sabato 6 maggio 2017
“Eclipse”, il nuovo album della cantautrice romana, tra musica brasiliana, jazz ed elettronica. «Sfido un'Italia che non aiuta chi merita»
Civello: «Le mie canzoni controcorrente»
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«Nella vita capitano sempre dei momenti di vuoto: dovuti a una perdita, un addio, un'assenza. O una pagina bianca che non si riesce a scrivere. Sono i lati oscuri, quelli che si tende a esorcizzare lasciandoli da parte: invece bisogna guardarle in faccia, le ombre. Altrimenti non si avranno mai risposte e i contorni della nostra quotidianità si slabbreranno sempre più».
Chiara Civello presenta con queste parole il suo bel ritorno ai dischi, a dodici anni da un debutto applaudito dai critici americani, a cinque da un (forse inutile) Festival di Sanremo, a tre dal cd Canzoni in cui interpretava Endrigo, Bindi, Buscaglione, Negramaro e Vasco.

Eclipse, episodio numero sei di una carriera iniziata giovanissima sotto l'egida (a stelle e strisce) della storica etichetta Verve, forse non va in profondità tanto quanto la musicista romana lo descrive, e però che bel disco: suoi ingredienti sono molto Brasile, un po' di jazz, tanta elettronica contemporanea sapiente e ammaliante e soprattutto una voce splendida, sempre più sicura e compresa. Con tali ingredienti, Chiara Civello stavolta ha limitato al minimo le cover (per lo più brani nati per il cinema, scelta originale) puntando su inediti suoi e di altri giovani autori: e centrando il bersaglio soprattutto in Come vanno le cose (bossa elegante), Eclisse Twist di Antonioni (d'allure contemporanea e magnetica), Um dia del chitarrista brasiliano Pedro Sá (bossajazz astratta e modernissima), Quello che conta incisa da Tenco nel film La cuccagna (eseguita piano e voce in modo splendido), Cuore in tasca (bel cantautorato del Duemila) e su tutte la dolente, aperta, magnifica Qualcuno come te, scritta da lei stessa con Diego Mancino.

«Oggi il mio baricentro esistenziale è quello di chi non vuol più avere paura di vuoti, assenze o mancanze», dice Chiara Civello. «E per certi versi ringrazio le solitudini, hanno affinato la mia scrittura. Nei brani ho cercato di far ballare le malinconie senza pesantezze ma se possibile con ironia, in una musica che volevo molto visiva, fatta di luce e chiaroscuri e che pesasse anche nei silenzi. Per arrivarci è stato decisivo l'incontro con Marc Collin dei Nouvelle Vague, un produttore visionario che mi ha spinto ad accostare sintetizzatori d'oggi e suoni anni Settanta. Cercare un approccio inedito è l'unica via che hai, mi ha detto, per tornare dopo un disco di successo».

Chiara Civello presenterà l'album live a partire da oggi a Roma; toccherà poi Napoli, Bari e Milano, indi andrà in tour fra Brasile e Francia. Ancora nemo propheta in patria? «L'Italia manca di meritocrazia. Però non è che se non mi si vede in tv non esisto, ciò per fortuna sta cambiando; certo, resto una voce fuori dal coro, resistente. Ma il coraggio mio non è lo scegliere ora cover strane, è stato l'andarmene negli Usa da sola a diciotto anni: a impararvi però che se si lavora mettendo nella musica tutto quanto si ha, allora ci si può costruire una carriera coerente, pur nella necessità di sperimentarvi cose diverse. Sul palco con Chico Buarque o Tony Bennett, poi, ho capito che la classe è sempre sostanza, mai apparenza: perciò ho voluto così Eclipse e lo porterò in giro con una band minimale, calibrandomi col pubblico di volta in volta, come fossero tanti incontri a tu per tu».

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