mercoledì 10 agosto 2016
CHAILLY: «Mahler contro la barbarie»
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Per «staccarsi dall’orrore del mondo che ci circonda, quello fatto di attentati, di violenze, della barbarie dell’uomo contro l’uomo» Riccardo Chailly ha scelto l’Ottava sinfonia di Gustav Mahler. «Una pagina apparentemente contraddittoria, che può apparire solo legata alle sfere celesti, allo spirito, ma che in realtà è profondamente umana. E che ci può aiutare a comprendere ciò di cui il mondo oggi ha bisogno ». Venerdì la cosiddetta Sinfonia dei mille, perché richiede un organico enorme tra orchestra, solisti, cori e voci bianche, aprirà l’edizione 2016 del Festival di Lucerna. A raccogliere il testimone di Claudio Abbado, anima della rassegna svizzera sino a pochi mesi dalla morte e ideatore della rinascita della Lucerne festival orchestra fondata da Arturo Toscanini, proprio Riccardo Chailly. Da quest’anno il direttore milanese guida orchestra e festival, in un dialogo e uno scambio con il Teatro alla Scala, l’altra casa artistica di Chailly che, dal 1 gennaio diventerà direttore musicale del teatro. «Il mio primo atto a Lucerna non poteva non essere un omaggio a Claudio: a lui dedicheremo il concerto inaugurale con l’unica sinfonia di Gustav Mahler che non ha diretto qui a Lucerna».

 

Ma mettere sul leggio l’Ottava, maestro Chailly, oltre che un doveroso omaggio ad Abbado, oggi è un chiaro messaggio che la musica vuole dare al mondo. Perché l’ha scelta? «Perché ascoltare questa pagina può essere un modo per guardare con speranza al futuro. Un dovere per me, provare a ripartire da Mahler e dalla sua Ottava. Oggi la situazione che il mondo sta vivendo è abietta e deflagrante. Per me dirigere l’Ottava in questo frangente storico significa proporre un momento musicale che è un’isola di pace, provare a vivere un’astrazio- ne dall’orrore. Non fuggire dal mondo, ma provare a trovare una chiave interpretativa per leggere, attraverso l’arte, la realtà. Mahler con la forza tellurica della sua musica e con il misticismo che mette in questa pagina lo consente».

 

Da uomo come vive questa stagione di terrorismo e paura? «Sono affranto e sconcertato dall’orrore che sta colpendo il mondo. Quello che accade va al di là della politica e del credo religioso, è una barbarie dell’uomo, non certo uno scontro di culture e di civiltà. Confido nel buon senso delle persone che sanno scegliere il dialogo invece che lo scontro, la pace invece che la violenza».

 

Spesso si dice che la musica insegna il dialogo, avvicina i popoli. Ma è proprio vero?  «Con in mano la partitura dell’Ottava mi sento di dire di sì. Questa pagina è una grande avventura spirituale, un’immersione totale nel sublime una strada tracciata per dire all’uomo di guardarsi dentro e ritrovare la sua umanità. Mahler accosta due testi apparentemente lontani, l’inno del Veni Crator Spiritus e l’ultima scena del Faust di Goethe. E se raccontando del Paradiso dove Faust contempla Dio vuole far percepire all’ascoltatore l’armonia delle sfere celesti, nel Veni Creator racconta l’amore, la carità che sono sentimenti profondamente umani. Tutta la partitura è un continuo ritorno sugli stessi temi, prima esposti e poi sviluppati sempre in modo diverso. La pagina ha in sé un’idea di circolarità. Mahler raccontava che l’Accende lumen sensibus del Veni Creator è il cuore di tutta la partitura: qui si chiede a Dio di illuminare i sensi e la mente dell’uomo. Lo chiediamo anche noi oggi».

L’Ottava sinfonia è una pagina che torna spesso nella sua carriera. Cosa la lega a questa musica? «L’Ottava per me è da sempre è una grade avventura interpretativa. L’ho eseguita a Milano, a Berlino, ad Amsterdam, a Lipsia: posso dire di averne una conoscenza, non certo una confidenza perché ogni volta l’affronto con profondo rispetto. Questa volta sul palco ci saranno 400 persone per un’esecuzione che diventa una grande partecipazione collettiva tanto da parte dei musicisti quanto da parte del pubblico. Il messaggio di speranza è chiaro perché questa è l’unica sinfonia, in parte insieme alla Quarta, in cui Mahler sceglie un finale positivo».

 

Ma quando ha scoperto per la prima volta la partitura? «L’ho ascoltata ventenne, negli anni Settanta, al Teatro alla Scala diretta da Seiji Ozawa. L’ho subito amata. Sebbene quella fu un’esperienza molto forte per me: sono stato colpito, commosso, sconvolto. Sono uscito dal teatro e sono subito andato ad acquistare la partitura così da poterla studiare e approfondire ».

 

A Lucerna si chiude un ciclo, quello mahleriano di Abbado. Ma si apre anche la sua direzione. Quali progetti? «Era doveroso concludere il percorso iniziato da Claudio: all’integrale delle Sinfonie mancava solo l’Ottava. Un percorso che ha lasciato un segno profondo nel pubblico e una forte identità interpretativa nell’orchestra. Chiuso un ciclo dal prossimo anno se ne aprirà un altro. Per l’inaugurazione del 2017 ho pensato ad un particolare accostamento: eseguirò l’Edipo a Colono di Gioachino Rossini, una pagina che si ascolta raramente, musiche di scena per l’omonima tragedia di Sofocle che il musicista scrisse in un periodo di grande vivacità creativa, tra la Cenerentola e La gazza ladra. A fianco il più conosciuto Oedipus rex di Igor Stravinskij. Prenderà poi il via un progetto su Richard Strauss, autore che compare raramente sui leggii della Lucerne Festival Orchestra. Infine ancora Stravinskij perché, come piaceva fare al musicista quando dirigeva, accosterò il suo Sacre du printemps alla Prima sinfonia di Pëtr Il’ic Cajkovskij».

 

Per lei cosa significa prendere le redini del Festival di Lucerna in questo momento della sua carriera? «Qui mi sento a casa perché da più di vent’anni dirigo con le mie orchestre di riferimento, prima il Concertgebouw di Amsterdam, poi il Gewandhaus di Lipsia. E nel 2017 porterò la Filarmonica della Scala. La Lucern festival orchestra è fatta dalle migliori prime parti delle più prestigiose orchestre del mondo e consente di fare musica ai massimi livelli. Ho pensato di portare qui alcuni strumentisti scaligeri: per loro sarà un’occasione unica di fare musica con colleghi di tutto il mondo, ma anche un modo poi per riportare a casa un metodo di lavoro che sono sicurò sarà utilissimo per il nostro lavoro alla Scala».

 

Dal 1 gennaio l’investitura milanese sarà completa con l’incarico di direttore musicale. «Un ritorno alle mie radici, da dove la mia avventura di musicista è iniziata. Da qui partirà, o meglio, è già partito un nuovo progetto. Dopo trent’anni di “ossessioni” mahleriane, mi aspettano “ossessioni” pucciniane che mi vedranno dirigere a Milano tutte le opere del compositore toscano. Sto studiano partiture e documenti e scopro cose inaspettate e mai sentite in Tosca o in Tabarro. Nei prossimi anni metterò sul leggio le prime versioni delle opere pucciniane, a iniziare dalla Madama Butterfly che il 7 dicembre inaugurerà la stagione. Trovo che questo sia il momento giusto per dare al pubblico la possibilità di ascoltarla».

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