venerdì 3 dicembre 2010
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Giugno 1989 è stato un momento di svolta nella mia vita. La mia carriera universitaria aveva seguito un corso normale; dopo la laurea sono rimasto all’Università di Pechino. In cattedra, ero un insegnate benvoluto ed ero un intellettuale pubblico. Negli anni Ottanta, ho pubblicato articoli e libri, sono stato invitato a conferenze e corsi anche in America e Europa. La mia regola di vita era di comportarmi con onestà, senso di responsabilità e dignità. Poi, tornato in Cina per prendere parte al movimento dell’89, fui imprigionato per «propaganda controrivoluzionaria e incitamento al crimine». Non avrei più potuto pubblicare o fare conferenze in Cina. Per aver espresso opinioni politiche diverse e aver preso parte a un movimento pacifico e democratico, un insegnante perde la cattedra, uno scrittore perde il diritto di pubblicare e un intellettuale la possibilità di parlare in pubblico: questo è triste, non solo per me, ma per la Cina, dopo trent’anni di riforme. Le esperienze più drammatiche della mia vita dopo il 4 giugno hanno a che fare con i tribunali. Le due occasioni che ho avuto di esprimermi in pubblico mi sono state fornite dal tribunale di Pechino, una nel gennaio 1991 e una ora. Capi d’accusa identici: reati d’opinione. Le anime del 4 giugno non riposano ancora in pace. Dopo essere uscito dalla prigione di Qincheng nel 1991, ho perso il diritto di parola nel mio Paese e mi sono potuto esprimere solo coi media stranieri. Sono stato agli arresti domiciliari (maggio 1995-gennaio 1996), mandato in un campo di rieducazione attraverso il lavoro (ottobre 1996-ottobre 1999) e oggi sono processato dai miei nemici. Ripeto quanto avevo detto venti anni fa nella "Dichiarazione per il secondo sciopero della fame del 2 giugno": non ho nemici, non provo odio. Nessuno dei poliziotti che mi hanno tenuto sotto sorveglianza, arrestato, interrogato, nessuno dei procuratori che mi hanno perseguito, nessuno dei giudici che mi hanno condannato è un mio nemico. Anche se non posso accettare i vostri arresti e le vostre condanne, rispetto le vostre professioni e personalità. L’odio corrode la saggezza e la coscienza, la "mentalità del nemico" avvelena lo spirito di una nazione, incita a lotte mortali, distrugge la tolleranza e l’umanità di una società, blocca lo sviluppo verso democrazia e libertà. Spero di trascendere le mie vicende in una comprensione dello sviluppo dello stato e dei cambiamenti della società, contrastare l’ostilità del potere con le mie migliori intenzioni, sostituire l’odio con l’amore. La politica delle riforme ha portato allo sviluppo dello Stato e alla trasformazione della società. Le riforme sono cominciate quando è stato abbandonato il principio della lotta di classe. Ci siamo dedicati allo sviluppo economico e all’armonia sociale. Il processo di abbandono della filosofia della lotta equivaleva a stemperare la mentalità del nemico, a eliminare la psicologia dell’odio e del "latte della lupa" nel quale i cinesi erano stati immersi. Questo processo ha consentito la nascita di un ambiente più sereno per le riforme, per ristabilire l’amore fra le persone, per offrire un terreno più favorevole alla coesistenza pacifica di valori e interessi diversi. Così sono esplosi la creatività e il ritorno a un sentimento di umanità. L’orientamento dell’economia al mercato, il pluralismo culturale, l’evoluzione di uno Stato di diritto hanno tratto profitto dall’indebolimento della mentalità del nemico. Anche in campo politico, dove i progressi sono stati più lenti, il potere è diventato più tollerante delle diversità sociali, è calata la persecuzione dei dissidenti. L’indebolimento della mentalità del nemico ha portato il potere ad accettare l’universalità dei diritti dell’uomo. Nel 1998, il governo si è impegnato a sottoscrivere le due convenzioni internazionali sui diritti umani dell’Onu. Nel 2004, l’Assemblea del popolo ha iscritto per la prima volta nella Costituzione che «lo Stato rispetta e garantisce i diritti umani». Il potere politico ha annunciato di voler mettere «l’uomo al centro» e di voler creare una «società armoniosa». Questi cambiamenti li ho sperimentati dopo il mio ultimo arresto. Anche se mi professo innocente, ho conosciuto due prigioni, quattro uffici di polizia, tre procuratori e due giudici. Nel mio caso, non mi hanno mai mancato di rispetto. Il 23 giugno 2009 sono stato trasferito dal mio domicilio sorvegliato all’Ufficio di pubblica sicurezza di Pechino, noto come Beikan. Nei sei mesi che ho passato lì ho visto i progressi intervenuti nella gestione delle carceri. Sono convinto che in Cina il progresso politico non si fermerà: nessuna forza può bloccare l’aspirazione dell’uomo alla libertà. Un giorno la Cina diventerà uno Stato di diritto rispettoso dei diritti umani. Spero che un tale progresso potrà riflettersi sul mio caso. L’esperienza più fortunata di questi vent’anni è l’amore incondizionato di mia moglie Liu Xia. Oggi non può essere presente al processo, ma voglio dirti, amore mio, che sono sicuro che il tuo amore per me non cambierà. Nella mia vita non libera, il nostro amore ha conosciuto l’amarezza imposta dall’ambiente esterno, ma quando ci penso lo considero un amore senza confini. Sono stato condannato a una prigione visibile, mentre tu aspetti in una prigione invisibile. Il tuo amore è la luce che supera i muri di recinzione e le sbarre alle finestre, che carezza la mia pelle, che mi consente di mantenere la mia calma interiore, la mia magnanimità e la mia lucentezza, rendendo significativo ogni minuto che trascorro in prigione. Ma il mio amore per te è pieno di colpe e rimpianti, tanto che rende pesanti i miei passi. Sono come una pietra in una landa desolata, ma il mio amore è solido. Anche se venissi ridotto in polvere, ti abbraccerei con le mie ceneri. Spero che un giorno il mio Paese sarà una terra dove ci si potrà esprimere liberamente; dove valori, fedi, opinioni diverse potranno convivere. Spero in un Paese dove le opinioni politiche diverse da quelle di chi detiene il potere saranno rispettate e protette; dove tutti i cittadini potranno esprimere le loro opinioni politiche senza paura e le voci dissenzienti non saranno perseguitate. Spero di essere l’ultima vittima dell’immarcescibile inquisizione e che dopo di me nessun altro venga incarcerato per quello che ha detto. La libertà di espressione è la base dei diritti umani, la radice dell’umanità, la madre della verità. Impedire la libertà di parola significa calpestare i diritti umani, schiacciare la verità. Non mi sento colpevole di aver utilizzato il diritto alla libertà di parola sancito dalla Costituzione. Io sono innocente, e anche se vengo condannato per questo, non me ne cruccio.(Traduzione di Maria Rita Masci)
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