martedì 17 dicembre 2013
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Ora che Claudio Abbado è tornato alla Scala deve tornare anche Riccardo Muti «che ha dato tanto a questo teatro». Il primo pensiero di Riccardo Chailly, nel giorno della sua presentazione ufficiale come nuovo direttore musicale del Teatro alla Scala, va a un altro Riccardo. Al collega che lo ha preceduto, dal 1986 sino al burrascoso addio del 2005, alla guida del Piermarini. «La Scala sarà sempre più grande se riusciremo a portare qui i più grandi direttori del mondo dice Chailly chiamato a Milano dal nuovo sovrintendente Alexander Pereira, che rivela: «Proprio ieri a Roma ho incontrato Muti». I più grandi nomi del podio devono essere di casa alla Scala per Chailly perché «un direttore musicale non può e non deve dirigere tutto». Qualcuno si è già fatto avanti, rivela Pereira: «Il nome di un grande maestro ne attira sempre altri. E dopo la nomina di Chailly ho già ricevuto la disponibilità di Mariss Jansons».Il musicista milanese, classe 1953, cresciuto in una famiglia di musicisti (il padre Luciano, compositore, è stato a lungo direttore artistico della Scala) sarà la nuova guida musicale dal 1 gennaio 2017. Prima però, dal 1 gennaio 2015 (il giorno dopo la chiusura del contratto di Daniel Barenboim) e per tutto il 2016, assumerà il ruolo di direttore principale, garantendo tre titoli d’opera – oltre alla già annunciata Turandot che con il finale di Luciano Berio il 1 maggio 2015 inaugurerà la stagione di Expo e sarà finanziata dalla Cina, ci sono Giovanna d’Arco di Verdi per il 7 dicembre 2015 e una pucciniana Fanciulla del West – e tre cicli di concerti sinfonici. «Ho chiesto a Pereira di entrare in carica dal 2017 per onorare gli impegni già presi». Primo fra tutti quello con il Gewandhaus di Lispia, l’orchestra che Chailly guida dal 2005 e con la quale ha da poco rinnovato il contratto sino al 2020. «I miei lipsiesi sono contenti dell’incarico nella mia città, incarico che inevitabilmente mi chiederà qualche rinuncia anche per essere presente già da ora a Milano nelle audizioni per i nuovi orchestrali».Dal 2017 fino al 2022 Chailly affronterà due titoli lirici e due programmi sinfonici a stagione. «Mi concentrerò sul repertorio italiano, che sarà una priorità e al tempo stesso una responsabilità perché dobbiamo recuperare le radici della Scala. Mi dedicherò in particolare a Giacomo Puccini del quale proporrò versioni inedite e mai eseguite: Manon Lescaut, l’Edgar con il quarto atto che si credeva perduto, ma che è stato ritrovato di recente, Le villi e La rondine. Ma anche Rossini e Donizetti». Chailly era «la scelta più logica per questo ruolo» spiega Pereira che non fa mistero che il sodalizio di 33 anni tra il maestro e la Decca «contribuirà a proiettare ancora di più la Scala nel mondo. Scala che è prima di tutto un teatro d’opera: per questo aumenterò le recite e le nuove produzioni». Nei progetti di Chailly non mancherà la musica contemporanea, «ma un grande posto lo avrà il repertorio sacro, per troppo tempo tenuto lontano da questo teatro». Il maestro pensa a un coinvolgimento del coro di Bruno Casoni per le grandi pagine sacre che Pereira sogna di riportare nelle chiese di Milano, promettendo poi che ogni anno sarà eseguita la Messa da Requiem di Verdi. E a proposito di città Chailly, che intensificherà anche il suo rapporto con la Filarmonica, rilancia «la necessità di collaborazione tra istituzioni cittadine», prima fra tutte l’Orchestra Verdi che ha guidato dal 1999 al 2005.
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