mercoledì 13 giugno 2018
Nel Mare Artico, di fronte alla città di Pevek nell’estremo Nord della Russia, sarà ancorato l’“Akademik Lomonosov”, il primo reattore sull'acqua. Ma per gli ambientalisti è il "Titanic nucleare"
Il “Lomonosov”, il primo reattore nucleare galleggiante costruito dalla società Rosatom, sarà attraccato al largo di Pevek

Il “Lomonosov”, il primo reattore nucleare galleggiante costruito dalla società Rosatom, sarà attraccato al largo di Pevek

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Nonostante inverni molto lunghi e freddi, dove la temperatura media si aggira attorno a 27,5 °C, la città di Pevek che si trova oltre il circolo polare artico, è abitata da più di 4.500 abitanti ed è la più a nord della Russia e di tutta l’Asia. Nata dopo la Seconda Guerra Mondiale la sua economia ha girato attorno all’attività del porto dove arrivano i minerali estratti nella regione di Chukotka. Negli Anni ’40 e ’50 l’area che circondava la città era punteggiata da diversi gulag, penitenziari dove i prigionieri estraevano soprattutto uranio. Oggi si cava anche stagno, mercurio, oro e carbone. Negli ultimi anni tuttavia, la redditività di tali giacimenti sta lentamente diminuendo e una dopo l’altra le miniere vengono chiuse.

Ma se sulla terraferma l’attività mineraria sta calando è in mare che ci sono le nuove aree estrattive: petrolio e gas fanno sempre più gola là dove i ghiacci si fanno sempre meno spessi ed estesi durante l’estate. In seguito a ciò si prevede che nei prossimi anni la città di Pevek potrebbe aumentare notevolmente la popolazione e dunque avrà bisogno di molta più energia di quella attualmente utilizzata. Ed è per questa ragione che il governo russo ha deciso di rimorchiare e ancorare al largo della città il primo reattore nucleare galleggiante al mondo.

Si chiama "Akademik Lomonosov" e una volta che sarà collegato alla rete elettrica della città nel 2019 diverrà il reattore nucleare più settentrionale al mondo, in grado di alimentare una città di 100.000 persone. La società che l’ha costruito, la Rosatom, l’ha definito un reattore con un «enorme margine di sicurezza» ed «invincibile di fronte ai più violenti tsunami o disastri naturali che si possono immaginare». Eppure alcuni gruppi ambientalisti lo hanno già soprannominato il «Titanic nucleare» o la «Chernobyl galleggiante».

Secondo questi infatti, la cosa peggiore che si può fare con un reattore nucleare è esporlo alle alte onde e ai forti venti dell’Oceano Artico, dove diverrà una grossa minaccia a un ambiente già di per sé molto fragile. Secondo gli ambientalisti di Greenpeace, la principale organizzazione che si oppone a Lomonosov, le misure che si possono prendere per limitare i danni nel caso di incidente alla piattaforma nucleare sono poche e dunque, in tal caso, il pericolo di gravi conseguenze ambientali è molto elevato.

Rosatom tuttavia, insiste nell’affermare che la centrale «soddisfa tutti i requisiti dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e che non rappresenta alcuna minaccia per l’ambiente». E a sostegno di ciò la Società fa presente che vi sono dozzine di navi a propulsione nucleare che trascorrono tutta la loro vita in mare. Secondo la World Nuclear Association infatti, sono circa 140 le imbarcazioni, soprattutto sottomarini, rompighiaccio e portaerei, che si aggirano quotidianamente negli oceani del pianeta e questo dal 1955 quando venne costruito il primo sottomarino a propulsione nucleare.

Se ciò è vero, va comunque ricordato che incidenti ce ne sono stati e anche gravi. Primo tra tutti quello che avvenne nel 1985 sulla costa dell’Oceano Pacifico della Russia, quando vi fu un’esplosione a bordo di un sottomarino che rilasciò una grande quantità di sostanze radioattive, tant’è che parti del fondale marino sono ancora contaminate e 290 persone che intervennero per limitare i danni furono sottoposte ad elevati livelli di radiazioni.

Sta di fatto comunque che Lomonosov, che prende il nome da uno scienziato e linguista russo del XVIII secolo, ha preso il largo dal cantiere di San Pietroburgo dove è stata assemblata per il suo lungo viaggio che durerà circa un anno. Ed è proprio a San Pietroburgo che la gigantesca chiatta ha incontrato i primi problemi burocratici. La centrale nucleare galleggiante infatti, doveva lasciare il porto già carica di combustibile nucleare, ma i governatori della città lo hanno impedito pensando che un qualunque incidente avrebbe coinvolto gli oltre 5,3 milioni di abitanti. E così l’hanno pensata anche altre città russe che si affacciano sul Mar Baltico, preoccupate del loro mare che si insinua in decine di fiordi.

Per non creare problemi fin dalla nascita Rosatom ha deciso allora, di trainare la centrale nucleare senza combustibile attraverso il Mar Baltico fino a circumnavigare la punta settentrionale della Norvegia per arrivare a Murmansk, una città di 300.000 abitanti dove verrà rifornita di carburante. Un volta fatto il pieno riprenderà il largo e sempre trainata raggiungerà la Russa nord-orientale dove verrà attraccata la largo di Pevek.

Entro l’estate del 2019 l’impianto inizierà a fornire 70 MW di energia elettrica alla città portuale e alle piattaforme petrolifere dell’area. Nel frattempo verrà chiusa la centrale nucleare di Bilibino, posta sulla terraferma, ormai obsoleta, e la centrale a carbone di Chaunskaya. Se tutto andrà come previsto, Rosatom, una società che si occupa di sviluppo nel campo energetico tant’è che è la seconda società al mondo in termini di energia nucleare installata e produce il 18 per cento dell’elettricità russa, potrebbe diventare guida principale nella costruzione di impianti nucleari galleggianti. È in trattativa infatti, con almeno una quindicina di Paesi potenziali acquirenti del Sud-Est asiatico, dell’America Latina e dell’Africa.

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