mercoledì 14 agosto 2019
Il direttore d’orchestra venerdì inaugurerà l’edizione 2019 del Festival di Lucerna, dedicata al “Potere” «Alla Scala è giusta la compresenza Pereira-Meier»
Riccardo Chailly sul podio (Epa/Robert Ghement)

Riccardo Chailly sul podio (Epa/Robert Ghement)

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Gli capita quando suona al pianoforte l’introduzione del secondo movimento del Primo concerto per pianoforte e orchestra in fa diesis minore. A Riccardo Chailly capita di provare «un dolore quasi fisico che solo certe armonie di Sergej Rachmaninov sono in grado di suscitare. Armonie così profonde che ti scavano dentro», racconta il direttore d’orchestra milanese che venerdì inaugurerà l’edizione 2019 del Festival di Lucerna dedicata al “Potere”. Tutto Rachmaninov sul leggio della Lucerne festival orchestra di cui Chailly è direttore musicale: il Concerto n. 3 in re minore per pianoforte e orchestra con Denis Matsuev e la Sinfonia n.3 in la minore. «Rachmaninov – spiega il direttore che ha raccolto il testimone di Arturo Toscanini e Claudio Abbado – compose la Terza a Weggis, cittadina vicino a Lucerna dove aveva una casa nella quale si rifugiava per riposarsi al rientro dalle tournée. Occorre riascoltarla per comprendere bene la grandezza del suo autore, troppo spesso bistrattato».

Per questo, maestro Chailly, ha scelto un programma interamente dedicato a Rachmaninov?

Sin dal mio arrivo ho voluto mettere sul leggio autori poco frequentati o addirittura mai eseguiti nella rassegna svizzera, proporre programmi monografici dedicati a Richard Strauss, Maurice Ravel, Igor Stravinskij. Ora tocca a Rachmaninov, un autore che ho studiato molto in questi anni ed eseguito parecchio, soprattutto fuori dall’Italia. Mi ha colpito, iniziando le prove, scoprire che molti musicisti in orchestra non avevano mai affrontato la sua Terza sinfonia: riascoltarla permette di scoprire la maturità del musicista che ha messo qui echi di musica americana, in particolare del jazz. Occorre ripulire Rachmaninov dalle cattive abitudini interpretative e fare chiarezza sulla sua grandezza dato che per troppo tempo è stato frainteso.

Perché, secondo lei?

Sicuramente Rachmaninonv è difficile da eseguire e da dirigere. Da ragazzo fui colpito dall’interpretazione di Lorin Maazel con i Berliner proprio della Terza. Al termine il direttore, al quale sembrava venisse tutto facile, mi disse: «Hai idea di come sia difficile da dirigere questa pagina?». Una frase che ora comprendo bene. Spesso Rachmaninov è vittima del cattivo gusto che gli interpreti mettono nel proporre le sue partiture, tradendone la vera essenza che è profondamente spirituale.

Come e dove ritrovarla?

Occorre tornare ad ascoltare come Rachmaninov eseguiva se stesso: ci sono incisioni con la Philadelphia orchestra diretta da Leopold Stokowski e con Rachmaninov stesso al pianoforte che restituisce la bellezza della sua musica senza mai autocelebrarsi. Basta poi seguire le tantissime indicazioni che ha messo nelle sue partiture per restituirlo al meglio. Il trattamento riservato a Rachmaninov lo hanno avuto altri grandi come Puccini o Cajkovskij, traditi e deturpati per tanto tempo. Il 17 agosto, accanto al Terzo concerto per pianoforte dirigerò la Quarta sinfonia di Cajkovskij, padre spirituale di Rachmaninov che nella sua Youth symphony rende omaggio al maestro citando proprio la Quarta.

Non solo Rachmaninov, l’8 settembre un programma tutto dedicato al Novecento.

Nel 2020 ricorreranno i cento anni dalla nascita di Bruno Maderna. Lo ricorderemo con l’Orchestra degli Alumni della Lucerne, i ragazzi usciti negli anni dall’Academy e oggi professionisti affermati nelle maggiori orchestre di tutto il mondo: proporremo per la prima volta in Svizzera la Grande Aulodia per flauto e oboe con Jacques Zoon e Lucas Macias Navarro, una pagina degli anni Settanta che rappresenta al meglio la maturità di Maderna e riassume il percorso di un musicista che ha segnato la storia del secolo scorso. E dopo i Cinque pezzi per orchestra di Arnold Schoenberg, un’altra prima svizzera, Dis-Kontur di Wolfgang Rhim, direttore artistico della Lucerne festival Academy. In ottobre alla Scala porteremo Rachmaninov.

La Scala è il suo teatro, dove è direttore musicale. Come vede il cambio della guardia alla sovrintendenza tra Alexander Pererira e Dominique Meyer?

Trovo sia importante dare una conclusione al manato di Pereira che in questi anni si è speso molto per il teatro. La compresenza tra due sovrintendenti è gusta ed è prassi in tutti i teatri. Un periodo che vedo bene anche se i due sovrintendenti hanno certamente caratteri e approcci diversi. Io so di poter collaborare con due grandi professionisti.

Sta già lavorando alla Tosca che il 7 dicembre inaugurerà la nuova stagione?

Abbiamo già avuto molti incontri con il regista Davide Livermore che prepara una macchina scenica complessa e molto nuova, sempre nel rispetto della musica. Uno spettacolo che è tutto tranne che semplice: sarà in continuo movimento pur restando fedele dai luoghi indicati dal libretto. Sul leggio l’edizione critica di Roger Parker che recupera tagli che Puccini fece dopo la prima a Roma del 1900. Lavoreremo sul non verismo di questa partitura che nella prima versione ha in musica frasi che poi sono lasciate al declamato, una per tutte la celeberrima E avanti a lui remava tutta Roma.

Protagonista annunciata Anna Netrebko. Ma il tenore lo avete trovato?

Direi di sì, ma stiamo ancora ultimando le trattative. Lo annunceremo a breve.

Puccini e Strauss: dirigerà Salome.

Sono curioso di lavorare per la prima volta con Damiano Michieletto che firma una regia di segno moderno. Strauss è un grandissimo impegno per l’orchestra che torna a confrontarsi con questa partitura immensa. Alla Scala la prossima stagione sarò anche impegnato nell’integrale delle Sinfonie di Beethoven. Stiamo poi lavorando al completamento dell’integrale delle Sinfonie di Mahler.

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