lunedì 30 novembre 2015
Il Gp di Abu Dhabi conferma lo stato di grazia di Rosberg e il calo di tensione di Hamilton dopo la conquista del 3° titolo mondiale. (Paolo Ciccarone)
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​Finito un mondiale se ne apre un altro. Ma su che basi visto che i difetti di quello appena concluso non paiono essere risolvibili? Innanzitutto servirebbe avere un altro competitore, non bastano i due piloti della Mercedes Rosberg ed Hamilton a tenere desta l’attenzione. Aver vinto 16 delle 19 gare in programma con 12 doppiette fa capire che se la sono suonata e cantata fra di loro: “L’anno prossimo Rosberg sarà ancora più forte – dice Niki Lauda presidente onorario del team – perché a metà stagione si era perso ora ha ritrovato la testa e la motivazione, Hamilton si è invece perso dopo aver vinto il mondiale”. E quindi, sottinteso, saranno ancora loro a menare la danza. Tragico, se le corse dovessero essere tutte così, con un assolo e una orchestra di stonati alle spalle, nonostante qualche bella interpretazione della Ferrari che ha vinto tre gare: “era l’obiettivo minimo della stagione – dice Maurizio Arrivabene – ma il nostro vero obiettivo è vincere il mondiale e quello non l’abbiamo fatto. Siamo riusciti a risalire la china rispetto all’anno scorso, la squadra ha lavorato bene e sono orgoglioso di tutti i ragazzi in pista e a casa, ma non basta”. E su cosa faranno il prossimo anno si gioca parte della rinascita della F.1 che si perde fra beghe di condominio allucinante, la Renault che sostituisce la Lotus, cambia nome alla squadra ma vuole i soldi dei premi, la Lotus che ha debiti e non ha i quattrini per pagare e dall’anticipo detrae i quattrini che vorrebbe la Renault, Red Bull che deve definire i motori, la Marussia che non esiste ma ha il motore Mercedes anche se non si sa chi farà la macchina ma ci sono 60 milioni di euro di premi da spartire e via di questo passo. Entusiasmare in questo contesto è difficile, se poi in pista ci si mette tutti in fila e per ogni errore di un pilota partono le sanzioni e le multe, oltre ai punti della patente in meno (Verstappen record con 8 punti in meno sulla patente da corsa anche se non aveva ancora la patente vera per guidare) e le penalizzazioni assurde. Tipo l’esclusione di Felipe Massa in Brasile perché prima del via aveva una gomma troppo calda di 27 gradi e gonfia di 0,003 bar. Ma invece che fargli cambiare la gomma, dopo 310 km di corsa lo hanno squalificato. Ecco, sono sciocchezze controsensi e litigi interni che devono sparire, ma con una torta di 1,4 miliardi di euro all’anno e 700 milioni da spartire su 10 squadre, ci si può scordare che al primo posto venga lo sport e la sfida fra gli uomini. “Dobbiamo tornare coi piedi per terra – dice Piero Ferrari, figlio del fondatore della squadra italiana – mio padre diceva che si muore di fame ma anche di indigestione”. Ecco, questa è una F.1 di morti di fame che scoppiano di indigestione. Un bel paradosso, nulla da dire. Peccato che poi gli Hamilton i Rosberg e i Vettel si dannino l’anima per ottenere il massimo, l’importante che sulle tribune si sorseggi champagne a 6000 euro a biglietto, il resto non conta.
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