamente, le figure da cui aspettarsi sostegno. Quando si è anziani spesso si è soli e non si può contare neanche sulla presenza del partner. Sono i figli a questo punto le figure di riferimento. E sono i legami con i loro congiunti, anche in senso più lato, che aiutano gli anziani a gestire la solitudine e gli inevitabili deficit cognitivi, sia perché li fanno sentire protetti affettivamente sia perché essere inseriti in rapporti di attaccamento diventa una palestra per mantenere quelle capacità della mente, come la capacità di prestare attenzione, o di prendere il punto di vista degli altri, o di far leva sulla memoria, necessarie al mantenimento di una felice vita di relazione».

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