domenica 2 novembre 2014
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Soldi. Crisi. Molto cinema e pochi spettatori. Arriva il tradizionale autunno e le sale si riempiono di film dopo l’estate di sole e sale vuote: storie commerciali ed eventi per il grande pubblico continuano a fagocitare gli spettatori come I guardiani della galassia e il concerto degli One Direction. In un autunno che segna, rispetto all’anno precedente, una crescita del 7% di affluenza in sala, non possiamo non parlare di quelle iniziative che fanno poco rumore ma che sono una forza formativa delle nostre città. Negli anni, il lavoro di sensibilizzazione è cresciuto in quei circuiti minori, come le sale di comunità e il parco sale di Microcinema, con la sua variegata offerta di film di finzione e documentari. A novembre un’altra idea si fa strada: lo spettatore può scegliere la sala per vedere il film che vorrebbe. È il caso di Terra di Maria,  il doc dello spagnolo Juan Manuel Cotelo distribuito dalla società InfinitoMasUno, responsabile dei diritti del film in Italia, già in sala a Firenze a metà settembre e il prossimo 5 novembre al cinema Adriano di Roma, in una proiezione che ha già fatto il tutto esaurito. Un film che intreccia realtà e finzione, e pone, attraverso un personaggio dalla fede vacillante (interpretato dallo stesso Cotelo), alcuni interrogativi: davvero pregano e chi pregano i cristiani? La società, che già aveva distribuito L’ultima cima di Cotelo, ha trovato il suo posto nel mercato cinematografico, imparando dal metodo del crowdfunding, con una soluzione semplice, una distribuzione “dal basso”. «Ovvero scelgono gli spettatori se vogliono vedere il film in una determinata città, in un cinema o in proiezione privata», racconta Francesco Travisi, responsabile della InfinitoMasUno. «Terra di Maria ha totalizzato in Spagna 80mila presenze mentre in Polonia il doc è ancora in sala con un totale di 100mila spettatori». Un’iniziativa piena di speranza che ha dato frutti: il film ha già ottenuto 10mila richieste da tutta Italia. (GUARDA SUL SITO www.terradimaria.it) Da tenere in conto però un dato. La dispersione dei desideri del pubblico non rafforza né la domanda di cinema né la conseguente offerta, perché la fidelizzazione del cliente per la sala nasce dalla identità della stessa sala e del circuito d’appartenenza. Lo sa bene il cinema milanese Mexico, raro nella sua tenacia e offerta di qualità filmica. Dal 2005 la sala guidata da Antonio Sancassani (che insieme ad alcuni soci ha appena rilevato la gestione del Palestrina, sala della comunità milanese che in passato ha avuto al suo attivo film di difficile tema come Katyn di Andrzej Wajda) non sbaglia un colpo: e se per due anni consecutivi Il vento fa il suo giro, l’esordio alla regia di Giorgio Diritti, girato in occitano, è stato l’unico film proiettato nel cinema milanese sempre affollato, così anche Io viaggio sola di Maria Sole Tognazzi, ha resistito per oltre 150 giorni in sala. Esempi isolati, ma non troppo. Lo dimostra il successo de Il giovane favoloso di Mario Martone. Digiuno di premi al recente Festival di Venezia, il film interpretato da Elio Germano ha superato, dopo oltre un mese di presentazione dalla Mostra, i 3 milioni di euro in 20 giorni di programmazione. Un evento, un caso, un cambio di prospettiva improvviso? Dal trailer accattivante (e per farlo serve contenuto) e dal cast forte (e non basta la presenza di attori famosi perché belli) si evince una certezza: il buon cinema, anche se non per tutti i palati, esiste. Come esiste, ed è vivo, lo spettatore, anche giovane, che sceglie al di là del film commerciale.  I problemi, nonostante i fuochi d’artificio, però continuano a esserci. Le sale di città chiudono, la pirateria rovina qualitativamente il palato del consumatore, e gli eventi come l’opera lirica, i balletti e i concerti relegati ai giorni feriali, dal lunedì al mercoledì, sembrano voler rubare l’abituale spazio del fine settimana, destinato all’uso tradizionale dei film. In più un’altra “minaccia” (o un’opportunità?) sembra arrivare da Hollywood: Netflix, la piattaforma di film online, ha stretto un accordo con Miramax per l’uscita estiva contemporanea tra sala e piattaforma web del sequel de La tigre e il dragone.  Una rivoluzione che ribalta le regole del mercato distributivo dell’audiovisivo, che in qualche modo ha tutti i numeri per raggiungere quello spettatore svogliato della sala ma che guarderebbe comodo e in compagnia il film al computer o in televisione. La creatività nelle proposte è un bene non da soffocare, ma da valorizzare se si vuole rispondere all’attacco della pirateria e alla variegata fruizione di cinema, intrattenimento e musica. Se in Italia si osasse di più, anche dal punto di vista produttivo – esempi ne abbiamo: i produttori de La grande bellezza spaziano dall’Oscar a Paolo Sorrentino al format web tv Una mamma imperfetta, venduto in molti Paesi – leggendo i dati (il numero di copie per un film, la media per ogni sala) per quello che sono realmente si eviterebbe di costruire commedie monotono, con cast e titoli sempre uguali, storie senza spessore. E forse una via nuova si potrebbe sperimentare. Che sia il crowdfunding, che sia la scelta di film “diversi” decisa dal fruitore, il vuoto culturale, attaccato da idee e rischi collettivi, avrà poco spazio di conquista.
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